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martedì 26 febbraio 2013

Proverbi e modi di dire in dialetto romagnolo sulle città di Romagna

E' da un bel po' che non vi propongo proverbi o modi di dire in dialetto romagnolo che, se ben rammento, qualcuno pur non comprendendo il mio dialetto, seguiva con interesse.



La caveja e il galletto
simboli di Romagna


Stavolta ho pensato di presentarvi alcuni detti popolari che hanno la pretesa di illustrare le caratteristiche di alcune cittadine e paesi della Romagna e dei loro abitanti.
Naturalmente non mancherà la relativa traduzione in italiano e, ove io sappia o possa interpretarli, anche i possibili motivi, risalenti a chissà quale remota origine, da cui è scaturito il detto.

✿ Rèmin da navighê, Cisena da cantê, Furlé da balê, Ravèna da magnê, Lug da imbrujê, Fenza da lavurê, Jémula ... da fê l'amor.

Rimini da navigare. Cesena da cantare, Forlì da ballare, Ravenna da mangiare, Lugo da imbrogliare, Faenza da lavorare, Imola ... da fare l'amore.

(Non so da dove siano scaturite le peculiarità attribuite a queste cittadine romagnole; posso solo ipotizzare Rimini perché è sul mare e Lugo quale sede di uno dei più importanti mercati della Romagna).


✿ Lugh purzìl, Bagnacaval zintìl, Fenza una bela piaza, Furlé la pasa.

Lugo, porcile, Bagnacavallo gentile, Faenza una bella piazza, Forlì la sorpassa.

(Anche in questo caso non ho trovato l'origine di tali affermazioni).


✿ A e' Mont ad Sân Maren tot i sem i löza ben.

Al Monte di San Marino tutti gli sciami alloggiano bene.

(Evidentemente a San Marino vi erano numerosi apicoltori).


✿ Uriôl l'e luminê par la gran zet c'u j va d'istê. Uriôl l'e luminê par la gran zet che a be agli acv la j va.

Riolo è rinomato per la gran gente che ci va d'estate. Riolo è rinomato per la gran gente che va a bere le acque.

(Riolo Terme è una frequentata stazione termale posta sulle colline in provincia di Ravenna).


✿ Andê dentr 'a Bagnêra u n' s' pò sbagljê parché u j è sol una pôrta da entrê.

Ad andare dentro Bagnara non ci si può sbagliare perché c'è solo una porta per entrare.

(Bagnara di Romagna è una cittadina sita in Provincia di Ravenna, nella cui cinta muraria medievale si apriva una sola porta).


✿ Cudgnôla l' è zitê, mo Lugh l'è un tètul ch' i n' a gli a dê.

Cotignola è città, ma Lugo è un titolo che non ha avuto.

(Anche Lugo, ebbe successivamente il titolo di città da Papa Pio VII nel 1817).


✿ Cudgnôla e Milân i magneva tot d'un pân.

Cotignola e Milano mangiavano lo stesso pane.

(Perché entrambe erano sotto la Signoria degli Sforza).


✿ Cudgnôla l'ha e' lion cun la mela cudogna stra a j ungiòn.

Cotignola ha il leone con la mela cotogna fra gli unghioni.

(Nello stemma di Cotignola è raffigurato un leone con una mela cotogna, simbolo della città).


✿ Ros l'è putent, l'a de côr tota la zent, un brot sguêrd s' a j dasì cvì d' Ros in trema mì.

Russi è potente, ha coraggio tutta la gente, un brutto sguardo se gli date quelli di Russi non tremano mica.

(Non so dirvi da cosa derivi questa nomea di gente coraggiosa attribuita ai russiani).


✿ Slarôl l' a una cativa s-ciata par pôc cvel i v' amaza, j è cativ cun al parôl, par pôc cvel i v' fres e' côr.

Solarolo ha una cattiva schiatta, per poco vi ammazzano, sono cattivi con le parole e per poca cosa vi feriscono il cuore.

(Non so il motivo per cui i solarolesi fossero considerati gente cattiva).




domenica 24 febbraio 2013

Il passero ferito

Chiedo preventivamente scusa a chi dovesse sentirsi urtato da questa irriverente ma simpatica poesiola comunemente attribuita al poeta romano Trilussa, ma che risulta essere invece la traduzione in italiano di una poesia scritta in dialetto romanesco dal meno noto poeta Natale Polci.
I versi delle ultime due sestine, (che compaiono anche in molti testi in circolazione su Internet), pare non siano stati scritti da Natale Polci ma aggiunti da un autore anonimo.




IL PASSERO FERITO

Era d'agosto. Un povero uccelletto
ferito dalla fionda di un maschietto
andò, per riposare l'ala offesa
sulla finestra aperta di una chiesa.

Dalle tendine del confessionale
il parroco intravide l'animale
ma, pressato da molti peccatori
che pentirsi dovean dei loro errori
rinchiuse le tendine immantinente
e si rimise a confessar la gente.

Mentre in ginocchio oppur stando a sedere
diceva ogni fedele le preghiere,
una donna, notato l'uccelletto,
lo prese, e al caldo se lo mise in petto.

Ad un tratto improvviso un cinguettio
ruppe il silenzio: cìo, cìo, cìo, cìo.

Rise qualcuno, e il prete, a quel rumore
il ruolo abbandonò di confessore;
scuro nel volto, peggio della pece
s'arrampicò sul pulpito, poi fece:
"Fratelli, chi ha l'uccello, per favore
vada fuori dal tempio del Signore".

I maschi, un po' stupiti a tali parole,
lesti s'accinsero ad alzar le suole,
ma il prete a quell'errore madornale,
"Fermi, gridò, mi sono espresso male!
Rientrate tutti e statemi a sentire:
sol chi ha preso l'uccello deve uscire!"

A testa bassa, la corona in mano,
cento donne s'alzaron piano piano
Ma, mentre se n'andavano di fuora
il prete rigridò: "Sbagliato ho ancora;
rientrate tutte quante, figlie amate,
che io non volevo dir quel che pensate!"

Poi riprese; "Già dissi e torno a dire
che chi ha preso l'uccello deve uscire.
Ma mi rivolgo, a voce chiara e tesa,
soltanto a chi l'uccello ha preso in chiesa!"

A tali detti, nello stesso istante,
le monache s'alzaron tutte quante;
quindi col viso pieno di rossore
lasciarono la casa del Signore.

(Natale Polci)

"Oh Santa Vergine! - esclamò il buon prete -
Sorelle orsù rientrate e state quiete,
poiché voglio concludere, o signori,
la serie degli equivoci ed errori;
perciò, senza rumori, piano piano,
esca soltanto chi ha l'uccello in mano".

Una fanciulla con il fidanzato,
ch'eran nascosti in un angolo appartato
dentro una cappelletta laterale,
poco mancò che si sentisser male.
Quindi lei sussurrò col viso smorto
"che ti dicevo, hai visto? Se n'è accorto!".

(aggiunta di anonimo)



venerdì 22 febbraio 2013

Sachertorte

Questa settimana abbiamo festeggiato il compleanno di mio figlio, ed è ormai consolidata tradizione, fin da quando era bambino,  che le candeline siano piazzate sulla Sachertorte che gli prepara la sua mamma.
Purtroppo in occasione dei suoi ultimi due compleanni ero talmente fuori uso che abbiamo dovuto ripiegare su una torta di pasticceria ma lui dice: "come la tua, nessuna",  così quest'anno, nonostante il persistere di qualche mia difficoltà, non ho voluto deludere le  aspettative ed eccomi alle prese con la sua amatissima torta di compleanno.



(Preciso che questa ricetta deriva da un vecchio ricettario della ditta Bertolini:)


Ingredienti:

Per la pasta:
250 g. di farina 00
300 g. di zucchero
4 uova
7 cucchiai d'olio (io uso olio di semi di mais)
7 cucchiai di latte
g. 50 di cacao in polvere
g. 200 di cioccolato fondente
una bustina di lievito vanigliato
un pizzico di sale

Per farcire:
g 400 di confettura di albicocche

Per la copertura:
200 g. di cioccolato fondente
80 g. di burro
100 g. di panna da montare


Pasta:
In una terrina sbattere i tuorli con lo zucchero e aggiungere il cioccolato fatto fondere a bagnomaria. Aggiungere la farina setacciata mescolata con il cacao in polvere e con il lievito, alternandola con il latte e con l'olio e mescolare con cura.
Per ultimo incorporare le chiare montate a neve ben ferma (un pizzico di sale aggiunto alle chiare favorisce l'operazione).


Travasare l'impasto in uno stampo rotondo a cerniera (da 26 cm), imburrato e spolverizzato di pangrattato, e passarlo in forno già caldo (180°) per circa 45-50 minuti.

Farcitura:
Lasciare raffreddare la torta poi tagliarla orizzontalmente, ottenendo due dischi uguali. Spalmare sul disco inferiore la confettura (in precedenza lavorata con una forchetta per sciogliere eventuali grumi e renderla più omogenea) e ricoprire con il secondo disco.

Copertura:
Tagliare a schegge il cioccolato fondente, unire il burro tagliato a pezzetti e la panna liquida e, mescolando bene, fare sciogliere il tutto a bagnomaria.

Versare il composto sulla superficie della torta e, con l'aiuto di una spatola, stenderla in modo uniforme, coprendo anche i bordi.
A  piacere si può servire con panna montata.




mercoledì 20 febbraio 2013

Filastrocche e acquerelli: Il fuoco del camino

Ognuno dei dodici acquerelli, che mese per mese, da gennaio a dicembre, mi sono ripromessa QUI di presentarvi insieme alle mie filastrocche, rappresentano una caratteristica peculiare di ogni mese dell'anno che per FEBBRAIO è:


IL FUOCO DEL CAMINO

Ipnotica la fiamma nel camino
ridesta i tuoi ricordi di bambino:
scompare l’elegante caminetto
e ti rivedi sopra quel panchetto
mentre la nonna con accenti sinceri
narra fiabe di dame e cavalieri
sferruzzando veloce accanto al fuoco
e il ciocco si consuma poco a poco.
Sere d’inverno di quand’eri piccino
riuniti intorno al fuoco del camino …
ora le ricordi come fosse ieri,
quelle storie di dame e cavalieri.


© Carla Castellani
(Krilù)







IL FUOCO DEL CAMINO

Acquerello della pittrice naif
Mariarita Brunazzi

lunedì 18 febbraio 2013

Ciao Faber




Se non se ne fosse andato così precocemente, oggi Fabrizio De André avrebbe compiuto 73 anni e chissà quante storie avrebbe ancora potuto raccontarci, con la sua chitarra e la sua voce tenera, calda e profonda.

Mi sembra doveroso ricordare qui un poeta, perché Faber non era solo uno fra i più conosciuti ed amati cantautori italiani di sempre, sicuramente uno fra i più importanti, ma è stato anche e soprattutto un poeta, che con i suoi testi e la sua musica ha dato voce agli umili, ai diseredati, agli emarginati.

Io ho amato da subito tutto il suo repertorio e so che anche fra i miei lettori ci sono tanti suoi estimatori che, come me, oggi gli dedicheranno un affettuoso pensiero, ricordandolo con amore e rimpianto.

E con amore e rimpianto voglio riportare qui alcune strofe (troppo poche) tratte da sue indimenticabili canzoni.

"Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita / debba in qualche modo incominciare una chitarra."
(da Amico fragile, 1974)

"Passa il tempo sopra il tempo / ma non devi aver paura / sembra correre come il vento / però il tempo non ha premura"
(da La stagione del tuo amore, 1967)

"Ama e ridi se amor risponde / piangi forte se non ti sente / dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior"
(da Via del Campo, 1967)

"Si sa che la gente dà buoni consigli / sentendosi come Gesù nel Tempio / si sa che la gente dà buoni consigli / se non può più dare cattivo esempio"
(da Bocca di rosa, 1967)

"Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so / lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori che non ho"
(da Primo intermezzo, 1968)

"Ma adesso che viene la sera e il buio / mi toglie il dolore dagli occhi / e scivola il Sole aldilà delle dune / a violentare altre notti"
(da Il testamento di Tito, 1970)

"Io mi dico è stato meglio lasciarci / che non esserci mai incontrati"
(da Giugno 73, 1975)

"Notte sola, sola come il mio fuoco / piega la testa sul mio cuore e spegnilo poco a poco"
(da Canto del servo pastore, 1981)

"Chiusi gli occhi per tre volte / mi ritrovai ancora lì / chiesi a mio nonno è solo un sogno / mio nonno disse sì"
(da Fiume Sand Creek, 1981)

"Luce luce lontana / più bassa delle stelle / sarà la stessa mano / che ti accende e ti spegne"
(da Ho visto Nina volare, 1996)

"E l'amore ha l'amore come solo argomento / e il tumulto del cielo ha sbagliato momento"
(da Dolcenera, 1996)

✿ ღ♥ ♥ღ ✿

domenica 17 febbraio 2013

Festa del gatto

Ricorre oggi, 17 febbraio, la Festa Nazionale del Gatto.
L'idea di una giornata dedicata al gatto si deve alla giornalista gattofila Claudia Angeletti che nel 1990 propose un referendum tra i lettori della rivista "Tuttogatto" per la scelta di una data da dedicare a questi affascinanti animali spesso bistrattati.



La proposta prescelta fu così motivata:
* Febbraio è il mese del segno zodiacale dell’Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come quelli dei gatti che non amano sentirsi oppressi da troppe regole.
* Tra i detti popolari febbraio veniva definito “il mese dei gatti e delle streghe” collegando in tal modo gatti e magia.
* Il numero 17, nella nostra tradizione è sempre stato ritenuto un numero portatore di sventura, stessa fama che, in tempi passarti, è stata riservata al gatto.
* La sinistra fama del 17 è determinata dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in “VIXI” ovvero “sono vissuto”, di conseguenza “sono morto”. Non così per il gatto che, per leggenda, può affermare di essere vissuto vantando la possibilità di altre vite.
* Il 17 diventa quindi “1 vita per 7 volte”!

(Queste notizie le ho tratte da Wikipedia)




In molte città d'Italia si festeggia questa giornata con iniziative artistiche o di solidarietà a sostegno delle attività delle numerose associazioni che si occupano dei gatti abbandonati.


venerdì 15 febbraio 2013

Foto d'autore:Gianni Berengo Gardin

"Semplicemente un testimone della mia epoca" così si definisce Gianni Berengo Gardin, una delle figure più eminenti del fotogiornalismo italiano.
Il Maestro, che è nato a Santa Margherita Ligure nel 1930, ha osservato l'Italia cambiare sotto i suoi occhi ed ha testimoniato il mutare di luoghi e persone, dagli anni '50 ad oggi, in migliaia di scatti che sono il resoconto fedele di un Paese in continua evoluzione.
 La sua predilezione per il bianco e nero deriva dalla sua formazione bressoniana e le sue splendide immagini fanno parte delle più prestigiose collezioni di Musei come il Museum of Modern Art di New York.

La mostra antologica del Maestro, aperta fino al 12 maggio 2013 alla Casa dei Tre Oci di Venezia, sua città d'adozione, offre un grande affresco narrativo in 130 immagini: Venezia, Milano, New York, Vienna, la Gran Bretagna, l'Italia percorsa alla ricerca dei luoghi della nostra memoria; ma anche la passione per le strade, la gente qualunque incontrata per caso, i sorprendenti abbracci rubati al quotidiano.

Essendo appena trascorso il giorno di San Valentino anche quest'anno (dopo Cartier-Bresson e Doisneau) ho voluto scegliere alcune immagini rappresentative dell'amore nelle sue varie sfaccettature fra le opere di questo grande maestro della fotografia. .



Paris (1954)


Venezia  (1958)


Venezia Piazza San Marco (1959)


Milano


Gran Bretagna (1977)


Venezia (1960)

giovedì 14 febbraio 2013

14 Febbraio: San Valentino

Un dolcissimo San Valentino
a chi ha amore nel cuore






mercoledì 13 febbraio 2013

No al codice CAPTCHA





 Cos'è il codice CAPTCHA?

Così viene definito da Wikipedia:
Con l'acronimo inglese CAPTCHA si denota nell'ambito dell'informatica un test fatto di una o più domande e risposte per determinare se l'utente sia un umano (e non un computer o, più precisamente, un bot). L'acronimo deriva dall'inglese "completely automated public Turing test to tell computers and humans apart" (Test di Turing pubblico e completamente automatico per distinguere computer e umani).
Un test CAPTCHA tipicamente utilizzato è quello in cui si richiede all'utente di scrivere quali siano le lettere o numeri presenti in una sequenza di lettere o numeri che appaiono distorti o offuscati sullo schermo.

Io lo definirei semplicemente una grossa rottura di scatole e quindi un  notevole deterrente per chi volesse commentare i nostri post. E' vero che spesso i nostri blog sono bersaglio degli spammer, ma la piattaforma Blogger ha un ottimo filtro antispam che di solito  non li fa passare. Se poi ci capitasse di ritrovarci il commento di uno spammer possiamo sempre eliminarlo. No?

Pertanto,esortando i bloggers che ancora non hanno eliminato il codice CAPTCHA dai loro blog ad abolirlo sollecitamente, anch'io aderisco al NO CAPTCHA DAY promosso da Il blog dell'Alligatore.


domenica 10 febbraio 2013

Art Journal Pages - gennaio

Leggendo questo post sul blog di Ninfa, mi sono fatta prendere. Allora sono andata a sbirciare anche qui sul blog di Monica ed ho azzardato che forse potevo provarci anch'io, pur se sono lontanissima dall'avere tendenze artistico-pittoriche.
Monica mi ha spiegato che non occorre avere particolari qualità artistiche per tenere una specie di diario illustrato e che va bene tutto, perché non ci sono regole.

Allora ho acquistato un maxi-quaderno a quadretti e quando mi sono trovata davanti alle pagine bianche mi è accaduto come quando ho aperto il blog: è adesso che cavolo ci metto?



Sono partita da una casetta col tetto coperto di neve (per fare la neve ho ritagliato della carta adesiva bianca che ho disposto anche lungo tutto il bordo inferiore) dal cui camino esce fumo a formare la scritta del mese/anno. Si è mai visto del fumo così azzurro? Avete ragione ma avevo provato col grigio ed era davvero molto triste.



Poi, armata di matita, biro rossa e nera e pastelli, che sono gli unici colori di cui dispongo, un giorno dopo l'altro ho inserito qualche disegnino, ahimè molto infantile, (ma lo avevo premesso che non so disegnare) e qualche sintetica frasetta, (lo spazio disponibile non è molto dovendo concentrare 31 giorni su due facciate.



Col trascorrere dei giorni, mi sono anche pentita più volte di aver preso con me stessa questo impegno, anche perché facendo una vita molto sedentaria non ho episodi memorabili da ricordare, ma siccome da bravo Capricorno sono cocciuta, ho tirato ad arrivare in fondo al mese.



Adesso che è terminato dovrei mostrarlo a Monica, che raccoglie i lavori delle aderenti, ma dopo aver visto il Calendar Journal Pages di gennaio realizzato da Ninfa e Monica, ho guardato il mio "compitino delle elementari" con occhio ancora più critico e ho deciso che non era proprio il caso di mostrarlo a chicchessia.



Alla fine, sollecitata da alcune "spintarelle" d'incoraggiamento, mi sono convinta a tirarlo fuori dal cassetto dove lo avevo confinato. Dopo tutto l'ho realizzato e quindi eccolo qua, i mio... "capolavoro", che accanto a quello di Ninfa, di Monica e delle altre, fa davvero una figura barbina. E se lo dico è perché lo penso davvero.

? ? ?

Intanto sono già passati i primi dieci giorni di febbraio e ancora non ho progettato la nuova pagina perché nutro seri dubbi sulla opportunità di proseguire in questo "giochino" che però, vi assicuro, è divertente. Lo farò? Boh ... si vedrà....

giovedì 7 febbraio 2013

Mostra: Borderline Artisti tra normalità e follia - Ravenna



BORDERLINE
Artisti tra normalità e follia
da Bosch all'Art Brut da Ligabue a Basquiat

Sede: MAR Museo d'Arte della città di Ravenna
Ravenna - Via di Roma, 13

Periodo: dal 17 febbraio al 16 giugno 2013



Nella cultura europea del XX secolo diversi protagonisti delle avanguardie e molti psichiatri  guardarono sotto una nuova luce le esperienze artistiche nate nei luoghi di cura per malati mentali.
Nel 1912 Paul Klee, in occasione della prima mostra del movimento artistico del Blaue Reiter aveva individuato nelle culture primitive, nei disegni infantili e in quelli dei malati mentali le fonti dell'attività creativa.
Nel 1945 Jean Dubuffet conia la nozione di Art Brut, avviando così una nuova epoca di ricerche in questo campo disciplinare.
Oggi il termine Borderline individua una condizione critica della modernità, antropologica prima ancora che clinica e culturale.
In questo senso la mostra, curata da Claudio Spadoni, direttore scientifico del MAR e da Giorgio Bedoni, psichiatra e psicoterapeuta,  intende esplorare gli incerti confini dell'esperienza artistica al di là di categorie stabilite nel corso del XX secolo, individuando così un'area della creatività dai confini mobili, dove trovano espressione artisti ufficiali ma anche quegli autori ritenuti "folli", "alienati".


Antonio Ligabue
Leopardo assalito dal serpente


Dopo un'ampia INTRODUZIONE INTROSPETTIVA, con opere di Bosch, Bruegel, Géricault e Goya, l'esposizione sarà organizzata per sezioni tematiche. Le creazioni di Art Brut saranno comunque una presenza costante nel percorso della mostra.

Nella sezione IL DISAGIO DELLA REALTA' verranno presentate importanti opere di artisti del calibro di Dubuffet, Tancredi, Wols, Appel, Jorn affiancate ai lavori di artisti dell'Art Brut, outsider della scena artistica per stabilire confronti sull'ambiguo confine tra la creatività degli alienati e il disagio espresso dall'arte ufficiale dell'ultimo secolo.


Salvador Dalì
Mostro molle in un paesaggio angelico


IL DISAGIO DEL CORPO proporrà una serie di lavori dove è protagonista il corpo, che diviene estensione della superficie pittorica e tavolta opera stessa nelle sue più sorprendenti trasformazioni come ad esempio nelle opere di Basquiat, Moreni, Zinelli, Rainer, Baj e Masson.

All'interno di RITRATTI DELL'ANIMA ampio spazio verrà dedicato al ritratto e soprattutto all'autoritratto, una delle forme di autoanalisi inconsapevole più frequente nei pazienti delle case di cura con opere di Kubin, Ligabue, Moreni, Sandri, Viani.


Sandra Tomboloni
Stanza dei bambini

La mostra proseguirà con una sezione dedicata alla scultura, LA TERZA DIMENSIONE DEL MONDO, con spettacolari sculture Art Brut, inediti di Gervasi e grandi manufatti di arte primitiva.

Infine nella sezione IL SOGNO RIVELA LA NATURA DELLE COSE, verrà definito l'onirico come fantasma del Borderline attraverso una selezione di opere di surrealisti come Dalì, Ernst, Mason, Brauner e dipinti di Klee, grande estimatore dell'arte infantile e degli alienati.


Paul Klee
Espressioni di un volto


lunedì 4 febbraio 2013

Krilù dall' A alla Z


In questo post vi presento un gioco che vorrei proporre a tutte/tutti voi.
Non si vince nulla e non si conquista nessun award ma può essere lo spunto per un post in un momento in cui siete un po' a corto di idee e nel contempo può servire a farvi meglio conoscere dai blogger con cui  quotidianamente interagite.

Si tratta semplicemente, per ogni lettera dell'alfabeto, di scegliere la parola più rappresentativa del vostro modo di essere e di spiegare brevemente il motivo della scelta.
Proprio così come ho fatto io.

A come AMICIZIA
un termine abusato ma quando è amicizia vera è un sentimento raro e prezioso.

B come BOSCO
un luogo dove trovo tanta serenità e dove mi rigenero.

C come CAFFE’
che deve essere caldo, forte e senza zucchero.

D come DOLCEZZA
una qualità che tutti mi hanno sempre attribuito, non so se a torto o a ragione.

E come ENIGMISTICA
uno dei miei hobby più amati e praticati: una palestra per mantenere in allenamento la mente.

F come FAMIGLIA
l’elemento più importante della mia vita.

G come GATTO
L’animale che preferisco fra tutti.

H come HOTEL
un luogo dove non mi piace stare.

I come INTERNET
che mi fa compagnia e dove ho fatto simpatiche conoscenze, non solo virtuali.

J come JULIE
la mia simpatica e graziosa vicina americana.

K come KRILU’
l’affettuoso nomignolo con cui mi chiamano alcuni amici, e che ho scelto come nickname.

L come LIBRI
il mio patrimonio più prezioso.

M come MONTAGNA
Il luogo del cuore, simbolo d’immensità, inno al Creatore.

N come NATURA
l’artista più sorprendente ed eclettico.

O come OROLOGIO
tangibile testimonianza della mia maniacale puntualità.

P come POESIA
la musica delle parole.

Q come QUADERNI
quelli dei miei figli che ho religiosamente conservato. Rileggere i loro pensierini di bimbi è come ritrovare un pezzo della nostra vita passata.

R come RICORDI
belli, tristi, gioiosi, drammatici, ma tutti da custodire gelosamente, perché rappresentano il sunto di una intera esistenza.

S come SPERANZA
che anche nei momenti più bui non deve mai mancare, perché aiuta a sopravvivere.

T come TAVOLA
meglio se imbandita: tipico luogo di socializzazione e gratificazione.

U come UMILTA’
qualità assai poco diffusa.

V come VECCHIONI
Roberto Vecchioni, il mio cantante preferito, da sempre.

W come WISTERIA
nome botanico del glicine, pianta che certamente non mancherebbe nel mio giardino, se solo ne avessi uno.

X come XENOFOBIA
un sentimento del tutto estraneo alla mia indole.

Y come YOGURT
insieme al caffè è l’elemento base della mia prima colazione.

Z come ZUCCHERO
indispensabile ingrediente di torte e dolciumi, di cui sono golosissima.





venerdì 1 febbraio 2013

Scroccadenti

Quando non c'era tanta disponibilità, come c'è adesso, di libri, riviste, blog, trasmissioni televisive, aventi come argomento la cucina, ci si affidava prevalentemente alle  ricette della tradizione, tramandate da madre in figlia oppure a ricette scambiate tra amiche o vicine di casa.

Ricordo che quand'ero bambina ed abitavo in campagna i dolci erano appannaggio esclusivo delle festività solenni o di speciali ricorrenze legate alla stagionalità, ed erano sempre gli stessi tipi di dolci che si alternavano sulla tavola.
Sconosciuti, almeno a casa mia, erano panettoni, pandori o colombe pasquali, che lasciavano il passo alle fragranze che scaturivano dalle cucine surriscaldate dove le "azdore" con le maniche arrotolate sopra i gomiti e un grembiale bianco immacolato si affannavano fra il tagliere e il forno della cucina a legna, assediate dai bambini di casa che cercavano di carpire almeno un pezzettino di impasto crudo.

A me piace molto preparare dolci e torte, sperimentando tante nuove ricette, ma durante le festività testé trascorse ho voluto dedicarmi anche alla preparazione di uno dei tipici dolci che avevano rallegrato  la mia infanzia durante le feste: gli scroccadenti, che noi chiamavamo "al past sechi" (le paste secche).
Ho così riesumato il vecchio quaderno dove la mia mamma aveva annotato le sue ricette, più per trasmetterle a me che per sua necessità, dato che le eseguiva a memoria e ad occhio. Mai ho visto lei o le altre donne della mia famiglia usare una bilancia per misurare gli ingredienti, che risultavano comunque sempre perfettamente dosati:  "ci metto un po' di questo, un goccio di quello, una manciatina di quest'altro ..." diceva, e per fortuna che nel quaderno aveva indicato quasi per tutte le ricette le quantità in grammi e non a occhio ...!




Occorrente:

g. 500 di farina 00
g. 500 di zucchero
4 uova
g. 200 di mandorle (con la pellicina)
una bustina di lievito in polvere  per mezzo chilo


Preparazione:

Sul tagliere impastare farina, zucchero, lievito e uova e incorporarvi le mandorle tagliate a metà nel senso della lunghezza.



Dare all'impasto la forma  di due filoncini lunghi e stretti e disporli sulla teglia da forno ricoperta con un foglio di carta oleata.


Cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 30 minuti.


Togliere i filoncini dal forno, lasciando il forno acceso, e tagliarli a fettine. Spruzzare le fettine con alchermes, disporle sulla teglia da forno e infornare nuovamente per altri 10 minuti.



Questa la tradizionale ricetta di famiglia, ma in questo modo le fette ottenute risulteranno alquanto secche (non per nulla si chiamano "scroccadenti"). 

Volendo ottenere fettine più morbide (non tutti hanno ottime dentature), al momento di infornare per la seconda volta spegnere il forno e lasciarle dentro con lo sportello chiuso, finché il forno non si sarà raffreddato.