Con questo mini-racconto, ho partecipato al Concorso indetto dal Comune di Ravenna Circoscrizione di Piangipane,
"Voci di Donna - Un racconto in 30 righe"
avente come tema "Il sogno"
avente come tema "Il sogno"
Il racconto è stato selezionato per la lettura pubblica nel corso di una serata dedicata alle donne, che ha avuto luogo giovedì 5 marzo 2010 presso il Teatro Socjale di Piangipane.
IL SOGNO
“Svegliati Ginetta!” La voce perentoria della nonna, oltrepassando le barriere del sonno, frantumava l’ultimo sogno, che si dissolveva come una bolla di sapone, mentre la luce che entrava dalle imposte spalancate con foga, le feriva gli occhi.
Quando a svegliarla era la mamma il risveglio era meno traumatico, ché lei la svegliava con un bisbiglio e una carezza lieve sui capelli, e delle imposte apriva appena uno spiraglio, permettendole di abituarsi con gradualità alla variazione di luce. Ma anche in questo caso il sogno svaniva, lasciandole la vaga sensazione di essere stata defraudata di qualcosa che le apparteneva.
Ah come avrebbe voluto, almeno una volta, potersi svegliare con calma, quando il sonno avesse compiuto il suo tempo e il sogno fosse giunto a termine. Ma anche i bambini, nell’economia della famiglia contadina, avevano ben precise mansioni da svolgere e non era permesso poltrire nel letto.
E tanti erano stati i sogni interrotti, nel corso della sua vita, come quando, ormai ragazza, a svegliarla non erano più le voci della nonna o della mamma, ma il rombo minaccioso dei bombardieri o il fragore delle bombe.
In seguito, a strapparla al sonno, era stato il pianto dei suoi bambini e poi, per molti anni, il trillo insistente della sveglia, ché l’aspettava il lavoro in fabbrica.
E’ di nuovo una voce umana ora, una voce maschile, bassa e autorevole, quella che sta cercando di violare la barriera del suo sonno: “Apri gli occhi Ginetta! Svegliati!”
“No! - vorrebbe rispondere lei - Lasciami dormire!”. Ma il grosso tubo che da alcuni giorni si perde dentro la sua gola le impedisce di parlare. Allora stringe con forza gli occhi e, con determinazione, si aggrappa al suo sogno: è un bel sogno, e stavolta non permetterà a nessuno di portarglielo via.
La voce finalmente tace e mentre i picchi del diagramma, sul monitor a capo del letto, si trasformano in una linea piatta, Ginetta continua ad avanzare verso la luce che illumina l’orizzonte, sulla verde prateria fiorita del suo ultimo sogno.
Quando a svegliarla era la mamma il risveglio era meno traumatico, ché lei la svegliava con un bisbiglio e una carezza lieve sui capelli, e delle imposte apriva appena uno spiraglio, permettendole di abituarsi con gradualità alla variazione di luce. Ma anche in questo caso il sogno svaniva, lasciandole la vaga sensazione di essere stata defraudata di qualcosa che le apparteneva.
Ah come avrebbe voluto, almeno una volta, potersi svegliare con calma, quando il sonno avesse compiuto il suo tempo e il sogno fosse giunto a termine. Ma anche i bambini, nell’economia della famiglia contadina, avevano ben precise mansioni da svolgere e non era permesso poltrire nel letto.
E tanti erano stati i sogni interrotti, nel corso della sua vita, come quando, ormai ragazza, a svegliarla non erano più le voci della nonna o della mamma, ma il rombo minaccioso dei bombardieri o il fragore delle bombe.
In seguito, a strapparla al sonno, era stato il pianto dei suoi bambini e poi, per molti anni, il trillo insistente della sveglia, ché l’aspettava il lavoro in fabbrica.
E’ di nuovo una voce umana ora, una voce maschile, bassa e autorevole, quella che sta cercando di violare la barriera del suo sonno: “Apri gli occhi Ginetta! Svegliati!”
“No! - vorrebbe rispondere lei - Lasciami dormire!”. Ma il grosso tubo che da alcuni giorni si perde dentro la sua gola le impedisce di parlare. Allora stringe con forza gli occhi e, con determinazione, si aggrappa al suo sogno: è un bel sogno, e stavolta non permetterà a nessuno di portarglielo via.
La voce finalmente tace e mentre i picchi del diagramma, sul monitor a capo del letto, si trasformano in una linea piatta, Ginetta continua ad avanzare verso la luce che illumina l’orizzonte, sulla verde prateria fiorita del suo ultimo sogno.
© Carla Castellani
Mamma mia...tutta la vita in poche righe! Da applausi la parte finale; è così che io intendo i racconti! Ciao, Arianna
RispondiEliminaSei molto gentile, Arianna. Grazie mille per il tuo commento.
RispondiEliminaKri...sei fantastica!!!
RispondiEliminaSono senza parole.
Mi piacerebbe inserirlo nella pagina sul mio blog..dedicata alle donne..che dici?
Non mi offendo se mi dici no...(ci mancherebbe).
E' solo per far conoscere quanto sei brava e quanto la tua delicatezza stringe il cuore.
ciaooo
Ma certo che puoi Carla. La tua richiesta mi onora davvero tanto e ti sono molto grata per il tuo apprezzamento.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Fatto ...Kri...dai un'occhiata. Dimmi se devo apportare modifiche o variazioni.
RispondiEliminaGrazieeeee bacione
Carla
Ma grazie a te Carletta carissima. E' tutto perfetto.
RispondiEliminaUn baciotto speciale per l'8 marzo.