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domenica 30 dicembre 2012

Tempo di bilanci e di buoni propositi


Un anno se ne va, un anno arriva ...
Il bilancio dell'anno che sta finendo non mi  si presenta molto positivo, specie sul fronte della salute ... quello in arrivo posso solo ipotizzare che sarà  anche peggio di così ... ne sono consapevole e lo accetto, sia pure obtorto collo.

Ma ad ogni inizio d'anno è d'uopo affrontare il futuro armati di speranza e di buoni propositi perciò io faccio mia questa esortazione di Daisaku Ikeda:

Non lasciarti condizionare dal passato,
guarda sempre avanti;
“Da questo momento, da oggi,
da ora in poi”.
Non perdere mai la forte determinazione
di continuare ad avanzare. 

                        (Daisaku Ikeda) 



A tutti voi
il mio sincero augurio 
che il nuovo anno possa realizzare 
tutte le vostre speranze
e i vostri desideri

lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale

Nella confusione di questi giorni pre-natalizi ho cercato di recapitarvi direttamente nei vostri blog i miei auguri di liete feste, ma a un certo punto devo aver perso il conto e certamente ci sarà qualcuno che li ha ricevuti doppi o tripli e qualcuno che non li ha ricevuti per niente ...   Per farmi perdonare, ripeto qui, per tutti   
                  


i miei più fervidi auguri 
di un dolce e sereno Natale 
per voi e per i vostri cari

 



mercoledì 19 dicembre 2012

Riapre il Garden Mondoverde di Cervia

Riprendo l'argomento del post precedente  per ringraziare sentitamente,  anche a nome dello Staff del Garden Mondoverde di Cervia, ciascuno di voi, miei cari amici,  che avete commentato  esprimendo il vostro rincrescimento e la  vostra solidale vicinanza a chi  ha visto in un attimo andare in fumo il frutto di anni di lavoro.


Prima di mostrarvi qualcuna delle foto che ho scattato  alla struttura devastata, desidero però aprire il post con queste fiorite immagini,  significative di quanto tutto lo Staff, con grande tenacia e determinazione, si è adoperato per  l'immediato allestimento di un' area di vendita provvisoria  nell' unico capannone superstite, situato dietro alla struttura principale.



Allestimento che se al momento non può certo competere con il super fornitissimo Garden andato distrutto, almeno consente loro in questo periodo natalizio di continuare a servire per quanto possibile la loro affezionata clientela.

Per loro è molto importante che si sappia che il Garden non ha chiuso i battenti ma sta proseguendo la sua attività. 
Per questo chiedo agli amici che  ne hanno la  possibilità  di  fare da cassa di risonanza,   condividendo la notizia su Facebook o Twitter, così che il pubblico romagnolo ne sia informato.







Questo è  ciò che  rimane delle due serre che costituivano la struttura di vendita del Garden, che dovranno essere abbattute e ricostruite.



A tutto lo Staff del Garden 
e in particolare a
Massimiliano e Francesca,
Chiara, Eleonora, Francesca 2, 
Graziella, Martina
il mio sincero augurio 
di ritrovare il sorriso e la speranza
e che il nuovo anno
 sia più propizio.



venerdì 14 dicembre 2012

Un Natale in bianco e rosso


Sulla S.S. 16, nel tratto fra Cervia e Milano Marittima c'è un grande e fornitissimo Garden, dove in ogni stagione dell'anno amo trascorrere un po' di tempo, gironzolando fra piante di ogni specie e dimensione, ricche collezioni di vasi da esterno e cache-pot, composizioni fiorite, oggettistica varia, arredamenti da giardino e tutto quello che un garden può offrire a chi è interessato all'argomento.


In questo periodo dell'anno però, ciò che maggiormente mi cattura è lo show-room di Natale, dove passare  pomeriggi  interi è davvero cosa da niente.


Quest'anno è l'incanto di un Natale di stampo nordico, prevalentemente sui toni del rosso e del bianco, con una piccola concessione all'oro, ad accogliere i clienti con le sue festose tentazioni.





Quella che vi propongo in questo post è solo una piccola parte delle immagini che ho scattate nel corso della mia ultima visita al Garden, ma già mi predispongo a ritornarci sia per lustrarmi gli occhi fra tante belle cose che per fare rifornimento di piante e decorazioni natalizie.








# # # # # # # # # # # # # # # # # # #




Avevo completato questo post nel giorno dell'Immacolata, con l'intento di pubblicarlo l'indomani ma ... l'indomani il Garden non c'era più, completamente distrutto nelle strutture e nel loro contenuto, da un devastante incendio.

Questa foto non è mia ma  prelevata 
da un giornale locale online


Non so se ho fatto bene o male ma, dopo molte titubanze, ho comunque deciso di pubblicare ugualmente questo post, sia per testimoniare la mia solidarietà e vicinanza ai titolari e dipendenti del Garden, che in un attimo hanno visto andare in fumo il frutto di anni di appassionata professionalità, sia perché con grande impegno e  forza di volontà, a pochi giorni dall'incendio,  stanno già riprendendo l' attività nell' unica struttura del complesso che, essendo staccata dalle altre, è stata risparmiata dal fuoco.


♥ CON TUTTO IL CUORE ♥
 IN BOCCA AL LUPO, RAGAZZI !!!!

martedì 11 dicembre 2012

"Bianco Natale" by Fantasie di Fata

Con piacere vi segnalo una simpatica idea natalizia lanciata da Elly del blog Fantasie di Fata, che con un concorso fotografico avente per tema "Bianco Natale", ci introduce nell'atmosfera ammaliante delle imminenti festività.

Cliccando sul banner qui a destra, vi troverete direttamente nel blog Fantasie di Fata, sul post che illustra le modalità di partecipazione a questa simpatica iniziativa.

Con questo click anch'io partecipo 
al concorso di Elly:

domenica 9 dicembre 2012

Di acque e di luce


"Riflessi all'Adda"
olio su tela cm 24x18 - (2006)
della pittrice lombarda Carla Colombo

Questa è l'opera pittorica di Carla che a suo tempo scelsi per illustrare questi miei versi a lei dedicati e pubblicati nel mio sito.
Il dipinto non è dei suoi più recenti, ma mi sembra tuttora significativo dell'amore che Carla ha sempre manifestato per il "suo fiume" che ha innumerevoli volte immortalato con sapienti tocchi "di acque e di luce".

Ma nemmeno questi miei versi che ho voluto dedicare alla sua arte sono recentissimi, risalgono infatti al 2009.



DI ACQUE E DI LUCE
(dedica all'artista Carla Colombo)


Lei che
della terra lombarda
sa voci e silenzi

di acque e di luce
l'arte sua alimenta
in voli d'ombra
e vampe di colore

E dell'Adda che va
coglie sussurri e guizzi
e fremiti e armonie

linfa di vita che
dal cuore alla tela
scorre a fermarne
nel tempo la malìa



© Carla Castellani
(Krilù)



venerdì 7 dicembre 2012

"Un Natale da gatti" by Rumore di fusa

Un Natale da gatti
E' con molto piacere che  segnalo l'idea   lanciata da Silvia, del blog  "Rumore di fusa", perché a parer mio è una simpatica iniziativa natalizia, originale e divertente.

Cliccando sul banner qui a fianco vi troverete direttamente nel blog Rumore di fusa, sul post che illustra il concorso, dove troverete tutte le informazioni  utili per partecipare.

"Un Natale da Gatti" oltre a costituire una raccolta fotografica inedita di mici alle prese con gli addobbi natalizi, offrirà ai partecipanti la possibilità di vincere  un bel premio a estrazione.

Anche se adoro i gatti, purtroppo al momento in casa mia non godo della loro compagnia,  ma ho per "nipotine" due micette deliziose e, se mi sarà dato di poterle  fotografare, anch'io aderirò con uno scatto all'iniziativa di Silvia.

 
 



lunedì 3 dicembre 2012

La poetessa che amava le montagne


Era per me inevitabile, amando la poesia ed amando la montagna, andare alla ricerca di poeti che dalla montagna hanno tratto ispirazione.
In questa appassionante ricerca mi sono imbattuta nell’opera di una poetessa italiana, Antonia Pozzi, che la montagna l’ha molto amata, l’ha intensamente vissuta, anche come alpinista e fotografa, e l’ha cantata in liriche di grande suggestione poetica.
Ne sono rimasta affascinata e ho desiderato conoscere più a fondo la sua vita e la sua opera.


Antonia Pozzi


Antonia Pozzi nacque a Milano il 13 febbraio 1912, in una famiglia dell’alta società lombarda, e pose fine alla sua vita nel 1938, all’età di soli 26 anni, in un gelido mattino di dicembre, nella campagna milanese vicino all’Abbazia di Chiaravalle.
Poetessa di grande sensibilità, donna di grande intelligenza e di grande cultura, la sua opera “Parole” fu pubblicata postuma in forma privata (incompleta e censurata a cura del padre), per la prima volta nel 1939. A questa seguirono altre edizioni più complete.
Apprezzata da grandi poeti quali T.S. Eliot e Montale, che scrisse la prefazione alla quarta edizione di “Parole”, è stata considerata dalla critica una delle voci femminili più importanti della poesia italiana del 1900.

Tralascio volutamente di soffermarmi sul suo tormentato itinerario esistenziale (l’amore, osteggiato dalla famiglia, per il suo professore di greco e latino al liceo, Antonio Maria Cervi, che la segnerà profondamente) e del suo articolato processo culturale (allieva del filosofo Antonio Banfi col quale discute con grande successo la sua tesi su Flaubert, laureandosi in Estetica; fa parte del gruppo di giovani intellettuali lombardi della sua generazione: Remo Cantoni, Dino Formaggio, Vittorio Sereni, Paolo e Piero Treves, Mario Monicelli, Alberto Mondadori, Giancarlo Vigorelli, ecc.; compie numerosi viaggi di studio all’estero, munita dell’immancabile macchina fotografica con la quale, da professionista dell’obbiettivo sa cogliere atmosfere e suggestivi particolari e parla correttamente francese, inglese, tedesco).
Chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza di questa intensa figura femminile potrà fare riferimento alla bibliografia elencata in calce, che mi è stata di supporto per la mia ricerca.

In questo contesto mi limiterò a parlare del forte legame che Antonia Pozzi ebbe con la montagna, e dei suoi rapporti con lo scrittore e nota guida alpina Guido Rey e con il grande alpinista Emilio Comici, al quale dedicò due intense poesie.

Monte Cervino


Nella maggior parte delle liriche di Antonia Pozzi vi è l’indicazione della data ed in molte di esse anche del luogo dove sono state scritte.
A testimonianza del suo amore per la montagna troviamo numerose località alpine: Madonna di Campiglio, Pasturo, Grigna, S.Martino di Castrozza, Breil, Valtournanche, Misurina: tutti luoghi questi, dove la poetessa trasse spunto per liriche di vibrante intensità anche se, naturalmente, l’opera di Antonia Pozzi non è solo nella montagna che trova ispirazione, ma si potrebbe definire, credo, un diario esistenziale in poesia.

A Pasturo, piccolo borgo arrampicato alle pendici della Grigna, nell’alta Valsassina, sopra Lecco, (che lei definisce “il mio brutto, dolce paese”), nell’antica villa settecentesca di proprietà della sua famiglia, amava ritirarsi per leggere, scrivere ed esplorare i sentieri che, tra boschi di aceri e di abeti, conducono fino alle cime della Grigna.
In questo borgo tranquillo Antonia si sente a casa “(…) sto tanto bene qui – scrive all’ amico poeta Tullio Gadenz – è la casa della mia prima infanzia (…)”. Dalla larga e bassa finestra del suo studio, che ha “l’aspetto di una baita alpestre” al secondo piano della villa, lo sguardo spazia sulla Grigna. Di questi luoghi conosce ogni roccia, ogni angolo e si inerpica instancabile sulle montagne dei dintorni.

A Madonna di Campiglio nell’agosto 1929, effettua la sua prima vera ascensione alpinistica, che così descrive in una lettera all’amatissima nonna, (che lei chiama “Nena”) Maria Cavagna Sangiuliani, nipote di Tommaso Grossi: “(…) Io ho fatto la mia prima ascensione di roccia; (…) soli con una buona guida si può andare dovunque. E, credi, la montagna è una palestra insuperabile per l’anima e per il corpo. Nel salire non si è che carne pieghevole e istinto felino aggrappati alla rupe pungente: a palmo a palmo, con l’arcuata tensione delle dita, con la piatta aderenza delle membra, si guadagna la roccia. E poi, in vetta, quando ti vedi intorno un anfiteatro di guglie e di ghiaccio, o, da una cengia esilissima, guardi, sotto lo strapiombo, affogata nella fluidità vertiginosa, la falda verde da cui balza il getto estatico di massi che hai conquistato, allora un’ebbrezza folle t’invade e l’adorazione selvaggia della tua fragilezza ardente che vince la materia. Eppure, là in alto, anche la materia, la colossale materia che ci attornia, non sembra inerte ed ostile, ma viva ed amica: e le guglie pallide non sembrano monti, ma anime di monti, irrigidite in volontà d’ascesa. (…). Emozioni intense, meglio espresse in versi nella sua lirica “Dolomiti” datata 13 agosto 1929.

Durante una vacanza a Breil nel luglio 1934, Antonia conosce personalmente la celebre guida valdostana Guido Rey, già vecchio e malato, e così descrive l’incontro in una lettera al padre: “ (…) Ieri mi hanno condotta da Guido Rey e ne sono rimasta ammaliata. E’ un povero vecchio malaticcio, ma ha due occhi, due occhi color pervinca come non ne ho visti mai. Sta in una casa di legno e pietra come una grande baita valdostana, con larghe vetrate sul Cervino. Parla piano di un’infinità di cose rare, del mondo di artisti, alpinisti e guide in cui è vissuto. Non ci si stanca di ascoltarlo e di guardarlo mentre racconta. (…).”
E alla madre, lamentandosi del maltempo che le impedisce di muoversi come vorrebbe “(…) Il Breil ha però tante attrattive lo stesso: non ultima – anzi una delle più grandi – la presenza di Guido Rey, che ho conosciuto ieri nella sua meravigliosa casa valdostana e che è un tremulo, bellissimo vecchio, con due occhi color pervinca quali non ho mai, assolutamente mai visto al mondo. Si rimane incantati a guardarli, come si guarderebbe il cielo sopra una montagna, risuscitato dopo anni di tempesta. Non so: occhi che sono di più di tutta una storia, di tutta una vita; che fanno pensare alle fiabe e alle poesie. (…) E’ un vero piacere poterlo distrarre e divertire un po’, perché è molto malato e nervoso: sono tanto contenta di esserci riuscita. E poi dice che io sono divertente, perché parlo con le mani e con le braccia: è vero?”

Guido Rey


L’incontro con Guido Rey l’ha sicuramente colpita perché tornata a Pasturo ancora parla di lui scrivendo all’amica Lucia Bozzi. Raccontandole delle sensazioni provate sulle creste del Furggen e sulla Becca di Guen, così lo ricorda: “(...) Quando poi parlai della mia gioia della solitudine, qualcuno si stupì: chi mi capì e mi approvava, senza parlare, solo col cenno dei suoi magici occhi azzurri, era Guido Rey. Che occhi, Lucia! Color pervinca, cielo dopo la tempesta, fiaba: si pensa ai secoli di luce sepolti oltre le vette, oltre le nubi. Si resta muti a guardarli, a berli, ci si perde in un prato di prodigiosa innocenza, in un fiume di silenzio. Oh, la sua voce dolce di vecchio, nella sua casa di pietra e di legno! Le sue mani pallide, scarne, sul tavolo scuro di abete – o levate nel saluto, come a benedire! Che bello, che bello Lucia avergli parlato, aver sentito che lui mi capiva, ch’era contento quando andavo a trovarlo!”.
Guido Rey (Torino 1861 – 1935) fu una delle personalità più notevoli del mondo alpino all’inizio del XX secolo. Effettuò un gran numero di ascensioni classiche ed esplorò in modo sistematico la cresta del Furggen al Cervino. Fu autore di pregevoli opere sull’alpinismo tra cui “Il monte Cervino” (1904), “Alpinismo acrobatico” (1914), “Il tempo che torna” (1929), che costituiscono veri classici della letteratura alpina.

Antonia, che vive la montagna come un’avventura dello spirito e non solo come mero esercizio fisico, condivide le posizioni atletico-filosofiche di Guido Rey, propugnatore del concetto di montagna come itinerarium mentis in natura.

Emilio Comici


In vacanza a Misurina nel gennaio 1936 Antonia, insieme all’amica Lucia, prende lezioni di sci da Emilio Comici che diventa suo compagno di indimenticabili ascensioni, prima di morire in un incidente alpinistico sui Roccioni di Vallelunga nei pressi di Selva di Val Gardena, due anni dopo la morte di Antonia.
Emilio Comici (Trieste 1901 – Selva di Val Gardena 1940) fu uno dei fondatori della scuola del moderno alpinismo acrobatico. Scalatore eccezionale lasciò la sua attività d’impiegato per diventare guida alpina e maestro di sci. Le vie aperte da Comici sono ancora oggi tra le più belle e difficili tra quelle di 6° delle Dolomiti: la direttissima della parete Nord-occidentale del Civetta, la parete Nord di Cima Grande di Lavaredo, lo Spigolo Giallo della Piccola di Lavaredo. Fu anche arrampicatore solitario su alcune vie di difficoltà estrema.

Tre Cime di Lavaredo

Nell’agosto del 1938, l’ultima estate della sua vita, Antonia ritorna a Misurina dove ritrova, nel pieno della sua maturità virile, il celebre scalatore. Antonia, che era anche appassionata fotografa, lo ritrae mentre arrampica, tutti i muscoli tesi nello sforzo dell’ascensione.
Così lo descrive in una lettera di cui si ignora il destinatario, forse l’amico poeta Tullio Gadenz: “(…)Mi erano compagni due spiriti rari e forti: Comici e una ragazza di Padova aristocratica e montanara. (…) Comici arrampicava solo su per la Nord della Piccola, un’ascensione estremamente difficile. Noi sotto, sul ghiaione, nell’ombra fredda, a seguire spasmodicamente con gli occhi quel punto minuscolo crocefisso al lastrone nero. Poi, quando lui fu in cima, noi giù a salti per uscire dall’ombra e là, per terra, al sole, a 2500 metri, fino al tramonto. C’era un silenzio infinito e pur denso di suoni (…) Forse in quell’ora era il passo delle nuvole, era la voce delle nuvole che mi sonava dentro come una sinfonia orchestrale. O forse erano le Tre Cime, là erette come una cattedrale gotica, sventrata dal fulmine e spalancata a Dio, che lasciavano prorompere l’urlo delle loro preghiere di pietra. E forse in tutto quel canto la nota più alta era tenuta dall’anima dell’uomo solo lassù, con la sua vittoria e il suo sonno sotto il sole(…).

Alessandra Cenni, autrice della sua biografia, ipotizza un “innamoramento violento” di Antonia per quest’uomo inequivocabilmente bello, dalla pelle eternamente abbronzata dal sole d’alta montagna, gli occhi di un blu intenso. Ma forse l’attrazione per quest’uomo, che sfida i limiti del proprio corpo per conquistare la vetta, non è per Antonia altro che l’espressione della sua intensa passione per la montagna.

Ed è nell’abbraccio delle montagne che tanto amava che Antonia Pozzi riposa per sempre, secondo l’espresso suo desiderio: “ (…) Desidero di essere sepolta a Pasturo, sotto un masso della Grigna, fra cespi di rododendro (…)”.



Antonia Pozzi



Bibliografia:
“Parole” – Antonia Pozzi – a cura di A. Cenni e O. Dino - Ed. Garzanti
“La vita sognata e altre poesie inedite” –Antonia. Pozzi – a cura di A. Cenni e O.Dino – Ed. Scheiwiller
“L’età delle parole è finita. Lettere 1923-1938”- A.Pozzi - a cura di A.Cenni e O.Dino – Ed. Archinto
“Mentre tu dormi le stagioni passano” – Antonia Pozzi - a cura di A.Cenni e O.Dino – Ed. Viennepierre
“Diari” ”-Antonia Pozzi - a cura di A. Cenni e O. Dino – Ed. Scheiwiller
“In riva alla vita - Storia di Antonia Pozzi poetessa” – Alessandra Cenni – Ed. Rizzoli





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Questo mio articolo è stato pubblicato su:
GAM Gruppo Amici della Montagna
Anno XVIII N.2 - maggio 2003

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sabato 1 dicembre 2012

Hanno detto: sull'alpinismo


Qualcuno li ha definiti "I conquistatori dell'inutile" coloro che mettono a repentaglio la loro vita per raggiungere una vetta. Quella vetta che appare irraggiungibile, là dove il silenzio più profondo unisce la montagna al cielo.

Gente visceralmente innamorata della montagna, che vive la montagna fino all'ultimo spasimo, con determinazione, con fatica, con sofferenza, con grande pericolo.
Ma per conquistare cosa? Il niente? Oppure loro stessi?

Certuni, anzi certamente molti, liquidano la notizia di un incidente alpinistico con un "ma chi glielo ha fatto fare?!"
Molto tempo addietro anch'io ero fra quelli, ora non più.
Avendo vissuto da vicino le esperienze alpinistiche di persone che mi sono care, ho compreso quanto l'interazione con la montagna abbia dato loro la percezione del meglio di sé stessi.
E adesso comprendo la passione viscerale che li spinge a rischiare la vita per la "conquista dell'inutile".

Herman Buhl alle Cinque Torri
parete sud-est della Torre Grande


Così hanno espresso il loro sentire questi famosi alpinisti:

✿ Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perché siamo più vicini al cielo.
(Emilio Comici)

✿ La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte
(Guido Rey)

✿ La montagna ha il valore dell’uomo che vi si misura, altrimenti, di per sè, essa non sarebbe che un grosso mucchio di pietre.
(Walter Bonatti)

✿ Anche gli esperti muoiono sotto le valanghe, perché le valanghe non sanno che sei esperto.
(André Roch)

✿ L'alpinismo porta con sé dei rischi, ma anche tutta la bellezza che si nasconde nell’avventura dell’affrontare l’impossibile.
(Reinhold Messner)

✿ Che senso ha scalare una montagna? Ciò che conta è sapere di aver compiuto qualcosa.
Bisogna essere convinti di poter resistere fino alla fine. Sappiamo anche che non esistono sogni che non valgano la pena di essere sognati.
(George Herbert Leigh Mallory)

✿ Chi ha dato tanto alla montagna, chi per la montagna ha rischiato con tanto accanimento la vita, a questo amore resterà legato per sempre.
(Dino Buzzati)

✿ Prima si arrampica con la testa, poi con i piedi e alla fine con le mani.
(Bruno Detassis)

✿ Non basta essere all’altezza delle difficoltà che si affrontano, bisogna essere superiori ad esse.
(Paul Preuss)

✿ Se mi fosse dato di vivere senza la possibilità di sognare e di lottare per un sogno, bello quanto inutile, sarei un uomo finito.
(Giusto Gervasutti)





mercoledì 28 novembre 2012

Ciao, amico mio

Ieri ho perduto un caro amico.  Se n'è andato così ... all'improvviso. E la notizia mi è arrivata addosso come una doccia gelata.


Ciao Giancarlo, amico mio generoso e sincero. Con tutto il mio rimpianto  accompagno il tuo viaggio con le parole di questa struggente canzone, che sembra scritta apposta per te.


L'arcobaleno

Io son partito poi così d'improvviso
che non ho avuto il tempo di salutare
istante breve ma ancora più breve
se c'è una luce che trafigge il tuo cuore
L'arcobaleno è il mio messaggio d'amore
può darsi un giorno ti riesca a toccare
con i colori si può cancellare
il più avvilente e desolante squallore

Son diventato sai il tramonto di sera
e parlo come le foglie d'aprile
e vivrò dentro ad ogni voce sincera
e con gli uccelli vivo il canto sottile
e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso

Io quante cose non avevo capito
che sono chiare come stelle cadenti
e devo dirti che è un piacere infinito
portare queste mie valige pesanti

Mi manchi tanto amico caro davvero
e tante cose son rimaste da dire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire

Son diventato sai il tramonto di sera
e parlo come le foglie d'aprile
e vivrò dentro ad ogni voce sincera
e con gli uccelli vivo il canto sottile
e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso

Mi manchi tanto amico caro davvero
e tante cose son rimaste da dire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire.


Aggiornamento del 2 dicembre 2012
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Ieri c'è stato il suo funerale (per problemi burocratici un po' ritardato rispetto alla norma) e pur nell'angoscia dell'evento, sono rimasta piacevolmente colpita e profondamente commossa per la grande partecipazione dei miei concittadini alle esequie di quest'uomo a dir poco originale e dalla poliedrica personalità che, avendo perduto da anni i suoi affetti familiari, aveva fatto della "gente" la sua famiglia.

Qui uno dei tanti articoli apparsi in questi giorni sul Web e sulla stampa cittadina, a testimonianza del rimpianto che il Prof. Giancarlo ha lasciato in tutti coloro che lo avevano conosciuto.

Nei commenti all'articolo di cui sopra, così anch'io l'ho ricordato:
Giancarlo lo conobbi nel 2001, quando acquisì una quota nel nostro capanno da pesca sull'United River (come lo chiamava lui). Poiché lì ci veniva ogni giorno, per accudire alla colonia felina presente intorno al capanno e, in seguito, anche alle papere da lui introdotte, ebbi modo di trascorrere intere giornate in sua compagnia e posso dire che non sempre era l’ironico, spaccone e confusionario personaggio che voleva apparire esteriormente. In tante ore passate a discorrere in riva al fiume, spogliatosi del suo "pittoresco" aspetto esteriore, mi si era rivelato come una persona dotata di profonda sensibilità umana e di grande intelligenza e cultura, un amico sincero, generoso e sempre disponibile. Io lo chiamavo, scherzosamente ma con tenerezza, "il mio amico matto", lui mi chiamava affettuosamente Carli'.
Ciao Giancarlo, mi mancherai davvero tanto. Ora andare al capanno senza trovarti lì ad accoglierci con calore o senza vederti arrivare, carico di sportine piene di cibo per gatti e papere, non sarà mai più la stessa cosa.

domenica 25 novembre 2012

Santa Caterina fra culto, iconografia e tradizione

Il 25 Novembre il calendario liturgico ricorda  Santa Caterina d'Alessandria, vergine e martire, appartenente al gruppo dei quattordici santi ausiliatori e con Barbara, Margherita e Dorotea, alle Quattuor Virgines Capitales.


Santa Caterina d'Alessandria - Raffaello Sanzio


Come racconta la  Legenda Aurea scritta nel  XIII secolo da Jacopo da Varagine, Caterina era una bellissima  fanciulla di origine regale, filosofa di grande sapienza e di grande eloquenza, vissuta ad Alessandria d'Egitto fra il 287 e il  305 d.C., che si oppose all'imperatore Massimino Daia  crudele tiranno che governava l'Egitto e la Siria e che osteggiava la liberalizzazione del cristianesimo, imponendo ai suoi sudditi  sacrifici agli dei.
L'imperatore, invaghitosi della bellissima giovane, che lo aveva affrontato invitandolo a convertirsi,   convocò 50 filosofi affinché la convincessero a sacrificare agli dei ma fu invece Caterina con la sua eloquenza a convertire loro  al cristianesimo.
I filosofi furono tutti giustiziati e Caterina venne fustigata, affamata  e imprigionata. Anche la moglie dell'imperatore che, scortata da 200 soldati, la visitò in prigione  fu da Caterina convertita al cristianesimo con tutta la sua scorta e tutti, per ordine dell'imperatore, vennero giustiziati.
Massimino la blandì in ogni modo offrendole anche il matrimonio e il ruolo di prima dama della corte ma essendosi dimostrata Caterina irremovibile ordinò che fosse sottoposta al supplizio delle ruote. Ma le quattro ruote uncinate che dovevano straziarne il  corpo,  miracolosamente si frantumarono non appena toccarono le sue tenere carni. Infine venne decapitata con la spada e gli angeli ne trasportarono il corpo sul Monte Sinai dove l'imperatore cristiano Giustiniano fece edificare  un monastero a lei dedicato.


Santa Caterina d'Alessandria - Correggio


L'iconografia di Santa Caterina d'Alessandria è straordinariamente ricca e con uno o più di questi simboli fu raffigurata da pittori e scultori  dal XIV secolo in poi:
la corona e la veste o manto di porpora, simboli di regalità;
il libro, come segno della sua sapienza;
la spada e la ruota o un frammento di ruota,  simboli del suo martirio;
l'anello a simboleggiare le nozze mistiche con Gesù;
la palma del martirio.

Proclamata patrona della facoltà di teologia dell'Università di Parigi, è considerata protettrice dei filosofi, degli studenti,  dei mugnai e di tutti coloro che hanno a che fare con le ruote, delle ragazze da marito, delle modiste e delle sartine che da lei prendono il nome di "caterinette".


Santa Caterina d'Alessandria - Barbara Longhi


 
In un intreccio fra storia e leggenda, l'assenza di notizie certe sulla sua vita ha fatto dubitare della  reale esistenza di questa Santa, (talvolta confusa o identificata  con Ipazia, illustre filosofa, astronoma e matematica pagana anche lei vissuta ad Alessandria d'Egitto e uccisa nel 415 d.C.  da una folla di cristiani in tumulto),  tanto che la Chiesa  con la riforma del calendario liturgico del 1969 la escluse dal Martirologio,  fino al 2002 quando la  vastissima devozione di cui questa Santa  è fatta oggetto in tutta Europa fece sì che venisse reinserita.


Santa Caterina d'Alessandria - Caravaggio


Per la devozione verso Santa Caterina d'Alessandria, anche nel calendario della tradizione popolare romagnola il 25 novembre è una data che ha una certa rilevanza, legata  com'è a fiere, usanze e proverbi.

Da Sânta Catarena a Nadêl u j è un mes uguêl.
(Da Santa Caterina a Natale c'è un mese esatto).
E da qui cominciava una specie di conto alla rovescia, con quello che veniva definito "l'esercizio dei tredici Pater di Santa Caterina" per cui ogni sera fino a Natale le donne si riunivano per recitare 13 volte il Pater rivolgendosi a Santa Caterina con una particolare invocazione, (di cui non ricordo il testo in dialetto), per ottenere da lei una grazia.

Par Sânta Catarena o ch’ e’ piov o ch’ e’ neva o ch’ e’ brena o ch’ e’ tira la curena o ch’ uj è la paciarena.
 (Per Santa Caterina o piove o nevica o brina o tira il libeccio o c’è la fanghiglia).
Secondo la tradizione popolare esistevano solo due stagioni importanti, la bella stagione e la brutta stagione, non avendo le stagioni intermedie  alcuna rilevanza. Si considerava perciò che l''inverno avesse inizio il 25 novembre nel giorno di Santa Caterina d'Alessandria  e avesse termine il 25 marzo nel giorno di Santa Caterina da Siena.

Un mes dnenz  Nadêl e un mes dop Nadêl l’è l’inveran naturêl.
(Un mese prima di Natale e un mese dopo Natale è l'inverno naturale).
Si riteneva che il cuore dell'inverno fosse racchiuso nel periodo che va da un mese prima di Natale (25 novembre S. Caterina) a un mese dopo Natale ( 25 gennaio San Paolo).

Par Sânta Catarena tira fura la fascena.
(Per Santa Caterina tira fuori la fascina).
Era solo a partire dal giorno di Santa Caterina  che venivano accese le stufe negli uffici pubblici e nelle scuole.

Par Sânta Catarena la bes-cia int la cascena.
(Per Santa Caterina la bestia nella cascina).
I contadini che avevano bestiame al pascolo entro questa data lo riportavano nelle stalle, al riparo dai rigori invernali.

Par Sânta Catarena impines e' sac dla farena.
(Per Santa Caterina riempi il sacco della farina).
perché si portava il grano al mulino, in modo da avere disponibilità  di farina per l'inverno.


Caterina tra i filosofi - Masolino da Panicale

Nella "Fiera di Santa Caterina", che continua tuttora a tenersi nella città di Forlì, come ogni anno si rinnova l'antica tradizione del torrone da regalare alle donne maritate.
Il poeta romagnolo Aldo Spallicci in una sua poesia del 1922 così ricorda i dolcetti che per tradizione venivano offerti ai bambini:
Par Sânta Catarena e gal e la galena, la bëla bambuzena, turon d'amandurla; pianzì burdel s' avlì di brazadel. 
(Per Santa Caterina il gallo e la gallina, la bella bambolina, torrone di mandorle; piangete bambini se volete le ciambelline.)
C'è però da puntualizzare che, mentre l'antica tradizione che vede i mariti offrire il torrone alle proprie mogli è diffusa in tutta la Romagna, la tradizione di regalare biscotti di pastafrolla a forma di galletto per i maschietti e di bambolina (caterina) per le bambine è limitata alla sola città di Ravenna e le vetrine di tutti i fornai del centro in questo periodo ne fanno bella mostra.

Anch'io quando avevo i figli piccoli facevo per loro i tradizionali biscotti,  secondo questa ricetta:
500 grammi di farina
100 grammi di burro fuso
200 grammi di zucchero
due uova intere
lievito per dolci
un po' di scorza di limone grattugiata
codette di cioccolata o perline di zucchero colorate, per decorare
Dopo aver impastato il tutto si fa riposare in frigorifero per una ventina di minuti poi si stende l'impasto col matterello  ad uno spessore di circa un cm. 
Con la punta di un coltello si ritagliano dei biscotti a forma di galletto e/o bambolina (avendo degli stampini con queste forme, tanto meglio), si decorano a piacere (possono anche essere ricoperti di cioccolato) e si cuociono in forno a 180°.



Da dove tragga origine questa tradizione dei biscotti ravennati e della loro forma non è dato sapere per certo, anche se svariate ipotesi, in cui non intendo qui addentrarmi, vengono avanzate dagli studiosi di folklore.
Pare comunque che il dono, offerto in questo giorno d'inizio inverno, figuri come augurio e promessa di rinnovamento della natura una volta giunti alla fine della stagione buia, stante che il gallo è simbolo di risveglio e la forma femminile simbolo di fecondità.



giovedì 22 novembre 2012

Ci sono... non ci sono...

Come qualcuno avrà forse notato, in questo mese di novembre non sono stata molto presente ed è probabile che ancora continui a non esserlo per un po'.

I motivi di questa mia involontaria defezione sono molteplici:
in primo luogo il mio assai precario stato di salute ed i continui impegni per visite ed accertamenti ad esso legati;
poi il PC che mi ha creato numerosi impedimenti che vanno  dall'impossibilità di connettermi  a causa della linea telefonica ballerina, al famigerato virus della  Polizia di Stato che anch'io come tanti mi sono beccata;
infine l'amarezza per un increscioso episodio,  che a qualcuno non è sfuggito, ma che non voglio qui rivangare per non rintuzzare ulteriormente il livore espresso da un determinato individuo.
Se ne faccio cenno è solo per ringraziare di tutto cuore le amiche e gli amici che pubblicamente o in privato mi hanno espresso la loro solidarietà e vicinanza.

Nel poco tempo che in questo periodo sono riuscita a dedicare al PC ho preferito privilegiare  soprattutto le visite ai vostri blog, anziché la pubblicazione dei miei post, anche se qualcuno ce l'ho già pronto in bozza e quindi prima o poi qualcosa pubblicherò.




Questa è la mia Phalaenopsis nuovamente rifiorita (qualcuno dice per merito del mio pollice verde, io dico invece per il suo impegno e  la sua buona volontà), di cui faccio virtualmente omaggio, con simpatia e affetto,  a tutti coloro che mi sono vicini.

♥ ♥ ♥


venerdì 16 novembre 2012

Foto d'autore: Tina Modotti


Assunta Adelaide Luigia Modotti, meglio nota come Tina Modotti,  oltre che   fotografa di fama internazionale fu anche donna di grande bellezza e,   in quanto antifascista militante nel movimento comunista internazionale, perseguitata ed esule politica.
La sua avventurosa vita,  iniziata in una famiglia operaia di idee socialiste, a Borgo Pracchiuso (UD)  nel 1896 e conclusasi a  Città del Messico  nel 1942 la vide  operaia a 12 anni, emigrante con la famiglia negli Stati Uniti nel 1913, attrice del cinema muto ad Hollywood nel 1920, fotografa nel Messico degli anni '20, combattente in Spagna nel 1936. 
Apprese i primi elementi di fotografia dallo zio Pietro Modotti  ed affinò poi quella sensibilità  e capacità artistica che la condusse alle più alte vette dell'arte fotografica, accanto al  fotografo Edward Weston a cui per un certo periodo fu sentimentalmente legata.
Le sue opere spaziano dalla natura (fiori e piante), ai ritratti, ad opere di emblematico significato sociale e politico.

      


Calle (1925)



Rose (1927)


Donna di Tehuantepec (1928)



Mani di operaio con badile (1926)



Sombrero (1927)



Falce, pannocchia e cartuccera (1928)

lunedì 12 novembre 2012

Hanno detto: sui sogni

 I "sogni" non sono solamente un fenomeno legato alla fase REM del sonno.
Infatti chi di noi può proclamarsi indenne dall'aver sognato anche ad occhi aperti?

E gli illustri personaggi di cui riporto alcun citazioni, proprio in quest'ultima direzione hanno focalizzato il loro pensiero.



✿ Fai della tua vita un sogno e di questo sogno una realtà.
(Antoine-Marie Roger de Saint-Exupery)

✿ La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
(Arthur Schopenhauer)

✿ Chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte.
(Edgar Allan Poe)

✿ Il potere dei sogni ha il sopravvento sulla vita di una persona riuscendo a guidarla verso sentieri mai battuti prima.
(Romano Battaglia)


✿ Un uomo diventa vecchio quando i suoi rimpianti prendono il posto dei suoi sogni.
(John Barrymore)

✿ I sogni non sempre si realizzano, ma non perché siano troppo grandi o impossibili, perché noi smettiamo di crederci.
(Martin Luther King)

✿ Ho sognato nella mia vita, sogni che son rimasti sempre con me, e che hanno cambiato le mie idee; son passati attraverso il tempo e attraverso di me, come il vino attraverso l'acqua, ed hanno alterato il colore della mia mente.
(Emily Bronte)

✿ Ognuno di noi ha un paio d’ali, ma solo chi sogna impara a volare.
(Jim Morrison)

✿ La speranza è un sogno ad occhi aperti.
(Aristotele)

✿ Certi uomini vedono le cose come sono e dicono: perché? Io sogno cose mai esistite e dico: perché no?
(George Bernard Shaw)

domenica 11 novembre 2012

Premio Simplicity



Ringrazio infinitamente la dolcissima Paola del blog  Mondo di Paola   per avermi offerto il Premio Simplicity.
Come sempre accade nell'assegnazione degli award, anche questo premio ha le sue regole:
1) rispondere alla domanda "Che cos'è la semplicità?"
2) dedicare un' immagine a chi ha donato il premio.
3) donare il premio a 12 blogger.

Regola n. 1)
Secondo me la semplicità consiste nell'essere sempre sé stessi, senza orpelli e senza voler apparire diversi da come  si è nella realtà.

Regola n. 2)
Questa è l'immagine che, con affetto,  dedico alla cara Paola, fatina dalle mani d'oro e dal cuore generoso, con l'augurio che il suo cielo sia sempre pieno di stelle.




Regola n. 3)
Troppo arduo per me effettuare la scelta di 12 blog perciò, come sempre faccio, anche questa volta assegno questo premio virtuale a tutti voi, con un caloroso invito a prelevarlo e a fregiarvene, come se vi avessi nominati personalmente.


sabato 10 novembre 2012

Tre uomini in barca (per non parlar del cane)

Questo divertente romanzo, pubblicato  nel 1889, è diventato ormai un classico della letteratura inglese e la vena di umorismo e satira che lo pervade dall'inizio alla fine, lo rende nel suo genere insuperabile.

Titolo: Tre uomini in barca (per non parlar del cane)

Autore: Jerome K. Jerome

Anno di prima pubblicazione: 1889


Può accadere in alcune edizioni italiane di trovare come titolo "Tre uomini in barca (per tacere del cane)" ma è comunque lo stesso romanzo.


Trama:
Per sfuggire allo stress della vita di Londra, tre amici, Jerome, Harris e George, insieme al fox-terrier Montmorency, viaggiano per giorni sul Tamigi, a bordo di una piccola imbarcazione a remi, vivendo sempre nuove e inattese avventure. Un viaggio costellato da una serie di gag comiche sulle gioie e sui dolori della vita in barca, unite a divertenti divagazioni che costituiscono storie a sé stanti, nel miglior stile dello humour inglese e realistiche descrizioni delle regioni attraversate.

E' un romanzo che trasmette buonumore ad ogni riga e si presta veramente per una lettura leggera e divertente e nello stesso tempo ricca di notizie e nozioni.
Anche se è molto probabile che lo abbiate già letto ai tempi della scuola (molte scuole lo proponevano agli studenti) sarà senz’altro una felice riscoperta. Per me è stato così.
 Se poi non avete voglia di comperarlo o di andarlo a cercare in Biblioteca, qui potete trovarlo in ebook.



L'autore:
Jerome Klapka Jerome scrittore e umorista inglese, nacque a Walsall il 2 maggio 1859 e morì a Northampton il 14 giugno 1927. Insegnante, attore e infine giornalista, esordì con due volumi: "I pensieri oziosi di un ozioso" (1886) e il notissimo "Tre uomini in barca (per non parlar del cane)" (1889), che gli procurarono una fama immediata, mettendo in luce le qualità che fanno di lui uno fra i maggiori umoristi inglesi: spontaneità, brio, inventiva, uniti ad una profonda sensibilità psicologica.
Dal 1892 al 1897 pubblicò con Robert Barr la rivista "The Idler" che ebbe notevole successo.
 Alla sua produzione di vena umoristica appartengono inoltre un volume di racconti dal titolo "Narrato dopo cena" (1890); "Tre uomini a zonzo" (1890) divertente resoconto di un viaggio in Germania di tre impiegati londinesi; "Paul Kelver" (1902) un romanzo autobiografico; "Tommy e compagni" (1904); "Loro e io" (1909).
Le opere successive rivelano un mutamento nello spirito dello scrittore che, scosso dagli orrori della prima guerra mondiale, abbandonò la vena umoristica per affrontare temi politici e sociali. Tra queste opere improntate ad uno spirito umanitario e a una critica severa della società del suo tempo sono: "Le vie del calvario" (1919) e un volume di ricordi "La mia vita e il mio tempo" (1926).
Scrisse anche opere teatrali che ebbero minor risonanza e delle quali la più nota è "Il passaggio al terzo piano verso corte" (1907).

Fonte delle notizie sull'autore: Enciclopedia Rizzoli Larousse