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mercoledì 17 febbraio 2016

Gatti, arte e poesia

Ormai c'è una "festa" per tutti e una "festa" per tutte le occasioni.
Oggi 17 Febbraio è la Giornata nazionale del gatto ed è a queste magiche bestiole, le mie predilette, che ho voluto dedicare questo post.


Henri Matisse
"Gatto e pesci rossi"

IL GATTO

Io mi auguro di avere in casa mia:
una donna provvista di prudenza,
un gatto a passeggio fra i libri,
e in tutte le stagioni amici
di cui non posso far senza.

(Guillaume Apollinaire)

Pablo Picasso
"Uccello ferito e gatto" (1938)


GATTO CHE GIOCHI PER VIA

Gatto che giochi per via
come se fosse il tuo letto,
invidio la sorte che è tua,
ché neppur sorte si chiama.
Buon servo di leggi fatali
che reggono i sassi e le genti,
hai istinti generali,
senti solo quel che senti;
sei felice perché sei come sei,
il tuo nulla è tutto tuo.
Io mi vedo e non mi ho,
mi conosco, e non sono io.

(Fernando Pessoa)


Paul Gauguin
"Fiori e gatti"


LE PETIT CHAT

È un gattino nero, sfrontato, oltre ogni dire.
Lo lascio spesso giocare sul mio tavolo.
A volte vi si siede senza far rumore,
Quasi un vivente fermacarte.

Gli occhi gialli e blu sono due agate.
A volte li socchiude, tirando su col naso,
si rovescia, si prende il muso tra le zampe,
pare una tigre distesa su di un fianco.

Ma eccolo ora -smessa l’indolenza-
inarcarsi - somiglia proprio a un manicotto;
e allora, per incuriosirlo, gli faccio oscillare davanti,
appeso a una cordicella, un mio turacciolo.

Fugge al galoppo, tutto spaventato,
poi ritorna, fissa il turacciolo, tiene un po'
sospesa in aria -ripiegata- la zampetta,
poi abbatte il turacciolo, l’afferra; lo morde.

Allora, senza ch’egli veda, tiro la cordicella,
e il turacciolo si allontana, e il gatto lo segue,
descrivendo dei cerchi con la zampa,
poi salta di lato, ritorna, fugge di nuovo.

Ma appena gli dico: -Devo lavorare,
vieni, siediti qua, da bravo!-
si siede-. E mentre scribacchio sento
che si lecca col suo lieve struscio molle.

(Edmond Rostand)



Mosaico (part.)  Casa del Fauno - Pompei
"Gatto che addenta una pernice" (circa 120-100 a.C.)



ODE AL GATTO

Gli animali furono imperfetti
lunghi di coda
plumbei di testa
piano piano si misero in ordine
divennero paesaggio
acquistarono nèi grazia volo
il gatto
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso
nacque completamente rifinito
cammina solo
e sa quello che vuole.

L'uomo
vuole essere pesce e uccello
il serpente vorrebbe avere ali
il cane è un leone spaesato
l'ingegnere vuol essere poeta
la mosca studia per rondine
il poeta
cerca di imitare la mosca
ma il gatto
vuol solo essere gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda
dal fiuto al topo vivo
dalla notte
fino ai suoi occhi d'oro.

Non c'è unità come la sua
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione
è una sola cosa
come il sole o il topazio
e l'elastica linea de suo corpo
salda e sottile
è come la linea della prua
di una nave
i suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi
le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz'orbe
conquistatore senza patria
minima tigre di salotto
nuziale sultano del cielo

(Pablo Neruda)



Pierre-August Renoir
"Bambina con gatto" (1887)


IL GATTO IN UN APPARTAMENTO VUOTO

Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c’era qualcuno, c’era,
e poi d’un tratto è scomparso,
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Cos’altro si può fare.
Aspettare e dormire.
Che provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all’inizio niente salti né squittii.

(Wisława Szymborska)


lunedì 15 febbraio 2016

Byzantina ars


Il ricamo bizantino o Byzantina Ars è un antico lavoro ad ago, giunto dall’Oriente, quando Ravenna era governata dagli Esarchi e questo ornamento era riservato al loro vestiario e a quello dei loro cortigiani.

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, questo tipo di ricamo fu usato solo per la confezione di vesti sacre, e a poco a poco le monache divennero le uniche depositare di questa tecnica.

Presso il Museo Nazionale di Ravenna sono esposti alcuni pezzi che risalgono al IX secolo.


Fu solo dopo la prima guerra mondiale che un gruppo di signore dell'Azione Cattolica, volendo aiutare le donne ravennati in un momento particolarmente difficile crearono in città una scuola di ricamo, che visse periodi di alterna fortuna, e si riscoprì così l’antico “lavoro ad ago” bizantino. Chiusa durante il secondo conflitto mondiale, fu poi di nuovo in funzione per opera della nota ricamatrice Pironi che aprì una frequentata scuola di ricamo alle Acli di Ravenna.

I disegni del ricamo bizantino sono ispirati principalmente dai mosaici, marmi, bassorilievi delle basiliche bizantine della città; ed anche i colori dei fili usati ricordano le calde tonalità dei mosaici (blu, ruggine, verde, ocra, porpora).
Il tessuto più usato per le esecuzioni è il lino a trama fitta che ben si presta ad esaltare il risultato di questo manufatto che spesso si traduce in una vera e propria opera d’arte.


Questo tipo di lavorazione, che richiede una esecuzione perfetta, è basata sulla tecnica del ricamo in negativo ovvero è lo sfondo che viene riempito con un unico colore, per lasciare in bianco la figura principale che quindi si evidenzierà “in negativo” rispetto allo sfondo, ed è il risultato di due punti di ricamo: il punto erba per il contorno e il punto stuoia per il riempimento.


Se oggi questa antica arte tradizionale legata alla città di Ravenna viene ancora coltivata è grazie all'impegno del C.I.F. (Centro Italiano Femminile), che organizza corsi per insegnarla e tramandarla alle giovani generazioni.

Chi volesse saperne di più su questa arte può consultare questo libro "Il ricamo bizantino " di Carla Scarpellini - Edizioni Essegi.






Crediti: Le notizie e le immagini riportate in questo post sono riprese dal Web.

sabato 13 febbraio 2016

San Valentino


Happy Valentine's Day

a tutti coloro che nel tempo si sono guadagnati un posto nel mio cuore
e a tutti coloro che conservano un posticino per me nel loro cuore.

E quest'anno il mio cuore è occupato anche da un altro amore immenso
Michelangelo
il mio meraviglioso nipotino, nuovo di zecca,
di cui sono follemente e perdutamente innamorata

giovedì 4 febbraio 2016

"La maschera" di Trilussa


Poiché siamo nel pieno del Carnevale, vi offro la lettura di una poesia di Trilussa che, con il suo solito arguto linguaggio ci offre una metafora di vita.


LA MASCHERA

Vent'anni fa m'ammascherai pur'io!
E ancora tengo er grugno de cartone
che servì p'annisconne quello mio.
Sta da vent'anni sopra un credenzone
quela Maschera buffa, ch'è restata
sempre co' la medesima espressione,
sempre co' la medesima risata.
Una vorta je chiesi: E come fai
a conservà lo stesso bon umore
puro ne li momenti der dolore,
puro quanno me trovo fra li guai?
Felice te, che nun te cambi mai!
Felice te, che vivi senza core! -
La Maschera rispose: E tu che piagni
che ce guadagni? Gnente! Ce guadagni
che la gente dirà: Povero diavolo,
te compatisco... me dispiace assai...
Ma, in fonno, credi, nun j'importa un cavolo!
Fa' invece come me, ch'ho sempre riso:
e se te pija la malinconia
coprete er viso co' la faccia mia
così la gente nun se scoccerà... -
D'allora in poi nascónno li dolori
de dietro a un'allegia de cartapista
e passo per un celebre egoista
che se ne frega de l'umanità!


(Trilussa)
tratta da "Favole Moderne"