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venerdì 25 dicembre 2015

Buon Natale a tutti voi

In questi giorni pre-festivi non ho fatto altro che correre dal supermercato alla cucina per le preparazioni mangerecce e dalla cucina al PC per inoltrare o ricambiare gli auguri natalizi agli amici.

Oddio ... correre è una parola grossa, e lo potrebbero testimoniare coloro che mi hanno vista arrancare fra le corsie del supermercato, aggrappata al deambulatore, ma a quanto pare ormai ce l'ho fatta, e anche se sono esausta,  il frigorifero trabocca di cose buone, in attesa di riunire la mia famiglia attorno al desco natalizio. 

Quanto agli auguri ... ho fatto del mio meglio per rispondere a tutti gli amici, sia su FB che nei blog che frequento ma sicuramente, travolta in un bailamme di auguri, ho un po' perso la trebisonda e sicuramente ci saranno amici che li hanno ricevuti doppi o tripli o anche più ed altri che non li hanno ricevuti per nulla.
Per farmi perdonare, ripeto qui per tutti

i miei più fervidi auguri di trascorrere
un felice Natale in piena serenità
insieme a coloro che vi portate nel cuore.



mercoledì 16 dicembre 2015

"Natale de guera" di Trilussa


L'atmosfera festosa, o forse dovrei dire festevole (festevole= propria della festa), quasi che a Natale sia un obbligo esserne pervasi, in stridente contrasto con gli scenari di  guerra, che funestano gran parte del globo terracqueo, mi ha fatto pensare a questa amara poesia che il celebre poeta romanesco Trilussa scrisse nel 1916.



NATALE DE GUERA


Ammalappena che s'è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s'è guardato intorno.
- Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla?
- Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pè compralla...
- E l'asinello mio dov'è finito?
- Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
- Er bove? - Pure quello…
fu mannato ar macello.
- Ma li Re Maggi arriveno?
- E' impossibbile
perchè nun c'è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche diriggibbile...-
Er Bambinello ha chiesto:- Indove stanno
tutti li campagnoli che l'antr'anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c'è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta...
- Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente
per ammazzà la gente...
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi?-
Ner dì così la Madre der Signore
s'è stretta er Fijo ar core
e s'è asciugata l'occhi cò le fasce.
Una lagrima amara pè chi nasce,
una lagrima dòrce pè chi more...



(Trilussa)


mercoledì 9 dicembre 2015

Cartoline di auguri


In occasione delle festività di Natale e Capodanno c'è forse qualcuno fra voi che abbia ancora l'abitudine di spedire cartoline o bigliettini di auguri? Oppure vi capita ancora di riceverne?
Non credo, o almeno a me da tanti anni non succede più.


Adesso ce la sbrighiamo con una telefonata, un sms o una e-mail, ma io vi confesso che ho un po' di nostalgia delle cartoline di un tempo.
Era una bella e piacevole usanza, così come erano belle e festose le immagini in esse raffigurate.


Ricordo, quando ero una bambina, come scegliere e scrivere le cartoline di auguri in occasione delle festività fosse un vero rito e un bell'impegno.

Innanzitutto occorreva preparare un elenco dei destinatari, parenti e amici vicini o lontani che fossero, facendo attenzione a non dimenticare nessuno, perché tutti dovevano ricevere i loro auguri, perfino le amichette con cui giocavo ogni giorno e alle quali sarebbe stato tanto più semplice fare gli auguri a voce.

Poi andavo in tabaccheria per l'acquisto dei francobolli e per una ponderata scelta delle cartoline, le più belle e colorate, meglio ancora se con i lustrini "sbriluccicosi", e mai una uguale all'altra.

Infine, elenco alla mano, scrivevo in bella calligrafia gli indirizzi e le frasi di augurio, cercando di differire il testo in modo che ognuno avesse i suoi auguri personalizzati, senza considerare il fatto che se gli zii di Rimini avessero ricevuto le stesse parole o la stessa cartolina degli zii di Ravenna non avrebbe fatto alcuna differenza.

Poi alle normali cartoline subentrarono i più eleganti bigliettini chiusi nella loro busta, ma per me il rito non cambiò, tranne che il costo dei francobolli è andato via via sempre aumentando negli anni e adesso  spedire per posta un considerevole numero di auguri è diventato alquanto dispendioso.

Sarà per questo che siamo passati allo squillo telefonico, alla e-mail e al messaggino?

sabato 5 dicembre 2015

Era il 5 dicembre 1945

Quella lunga, tragica guerra era finalmente finita ma, a distanza di 8 mesi dalla completa Liberazione dell'Italia, anche il territorio ravennate recava ancora le tracce delle devastazioni causate dai bombardamenti alleati, e le mine piazzate dai tedeschi in ritirata rendevano estremamente pericoloso avventurarsi nei campi incolti. Il bestiame era stato razziato dai tedeschi, le strade erano dissestate e le case sbrecciate o ridotte ad ammassi di macerie.
Benché la città di Ravenna già dal 4 dicembre 1944 fosse stata liberata dai partigiani, che avevano preceduto di qualche ora le truppe canadesi, il fronte si era fermato per tutto l'inverno sulla linea del fiume Senio. Solo ad aprile l'incubo era definitivamente cessato, e tutta la Romagna era stata liberata, come il resto d'Italia.

Carlo, detto Carluccio, aveva 44 anni e 6 figli di età compresa fra i 22 e gli 11 anni. Viveva con la sua numerosa famiglia in una casa colonica nella campagna a nord di Ravenna e ora che un altro inverno era alle porte la sua casa portava ancora gli squarci delle granate che avevano ucciso uno dei suoi fratelli. La maggiore dei suoi figli stava per renderlo nonno e, con una creaturina in arrivo, occorreva provvedere al più presto almeno alle riparazioni più indispensabili.
Quel giorno - era il 5 dicembre 1945 - Carluccio attaccò la somara al barroccio e si diresse alla volta di Alfonsine per prendere un carico di mattoni dalla fornace.

Sul far della sera un boato squarciò il silenzio della campagna e la sua vecchia madre, che nell'aia stava dando il becchime al pollame, si portò le mani sulla testa esclamando "pôr fiôl!" (povero figlio), perché, come tutti, conosceva bene il significato dei sinistri scoppi che ogni tanto laceravano l'aria facendo gelare il sangue nelle vene.
Quello che invece ancora non sapeva era che quel "pôr fiôl" dilaniato da una mina era il suo figliolo. Il secondo figlio che la guerra le portava via nel giro di un anno.

Circa tre settimane più tardi, in una famiglia devastata dal lutto, nasceva quella sua nipotina che Carluccio mai avrebbe conosciuto e che, in sua memoria, fu chiamata Carla.

domenica 29 novembre 2015

Ricordando la mia dolce Sissi

Il mondo? Cos’è il mondo? Forse quello che vedo fuori dalle finestre della mia grande casa, quando sbircio fra le tendine di pizzo, o forse quello racchiuso entro queste mura, dove sono entrata piccolissima e da dove non sono più uscita?
Il mio mondo: questo mio rifugio dorato, dove vivo coccolata e viziata e dal quale mi rifiuto di uscire, anche quando - raramente - trovo aperta la porta di casa. Ho paura della confusione che intravedo oltre le tendine: strane scatole in movimento che si inseguono o si avventano ruggendo le une contro le altre, con occhi di brace, rumori assordanti, odore pestilenziale.
No, no, molto meglio per me rifugiarmi nell’ovattata tranquillità del mio comodo cesto imbottito di piume, dove ogni tanto mi raggiunge la carezza di una morbida mano e una voce gentile che mi mormora sciocche tenerezze.
Cosa può volere di più una micetta come me?

domenica 1 novembre 2015

Ci si rivede, mi disse qualcuno

In questi giorni di inizio novembre, dedicati alla Commemorazione dei Defunti, voglio ricordare con questi versi di Eugenio Montale, tutti coloro che ci sono stati cari in vita e che, come dicono gli alpini, sono "andati avanti".



Ci si rivede mi disse qualcuno
prima di infilarsi nell'aldilà.
Ma di costui non rammento niente
che faccia riconoscerne l'identità.
Laggiù/lassù non ci saranno tessere
di riconoscimento, non discorsi opinioni
appuntamenti o altrettante futilità.
Lassù/laggiù nemmeno troveremo
il Nulla e non è poco. Non avremo
né l'etere né il fuoco.

da: Quaderno di quattro anni, in Tutte le poesie,
Milano, Mondadori, 1990

(Eugenio Montale)

venerdì 30 ottobre 2015

Verso Halloween. Qualcosa che vale la pena di sapere.

In merito alla tanto discussa Festa di Halloween, che ormai da tempo ha preso piede anche in Italia e vede un acceso dibattito fra detrattori ed estimatori di questa celebrazione considerata d'importazione, ho letto e riporto dalla pagina Facebook di Eraldo Baldini, autore insieme a Giuseppe Bellosi del saggio "Halloween. Origine, significato e tradizione di una festa antica anche in Italia", queste dotte considerazioni che forse vale la pena di conoscere:


"" È in libreria, dopo nove anni dalla prima edizione per Einaudi, che ebbe grande successo e non tardò ad esaurirsi, il corposo saggio (332 pagine) pubblicato dalla Società Editrice Il Ponte Vecchio che Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi dedicano alla festa di Halloween in Italia, intitolato "Halloween. Origine, significato e tradizione di una festa antica anche in Italia". Un libro che, prendendo in esame, grazie ad una ricerca accuratissima, le tradizioni di tutto il territorio nazionale, si pone l’obiettivo di dimostrare che questa celebrazione, ritenuta erroneamente nata altrove ed estranea alla nostra cultura popolare, ha in realtà in Europa e anche da noi la propria origine. Ne spiega inoltra la genesi, le forme e i significati, oltre che il percorso del suo “ritorno” in grande stile nel nostro Paese. La nuova edizione è aggiornata e leggermente ampliata rispetto a quella del 2006.

Per tornare ai contenuti del volume, è innegabile che la festa di Halloween abbia preso fortemente piede anche in Italia, tanto da proporsi oggi, soprattutto per le nuove generazioni, come uno degli appuntamenti più attesi dell’anno. Bambini mascherati che girano per le case a gridare il loro Dolcetto o scherzetto?, feste nei locali pubblici e nei centri piccoli e grandi, vetrine a tema, zucche intagliate: tutti gli elementi di questa celebrazione ci sono sempre più familiari e stanno, per molti, diventando irrinunciabili. Ciò non ha mancato e non manca di suscitare un dibattito che vede da una parte i favorevoli, dall’altra coloro che storcono la bocca davanti a una festa ritenuta importata, estranea alle nostre tradizioni, quindi da noi fuori luogo, frutto di imitazione e foriera esclusivamente di consumismo o, peggio, di valori negativi. Ora, se è vero che il boom odierno è senza dubbio dovuto a suggestioni cinematografiche, televisive e letterarie provenienti da oltreoceano, oltre che a sapienti campagne pubblicitarie, è altrettanto vero (ma non a tutti noto) che nel folklore delle regioni italiane, nei giorni che vanno dalla vigilia di Ognissanti, cioè dal 31 ottobre, a quello di San Martino, 11 novembre, legati in un continuum celebrativo, sono da tempo immemorabile presenti, o lo erano almeno fino ai primi del Novecento, tutti gli elementi costitutivi della festa. E questo da ben prima che la Chiesa, nel medioevo, cristianizzasse tali arcaiche ricorrenze riservate al culto dei defunti, dedicando il 1° novembre a Tutti i Santi e più tardi il 2 novembre ai Morti. Dalle Alpi alla Sicilia, pur se con diversa intensità da un’area all’altra, troviamo (o trovavamo) in abbondanza in quelle date riti di accoglienza per i defunti, questue di bambini o di poveri nelle case, dolci tradizionali dal nome macabro (come ad esempio ossa di morto), zucche intagliate, cene e libagioni, pratiche divinatorie, racconti terrificanti. Questo a dimostrazione del fatto che il bagaglio tradizionale della festa ha non solo, come è ovvio, derivazione europea, ma anche una larghissima diffusione, che supera (e certamente precede) i contributi della cultura celtica a cui è normalmente attribuito. Ma vediamo nel dettaglio alcuni degli elementi concettuali e formali della celebrazione. Innanzitutto quelli denotanti che tale momento del calendario era stato, in qualche epoca o in particolari zone, un vero e proprio capodanno, e ovunque e sempre un importantissimo spartiacque calendariale collocato nel tempo in cui finiscono tutti i raccolti e si riparte con le semine. Ce lo dimostrano vari usi civili e giuridici tradizionali come la scadenza dei fitti e dei contratti colonici; e poi l’uso delle strenne, delle divinazioni, e soprattutto la credenza in un corale “ritorno dei morti”. A questa sono legate le forme celebrative più note ed evidenti. Se in occasione di Halloween i bambini girano a chiedere dolci, mascherati in modo orrifico per impersonare le creature dell’aldilà, un tempo in molte regioni italiane in quei giorni, similmente, bambini e poveri, simbolicamente vicari dei morti stessi, questuavano e a volte lo facevano mascherati, in una chiara rappresentazione dei defunti. Anche senza travestimento, comunque, conducevano la questua esplicitando di farla in nome dei trapassati. Erano largamente praticate anche forme di questua passiva tramite offerte di cibi, di pranzi, di regali: ad esempio in Sicilia e altrove (zone della Puglia, ecc.) erano proprio i Morti, nella notte tra 1 e 2 novembre, a portare i doni ai più piccoli, e non, come accadeva altrove in altra data, la Befana o Gesù Bambino o, più tardi, Babbo Natale. Un corredo tipico della festa odierna sono le zucche svuotate e intagliate a rappresentare un teschio. Anche questa usanza, tra Ognissanti e San Martino, era diffusa in molte località nostrane, e ben prima che fosse introdotta negli Stati Uniti dagli immigrati europei. In Lombardia tali zucche erano molto diffuse e chiamate lumere, in aree del Trentino-Alto Adige nella notte dei Morti si addobbavano i cimiteri con lumini ricavati da gusci di lumaca, mentre al centro del camposanto si poneva una zucca intagliata. Zucche sulle tombe sono testimoniate anche in Friuli-Venezia Giulia. In Veneto venivano messe negli angoli dei paesi o venivano portate in giro da bambini schiamazzanti. In Liguria gruppi di giovani portavano zucche in processione, in Emilia e in Romagna erano collocate nei crocicchi, su muretti, tra le siepi o sui davanzali. In Abruzzo e Molise, soprattutto nella Valle Peligna, a Sulmona ecc., dove queste tradizioni non sono mai scomparse rimanendo vivissime, i ragazzi dipingevano scheletri e teschi sulle porte, si accendevano roghi propiziatori e difensivi nelle piazze e i bambini questuavano portando con sé zucche intagliate illuminate dall’interno. L’uso delle zucche è testimoniato nel folklore della Puglia, dove venivano chiamate coccie priatorje (teste del purgatorio), in quello della Calabria, dove venivano portate dai bambini questuanti, in quello della Sardegna, dove le questue infantili erano diffusissime. Nella celebrazione contemporanea, altro corollario dell’evento sono i riferimenti a un clima di paura, ovviamente stemperato nella finzione e nella fiction vera e propria. C’è dunque l’abitudine di guardare film horror, di allestire addobbi che vogliono far rabbrividire. In passato, quando era diffusissima la credenza nella possibilità che schiere di defunti potessero, in questo periodo, irrompere nella dimensione terrena, tali timori si materializzavano in tradizioni e credenze riguardanti processioni e messe dei morti e, in genere, in una loro fitta e libera circolazione, sia nelle forme più temute sia in quella mitico-rituale che prevedeva il bonario ritorno degli Antenati nelle loro case e le conseguenti pratiche di accoglienza nei loro confronti. In larga parte dell’Italia si pensava che nella notte tra 1 e 2 novembre, o in quella precedente, inquietanti cortei di defunti attraversassero gli abitati; e guai ad incontrarli, per cui si rimaneva chiusi nelle abitazioni. Ancora più diffuso era l’uso di lasciare nelle case, proprio per il ristoro e il riposo dei trapassati, cibi, bevande, il fuoco acceso e i letti puliti e rifatti: premure non sempre ritenute sufficienti a evitare la pericolosità e il timore insiti in tali visite. E a proposito di timori, erano diffusissimi i racconti terrificanti legati alla presenza temporanea dei morti, così come lo erano le precauzioni al riguardo. Solo per fare un esempio: i pescatori delle coste marchigiane, toscane, abruzzesi, pugliesi, nella notte dei Morti non uscivano alla pesca, convinti che le reti si sarebbero riempite solo di ossa umane e di teschi. Oggi intorno alla questua dei bambini e al clima horror si muove un’atmosfera di festa, che si concretizza in cene con amici, in serate a tema nei locali e nelle piazze, eccetera. Anche in passato, soprattutto alla chiusura del periodo celebrativo, cioè per San Martino, la baldoria era di rigore con tutti i suoi aspetti formali e alimentari. Per concludere, questa “nuova festa”, che è riuscita nel giro di pochi anni a conquistare il nostro Paese con una rapidità e una capacità di penetrazione impensabili, in verità di nuovo ha ben poco: anche se il suo odierno successo deriva da un punto lontano più nello spazio che nel tempo, non si può non osservare che essa finisce per essere, da noi, nient’altro che una ripresa di tradizioni antiche che si erano abbandonate, dimenticate o in qualche modo snaturate.
L’odierna impronta consumistica della ricorrenza nulla può togliere a questo dato di fatto. Chi grida allo scandalo, asserendo che la celebrazione di Halloween nulla avrebbe a che fare con le nostre tradizioni, non è dunque nel giusto. Perché, come abbiamo visto, per forme e significati essa è in realtà unita da fili robustissimi al nostro passato e pure a un contesto folklorico del presente (in alcune zone d’Italia le ritualità a cui facciamo riferimento non si erano mai interrotte). Occorre poi mettere l’accento su una cosa: oggi i bambini e i giovanissimi del nostro Paese si sono entusiasticamente appropriati (o meglio riappropriati) di tale festa, e in questo modo sono tornati ad essere protagonisti di una celebrazione folklorico-rituale dopo che, per vari motivi, non avevano quasi più l’abitudine di essere al centro delle questua della mattina di Capodanno, del clima magico dell’Epifania, di forme vive e sentite del Carnevale. Semmai, sarebbe bello e utile aggiungere al loro entusiasmo e al loro divertimento anche una maggiore consapevolezza rispetto a ciò che stanno facendo e rappresentando. Una consapevolezza che questo libro può restituire, con la serietà e l’accuratezza di una grande, lunga e paziente ricerca e di una seria e approfondita analisi""


lunedì 26 ottobre 2015

La mia torta di mele



Di ricette per fare la torta di mele ce n'è davvero a iosa e fra Internet, libri di cucina, programmi TV non c'è che l'imbarazzo della scelta.
Ricette per torta di mele con o senza uova, con o senza burro, con o senza latte, più o meno alta, più o meno soffice; manca solo che ci venga proposta la ricetta per fare la torta di mele ... senza mele.

Nel corso dei decenni ne ho provate veramente tante (praticamente tutte quelle che mi sono capitate sotto gli occhi) ma la torta di mele che trova il maggiore apprezzamento in famiglia, da anni resta sempre la stessa, così ho smesso di fare prove su prove e resto fedele alla mia vecchia ricetta, che è la seguente:



TORTA DI MELE

Occorrente:

Kg.1 di mele sbucciate e liberate dal torsolo
g. 300 di farina
g. 200 di zucchero
g.150 di burro
buccia grattugiata di un limone
1 bustina di lievito per dolci
2 uova intere

Preparazione:

Mescolare il burro ammorbidito con lo zucchero.
Aggiungere la farina, le uova, la buccia grattugiata di limone, il lievito.
Tagliare a fettine le mele (della qualità che preferite) e unirle all'impasto, mescolando bene il tutto.
Imburrare una teglia da forno spolverizzare di farina, versarvi l’impasto e cuocere in forno a calore moderato per circa 45 minuti.
(Io uso una teglia rettangolare così l'impasto si stende meglio e non si ammucchia al centro).
Si serve con una spolveratina di zucchero a velo.


L'autunno mi sembra la stagione migliore per fare questa torta, visto che ci sono le mele appena raccolte, e ultimamente ne ho fatto una tutti i week end, per quando i miei ragazzi vengono a cena.
Ne ho fatta una anche ieri sera e francamente mi aspettavo che dicessero: "Ancoooraaa?", così mi sono scusata anticipatamente, assicurandoli che la prossima volta avrei cambiato tipo di dolce.
E invece no, tutti mi hanno raccomandato di continuare con la torta di mele, che gli piace proprio tanto!

mercoledì 14 ottobre 2015

Un poeta da ricordare: Guido Gozzano


Un poeta da ricordare:

Guido Gozzano

Torino, 19 dicembre 1883 - Torino 9 Agosto 1916



Una poesia da non dimenticare:


L'assenza

Un bacio. Ed è lungi. Dispare
giù in fondo, là dove si perde
la strada boschiva, che pare
un gran corridoio nel verde.

Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell'abito grigio:
rivedo l'uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio...

Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.

E intorno declina l'estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio...

L'azzurro infinito del giorno
è come seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.

Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore...

E non son triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino...
stupito di che? non mi sono
sentito mai tanto bambino...

Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
Ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani...

(Da: I colloqui - 1911)



Claude Monet
Rosai nel giardino degli Hoschedé a Montgeron, 1877

domenica 11 ottobre 2015

La guerra di Mariulì - bambina negli anni Quaranta

Ho desiderato parlarvi di questo libro, fin dal momento stesso in cui ho terminato di leggerlo; fin da quando  l'ho ricevuto in dono, fresco di stampa, proprio dalle mani della mia carissima amica Maria Lasi, la Mariulì protagonista di questa storia.
Ma come ben sanno i miei amici blogger che da tempo mi seguono, la salute non sempre mi asssite e spesso, mio malgrado, mi tiene lontana da queste pagine, e in questi ultimi anni ciò è accaduto assai di frequente.
Ora mi sono imposta di riprendere i fili del mio blog e di parlarvi finalmente di questo libro, emozionante e interessante. Emozionante per i ricordi di vita di una piccola bambina travolta dalla guerra, ed interessante per la disamina del periodo storico che ne fa l'autrice.



Titolo:
LA GUERRA DI MARIULI'
bambina negli anni Quaranta

Autore:
Anna Paola Moretti (con la testimonianza di Maria Lasi)

Editore:
Società Editrice "Il Ponte Vecchio" Cesena - 2012

L'autrice, Anna Paola Moretti, ricercatrice di memorie storiche femminili specialmente legate al periodo della  guerra, ha raccolto la testimonianza di Maria Lasi, inserendola con la competenza della storica in un contesto storiografico-geografico e socio-politico.

Maria Lasi racconta con occhi ed emozioni di bambina gli anni difficili della sua infanzia in guerra e quelli del primo dopoguerra, nelle campagne romgnole, nei territori tagliati dalla Linea Gotica, sulla riva del fiume Senio.
Il suo racconto, pensato inizialmente per la ristretta cerchia familiare dei figli e dei nipoti, ha in realtà una valenza più generale. La sua vita di bambina e di donna che non vuole rinunciare a sé, pur in mezzo a grandi difficoltà, è una lente per accostarci alla storia, che è sempre fatta di vite di gente comune; la sua memoria è un ponte per pensare anche al nostro presente. Testimone che ha attraversato la guerra armata, ma anche quella più sottile e altrettanto micidiale che attenta alla libertà di una donna.

L'Autrice:
Anna Paola Moretti è nata e vive a Pesaro, con radici familiari nel Montefeltro. Laureata in filosofia, é tra le fondatrici dell’associazione Casa delle donne di Pesaro, dove ha curato l'organizzazione di seminari e corsi di aggiornamento per docenti. Collabora con l’Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino (ISCOP), in particolare sulle memorie della deportazione femminile.
E' co-autrice con Maria Grazia Battistoni, Rita Giomprini e Mirella Moretti, del libro "La deportazione femminile. Incontro con Irene Kriwcenko. Da Kharkov a Pesaro una storia in relazione", edito nel 2010 dal Consiglio Regionale delle Marche.

La protagonista:
Maria Lasi è nata nel 1939 a Castel Bolognese (RA) e dal 1957 vive a Ravenna. Tutta la vita ha lavorato come operaia ed è all'università della vita che ha parzialmente soddisfatto la sua inesauribile sete di sapere. Raggiunta la pensione ha frequentato corsi di scrittura poetica presso l'Università per Adulti "Bosi Maramotti" di Ravenna. Ha partecipato a letture poetiche di suoi testi ed è stata invitata nelle scuole per parlare agli alunni delle sue esperienze di vita nell'infanzia, nel periodo cruciale della guerra, indicando ai giovani l'imprescindibile necessità di un cammino di pace.
E' co-autrice insieme alle altre otto poetesse facenti parte della "Società Poetica Arte della lingua materna" di Ravenna dell'antologia poetica "La lingua che ci accade", pubblicata nel 2010 per i tipi della Casa Editrice Il Ponte Vecchio di Cesena.


giovedì 8 ottobre 2015

La lunga estate calda

Finalmente anche questa torrida estate 2015 è terminata. Sono consapevole che non tutti condividono questo mio pensiero: gli amanti del caldo a oltranza, del sole cocente, dell'abbronzatura, della vita di spiaggia e del mare già rimpiangono l'estate e fremono impazienti nell' attesa del suo ritorno.
Ma poiché per me l'estate rappresenta un ulteriore peggioramento al mio già disastrato stato di salute, permettetemi di rallegrarmi per queste prime giornate autunnali e per questo temporaneo senso di sollievo che mi permette finalmente di riaffacciarmi nel mondo Blogger da cui manco da tanto, troppo tempo.

Prima di accingermi a scrivere questo post ho fatto un breve excursus in queste mie pagine prendendo coscienza di quanto io sia stata lungamente assente (appena 15 post in questi 9 mesi del 2015 sono davvero pochini).
Ho anche voluto rileggere tutti i miei post sotto l'etichetta "Momenti di vita", che raccontano i momenti peggiori di questi 5 anni della mia militanza da blogger ed ho riflettuto sul fatto che forse sarebbe stato preferibile che mi fossi arresa già tempo fa, senza incaponirmi a voler mantenere in vita un blog sull'orlo del collasso. Ma che volete farci, io il mio blog l'ho amato tanto e non so rassegnarmi a sopprimerlo volontariamente.
Probabilmente si estinguerà per consunzione naturale per mancanza di lettori, perché ho rilevato che diversi fra i blogger che mi seguivano e che io seguivo, o hanno chiuso definitivamente i battenti o hanno sospeso le pubblicazioni da settimane, mesi o addirittura anni.

Ora, pur consapevole che ad ogni assenza si paga sempre un certo prezzo in termini di perdita di lettori, ho deciso di riprovarci: con una "flebo" di parole di tanto in tanto spero di riuscire a mantenerlo in vita, questo mio blog.


Concludendo, ritengo doveroso scusarmi con coloro che hanno lasciato commenti ai miei post dei mesi precedenti, senza ricevere da me alcun riscontro: Vi ringrazio e vi assicuro che li ho letti tutti i vostri commenti, pur non avendo avuto, nella mia apatia, la forza di rispondere.
Mi auguro di riuscire in futuro ad essere più presente non solo nel mio ma anche sui vostri blog.

lunedì 20 luglio 2015

Calura e zanzare

E sudi... tutto il giorno sudi. E poi vai a letto... e sudi.  Il materasso incandescente, il cuscino bollente, il lenzuolo ... chissà dove l'hai buttato.
Alla tua sinistra la finestra spalancata sulla notte... e quel lampione sulla strada che ti centra dritto negli occhi... alla tua destra il ventilatore che gira alla velocità massima... nella mano il ventaglio a sventolare furiosamente per asciugare il sudore che ti cola sul viso e poi... vicino alle orecchie il sibilo tipo aereo a reazione delle zanzare che chissà da dove sono sbucate, visto che a tutte le finestre di casa ci sono le zanzariere.
Non ho mai amato il caldo e ancora di più odio questa calura inaffrontabile... e ho sempre odiato le zanzare, anche quando c'erano solo le zanzare nostrane, che arrivavano a nugoli verso sera e siccome non avevamo le zanzariere la mamma diceva: "lasciate spenta la luce che la casa si riempie di zanzare!" Adesso a dare loro manforte sono arrivate anche le zanzare tigre, e quelle non hanno orari: lavorano a tutte l'ore.

Così mi sono ricordata di una mia riflessione in versi di qualche anno fa sulle zanzare:
c'è forse qualcuno in grado di darmi una risposta?



Dalla marmotta al cane
dal falco alla gallina
tutto il regno animale
è un cantico alla vita.

Intelligenza, forza, maestà
grazia, bellezza, astuzia, utilità
ma … un dubbio mi arrovella:
se ogni bestia ha la propria qualità
della zanzara, il pregio, quale sarà?


© Carla Castellani

sabato 27 giugno 2015

27 giugno 1943 Nozze di guerra

Lei aveva 16 anni e Lui 19, quando si innamorarono.
Si vedevano ogni giorno, perché Lui lavorava per la famiglia di Lei. Mangiavano alla stessa tavola, dormivano sotto lo stesso tetto, lavoravano nei campi fianco a fianco e sognavano impazienti il momento in cui si sarebbero finalmente sposati.
Ma scoppiò la guerra e Lui partì soldato.
Il loro amore si alimentò a distanza di lettere e cartoline col timbro “visto per censura”.
Nelle buste, insieme alle loro ingenue parole d’amore, viaggiavano fotografie di Lui in divisa, che cercava di ostentare un aspetto marziale, o di Lei con il vestito della festa e i capelli in ordine, che voleva apparirgli sempre più bella.
Da Messina, dove era di stanza in attesa dell’imbarco per l’Africa Orientale, Lui le scrisse: “vai dal prete a preparare le carte che torno a sposarti”.
Quando tornò era il tempo del raccolto e prima di sposarsi Lui lavorò tutto il giorno sull'aia, insieme ai fratelli di Lei, per terminare il “barco” dei covoni di grano, un lavoro di grande fatica.
Poi si sposarono alla presenza della sola famiglia, nella vetusta chiesetta del paese. Era una domenica, il 27 giugno 1943. Lei aveva 20 anni e Lui 23.
Non era così che Lei aveva sognato il suo matrimonio, senza il velo bianco, senza invitati e senza il pranzo di nozze, ma si era in tempo di guerra e ciò che contava era avere accanto il suo unico grande amore. Ebbero però un breve viaggio di nozze: 3 giorni a Rimini che raggiunsero in bicicletta, ospiti di una sorella di Lui.

Poi la guerra lo riacciuffò nelle sue spire, non in Africa, che al termine della licenza matrimoniale il suo contingente era già partito, ma in Albania e poi in Grecia.
Un provvidenziale attacco di appendicite, operato d’urgenza sotto una tenda da campo, (e in assenza di anestesia un pugno per stordirlo), lo fece ritornare in Italia, in convalescenza. Provvidenziale davvero quella appendicectomia, perché l’armistizio dell’8 settembre lo colse al Convalescenziario di Cervia, ad appena una quarantina di km. da casa, dove riuscì a tornare con mezzi di fortuna.
Forse dalla Grecia non sarebbe mai più tornato.

Per il resto del tempo che durò la guerra i due sposini continuarono a vivere e a lavorare con la grande famiglia di Lei, alla mercè di due eserciti contrapposti, riparandosi nel rifugio che era stato ricavato all'interno di un pagliaio, per sfuggire ai feroci rastrellamenti dei nazi-fascisti e ai bombardamenti degli alleati.

La loro prima e unica figlia nacque a guerra finita, tre anni dopo le loro nozze.

Vissero insieme, in buona armonia, per 52 anni condividendo duro lavoro e tanti sacrifici, e se ne andarono a tre anni di distanza l’una dall’altro.
Quei tre anni di vedovanza Lei, che non voleva più vivere, li trascorse con il solo desiderio di potersi finalmente ricongiungere all'uomo che era stato l' unico grande amore della sua vita.

Oggi, a 72 anni da quelle lontane nozze di guerra, io sono qui a celebrare nel ricordo, con grande tenerezza e riconoscenza, quei due giovani sposi, che furono i miei adorati genitori.

mercoledì 24 giugno 2015

La guazza di San Giovanni


Alla magica notte fra il 23 e il 24 giugno sono legate un numero considerevole di tradizioni e superstizioni popolari, diffuse soprattutto nelle campagne, e nei cui rituali predomina la simbologia del fuoco e dell'acqua.
Era considerata la notte delle streghe e si riteneva che le erbe raccolte in questa prodigiosa notte solstiziale, dopo essere state esposte alla "guazza di S. Giovanni", fossero dotate di magiche virtù. Era dunque la rugiada che, secondo la mentalità popolare, conferiva alle erbe e alle piante, e ad alcune di esse in special modo, prodigiose proprietà.


La tradizione popolare considerava alcune piante dotate di virtù curative, purché venissero raccolte dopo essere state esposte alla "guazza di San Giovanni": lavanda, rosmarino, iperico, artemisia, prezzemolo, ruta, menta, basilico, camomilla, timo, santoreggia, verbena, maggiorana, salvia.


Con alcune di queste erbe c'era l'usanza di preparare l' "acqua di San Giovanni". Nell 'acqua di un bacile, che doveva venire raccolta da 7 fonti o da 7 pozzi diversi, si mettevano a macerare  erbe profumate e colorate e la si lasciava poi esposta alla guazza della notte di San Giovanni. Alla mattina successiva le donne si bagnavano il viso con quest’acqua allo scopo di aumentare la loro bellezza, preservarsi dalle malattie e combattere il malocchio.


Anche l'aglio, la cipolla e lo scalogno sono piante legate alla tradizione di San Giovanni come le noci col mallo ancora verde da utilizzate per fare il nocino che, secondo la tradizione popolare, devono essere raccolte dopo che la rugiada di San Giovanni  ha conferito loro particolari virtù.

Anche nelle vostre zone esistono tradizioni popolari legate alla notte di San Giovanni?  Se ci sono tradizioni diverse mi farebbe piacere conoscerle. Volete raccontarmele?

domenica 21 giugno 2015

Solstizio d'estate

Oggi, domenica 21 giugno, col Sole che entra nel segno astrologico del Cancro, nel nostro emisfero ha inizio a tutti gli effetti l'estate astrologica, (mentre l'estate meteorologica, per convenzione, la si fa iniziare il 1° giugno).
Di tutto l'anno questo è il giorno con più ore di luce e già da domani le giornate cominceranno ad accorciarsi, scivolando lentamente verso l'Equinozio d'autunno.
Ma prima di arrivare alle miti temperature autunnali presumo che ci sarà da sudare, e parecchio.
Sempre che non piombiamo direttamente nell'inverno, dato che ... "Signoramia non ci sono più le mezze stagioni".


A tutti voi l'augurio di una piacevole estate,
ovunque voi pensiate di trascorrerla

spalmati sulla spiaggia sotto il sole cocente?

scarpinando, zaino in spalla, su e giù per le montagne?

sulla sabbia dorata di un'isola tropicale?

in città a studiare o a lavorare?


Io non so come sarà la mia estate, quasi certamente segregata in città, ma so che, con tutta me stessa, vorrei essere sulle mie amatissime Dolomiti.

domenica 31 maggio 2015

Mostra: Il Bel Paese - Ravenna

Ancora solo due settimane per poter
visitare questa mostra:


L'Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra
dai Macchiaioli ai Futuristi

Sede: Museo d'Arte della città di Ravenna
Via di Roma n. 13 - Ravenna

Periodo: dal 22 febbraio al 14 giugno 2015





Il Museo d’Arte della Città di Ravenna presenta una nuova mostra, finalizzata a documentare, attraverso più di 100 capolavori, il nostro Paese e le sue bellezze, in quel tratto di tempo, davvero cruciale, che va dall’epopea risorgimentale alla Grande Guerra.
"Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi", come recita il titolo dell’esposizione, intende restituire, infatti, attraverso diverse sezioni tematiche, la rappresentazione del ’paesaggio’ italiano inteso in tutti i suoi aspetti, offrendo anche un palinsesto della società e della cultura dalle premesse dell’Unità alla partecipazione al primo conflitto mondiale, di cui proprio quest'anno cade il centenario.

George Housman Thomas
Garibaldi all'assedio di Roma (part.) - 1854

La mostra offre dunque una sequenza di documenti pittorici delle straordinarie bellezze paesaggistiche italiane, e insieme spaccati di vita quotidiana come specchio di diverse condizioni sociali, in un tempo di grandi trasformazioni -politiche, economiche, culturali- rappresentate dai maggiori artisti italiani, ma anche nella prospettiva eccentrica degli artisti stranieri calati nel nostro Paese per ammirarne e dipingerne le bellezze.

La mostra apre con un’ampia sezione introduttiva con la presenza di alcuni dei più noti dipinti di Induno, Fattori, Lega, Guaccimanni, dedicati all’epopea risorgimentale.

Ippolito Caffi
La girandola a Castel Sant'Angelo (part.) - s.d.

Si succederanno poi diversi altri capitoli di questo viaggio nel tempo lungo la nostra penisola, ma anche in sequenza di modelli espressivi, con dipinti dei maggiori artisti del tempo, come Fontanesi, Caffi, Lega, Costa, Induno, Bianchi, Palizzi, Previati, Segantini: vette alpine, vedute lacustri, i più ammirati paesaggi marini, e scorci tra i più pittoreschi delle città mete celebrate del Grand Tour, come Venezia, Firenze, Roma, Napoli, nelle diverse declinazioni degli interpreti di punta del secondo Ottocento italiano, nonché di diversi artisti stranieri.

Franz Richard Unterbergher
Una giornata di sole a Venezia (part.) - s.d.

Il Bel Paese sarà poi raccontato, oltre che per l’intrinseco fascino degli scorci naturali, nella straordinaria, inconfondibile compenetrazione di natura e sedimento culturale, memorie storiche, anche attraverso immagini suggestive di tradizioni e costumi, grazie ad opere di figure come Michetti, Signorini, Lega, Morbelli, con rappresentazioni della vita quotidiana di una società ancora rurale ma che lentamente si avvia all’industrializzazione, con artisti quali Fattori, Cannicci, Cammarano, Boccioni, per citare solo pochi nomi. A dar lustro ai molteplici aspetti del nostro Paese non mancherà la caratterizzazione di personaggi di diversa condizione sociale offerta da Lega, Cremona, De Nittis, Boldini, Zandomeneghi. Quasi un album di famiglia di oltre un secolo fa a memoria di ’come eravamo’.

Umberto Bocccioni
Donna in giardino (part.) - 1910

In questo anche la ricca sezione dedicata alla fotografia, praticamente dagli esordi alla sua progressiva affermazione, avrà una parte molto importante, con alcuni dei suoi storici pionieri.
La parte conclusiva sarà poi una sintesi di queste diverse sezioni, con opere realizzate tra il primo e il secondo decennio del ’900, che documentano le premesse divisioniste chiaramente innestate in un clima europeo, e l’avvento del Futurismo, l’avanguardia guidata da Filippo Tommaso Marinetti, con artisti quali Boccioni, Balla, Depero, Carrà, Russolo, decisi a spazzare via ogni residuo della cultura e della sensibilità ottocentesche, prima della Grande Guerra, vero spartiacque tra i due secoli.

Mosè Bianchi
Invito alla danza (part.)- 1870

domenica 10 maggio 2015

Festa della Mamma




In questo giorno dedicato alla mamma:

un affettuoso pensiero augurale a tutte le Mamme che stanno accompagnando i loro figli lungo il cammino della vita e a tutte le Mamme che ancora continuano a proteggerli dal Cielo;

auguri di grande felicità alla dolce fanciulla, Mammina ancora in boccio, che sta per rendermi nonna;

grande rimpianto e amore infinito per la mia Mamma, il cui ricordo indelebile sempre mi accompagna.

lunedì 4 maggio 2015

Hanno detto: sul lavoro

Nella Costituzione della Repubblica Italiana all'art. 1 così è stabilito:
 "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro."
e all'art. 4 ancora si ribadisce:
"La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto."

Non sembra anche a voi che i tanti, troppi, disoccupati italiani abbiano tutte le ragioni per sentirsi presi per i fondelli?



Sul tema del lavoro, tasto molto dolente in questi tempi di crisi, vi propongo una serie di citazioni, fra il serio e il faceto, di alcuni illustri personggi.

✿ Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero.
(Aristotele)

✿ Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita.
(Confucio)

✿ Il lavoro allontana tre grandi mali: la noia, il vizio ed il bisogno.
(Voltaire)

✿ In fin dei conti il lavoro è ancora il mezzo migliore di far passare la vita.
(Gustave Flaubert)

✿ Il lavoro è il rifugio di quelli che non hanno nient'altro di meglio da fare.
(Oscar Wilde)

✿ Il lavoro consiste in qualsiasi cosa una persona sia costretta a fare, mentre il gioco consiste in qualsiasi cosa quella stessa persona non sia affatto costretta a fare.
(Mark Twain)

✿ Il lavoro non mi piace, non piace a nessuno, ma a me piace quello che c'è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi.
(Joseph Conrad)

✿ Mi piace il lavoro, mi affascina completamente. Potrei rimanere seduto per ore a guardare qualcuno che lavora.
(Jerome K. Jerome)

✿ E' impossibile godere appieno dell'ozio  se non si ha un sacco di lavoro da fare.
(Jerome K. Jerome)

✿ Il lavoro d'equipe è essenziale. Ti permette di dare la colpa a qualcun altro.
(Arthur Bloch)


venerdì 1 maggio 2015

Il mio papà e il 1° Maggio


Tutti gli anni, nei giorni intorno al 25 Aprile e al 1° Maggio mi torna in mente, ancora più intenso, il ricordo di mio padre, per il quale queste ricorrenze civili avevano una particolare valenza, in ricordo delle sue lotte di gioventù.
Scendeva al mattino sbarbato di fresco e profumato di lozione dopobarba. Aveva indossato l'abito buono, con i pantaloni ben in piega, la camicia bianca, giacca e cravatta, scarpe ben lucidate e cappello.
Com'era bello il mio papà, così vestito a festa! E com'era orgoglioso, consapevole di aver contribuito anche lui, nel suo piccolo,  al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.
Andava in piazza, dove si teneva la manifestazione celebrativa e quando tornava per il pranzo, immancabile gli spiccava all'occhiello della giacca un garofano rosso.

Un garofano rosso che ho voluto mettergli all'occhiello anche dopo che, vestito a festa, era stato deposto nella bara.

Mi manca tanto il mio papà, solo mi conforta il fatto che gli è stata risparmiata la mortificazione di vedere i suoi ideali così sminuiti e calpestati dai nostri governanti di oggi (e non faccio distinzione di fazione politica).
Non posso pensare quanto sarebbe frustrato oggi, lui che, credendoci, aveva lottato per il diritto al lavoro e per la rivendicazione di migliori condizioni per i lavoratori, sopportando per gli scioperi la decurtazione del suo già magro salario e sfidando le cariche e i manganelli della "celere" dell'allora ministro Scelba.

Al mio papà e ai suoi compagni di lotta che ci avevano davvero creduto, va un pensiero riconoscente per quanto erano riusciti ad ottenere in favore dei lavoratori e che noi, loro figli e nipoti, ci siamo ignominiosamente lasciati scippare.


sabato 25 aprile 2015

25 aprile 1945-2015


E' meglio la peggiore delle democrazie
della migliore di tutte le dittature.

(Sandro Pertini - Presidente della Repubblica)


Non dovremmo mai dimenticare che se da 70 anni viviamo nella democrazia lo dobbiamo agli uomini e alle donne che hanno lottato, sacrificando anche la loro vita, per liberare l'Italia dal nazifascismo, senza dimenticare anche i tanti uomini delle Forze Armate Alleate venuti a combattere in una terra straniera, che un così importante ruolo hanno avuto nella liberazione del nostro Paese.

Un anniversario, quello del 25 aprile che, a mio parere,  gli italiani hanno ancora e sempre il sacrosanto dovere di celebrare con rispetto e gratitudine.

E mi ferisce profondamente constatare come questa data, che fu così significativa per le sorti dell'Italia, stia diventando sempre più priva di importanza per le nuove generazioni che non hanno vissuto quella iniqua guerra. Forse perché quella libertà costata tanto sangue, la maggior parte degli italiani di oggi se la sono vista servita su un piatto d'argento e non hanno dovuto conquistarsela a caro prezzo...

venerdì 24 aprile 2015

Un poeta da ricordare: Salvatore Quasimodo



Un poeta da ricordare:

Salvatore Quasimodo


Modica (Ragusa), 20 agosto 1901 
Napoli, 14 giugno 1968


Una poesia da non dimenticare:

Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.


Claude Monet 
 "Salice piangente" (1918)






domenica 19 aprile 2015

Sposa d'aprile



Giovinezza e speranza ci accompagnavano mentre varcavamo la soglia della chiesa, in quel lontano giorno d'aprile.
I giorni, i mesi, gli anni, sono silenziosamente scivolati nella clessidra del tempo accumulando dietro di noi un prezioso bagaglio di 45 anni di vita insieme.
E se la giovinezza ormai se n'è andata da tempo, la speranza ci ha sempre sostenuti, aiutandoci ad apprezzare le gioie della famiglia e ad affrontare le avversità che inevitabilmente si incontrano nella vita.
Oggi, festeggiando 45 anni di vita coniugale, possiamo dirci orgogliosi della buona armonia che abbiamo saputo costruire intorno ai nostri figli e nella nostra famiglia. Frutto di fortuna, certamente, ma anche di grande impegno e buona volontà.
Ora che abbiamo felicemente raggiunto il traguardo delle nozze di rubino la nostra speranza, quella speranza che mai ci ha abbandonato, è di poter superare anche quello delle nozze d'oro, o comunque di continuare ancora, fianco a fianco, il nostro percorso fino alla fine della nostra strada.
Al compagno di tutta la mia vita dedico questi versi:

FUOCHI D’AMORE

Una tranquilla insenatura
accogliente e sicura
è il cavo delle tue braccia
cui sempre volge
la prua della mia vita
guidata dal bagliore
dei falò che sulla riva
accendesti per me.

Ed è verso quei fuochi
che alimenti nel tempo
con dedizione e amore
che la mia rotta traccio
verso l’approdo sicuro
del tuo tenero abbraccio.


© Carla Castellani
(Krilù)

martedì 31 marzo 2015

Mostra: "Boldini. Lo spettacolo della modernità" - Forlì

Boldini. Lo spettacolo della modernità.

Sede: Musei San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro - Forlì


Periodo: dal 1 febbraio al 14 giugno 2015

La dame de Biarritz (1912)
olio su tela

La rassegna vuole essere una rivisitazione dell’opera di Giovanni Boldini ( Ferrara 1842- Parigi 1931), pittore ferrarese assai noto che visse a Parigi per 50 anni.


"Ritratto di M.me Charles Max" (circa 1896)
olio su tela


La scelta delle opere – circa 200 – spazia dal ciclo di dipinti murali realizzati per la Villa “Falconiera” di Collegigliato, raffiguranti marine e scene di vita agreste, fino ai ritratti, soprattutto femminili, e le scene di vita mondana, tipici della capitale francese. Tra questi, 20 inediti cui si affiancheranno opere degli artisti con cui l'artista venne a contatto, come Francisco Goya.


"Giovani donne sedute" (1904) 
olio su tavola

Le prime sezioni, nelle sequenza delle sale al piano terra, saranno dedicate all'immagine dell’artista rievocata attraverso autoritratti e ritratti; alla biografia per immagini (persone e luoghi frequentati); all’atelier; alla grafica; così rivelatrice della sua incessante creatività.

"Autoritratto a Montorsoli (1892)
olio su tela

Le sezioni successive, al primo piano, dopo il ciclo della “Falconiera”, ripercorreranno attraverso i ritratti di amici e collezionisti la grande stagione macchiaiola.
Seguirà la prima fase successiva al definitivo trasferimento a Parigi, caratterizzata dalla produzione degli splendidi paesaggi e di dipinti di piccolo formato con scene di genere, legata al rapporto privilegiato con il celebre e potente mercante Goupil.


"Ritratto di Marthe Regnier" (1905)
olio su tela

Avranno subito dopo un grande rilievo, anche per la possibilità di proporre confronti con gli altri italiani attivi a Parigi, come De Nittis, Corcos, De Tivoli e Zandomenenghi, le scene di vita moderna, esterni ed interni, dove Boldini si afferma come uno dei maggiori interpreti della metropoli francese negli anni della sua inarrestabile ascesa come capitale mondiale dell’ arte, della cultura e della mondanità.


"Ritratto di Diego Martelli" (1865 ca.)
olio su tela

Seguono infine le sezioni dedicate alla grande ritrattistica che lo vedono diventare il protagonista in un genere, quello del ritratto mondano, destinato ad una straordinaria fortuna internazionale. A questo proposito costituisce una novità la possibilità di accostare per la prima volta ai suoi dipinti le sculture di Paolo Troubetzkoy in un confronto interessante sia sul piano iconografico che formale.


"Conversazione al caffè" (circa 1879)
olio su tavola

"Ritratto di Elisabeth Drexel Lehr"  (1905)
olio su tela