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giovedì 19 maggio 2016

Piccole librerie di strada (Little free libraries)


L’idea delle "Little free libraries" è nata negli Stati Uniti nel 2009 ed ha presto fatto il giro del mondo.

Così anche a Ravenna da qualche giorno, grazie all'idea di Daniela Mingozzi, una mamma ravennate, sono arrivate le "Piccole librerie di Strada", realizzate dentro casette per uccelli trasformate in piccolo biblioteche di comunità, appese in strada a disposizione dei passanti, per promuovere la cultura e la lettura di adulti e bambini.

Queste "Piccole librerie di strada" si presentano come graziose casette con tanto di tetto spiovente e sportello trasparente, costruite con legno, plexiglass, carta catramata per renderle impermeabili e poi colorate e dipinte.

Funzionano col principio del "prendi un libro, metti un libro": chiunque può prendere un libro, lasciandone un altro in cambio, o riportando indietro quello preso a prestito, dopo averlo letto.
Il tempo poi ci dirà se il ricambio di libri starà funzionando...


Per ora in giro per la città ne sono state distribuite sei, grazie anche all'artista-giocattolaio Roberto Papetti, che ha prestato la sua opera gratuitamente per la loro costruzione, ma l'idea piace ed è auspicabile che l'iniziativa si moltiplichi, non solo a Ravenna ma in tutte le altre città.


Le immagini presenti in questo post sono state reperite sul Web.

venerdì 13 maggio 2016

Proverbi e modi di dire in dialetto romagnolo

E' già passato molto tempo da quando vi ho proposto gli ultimi detti e proverbi in dialetto romagnolo.
Ricordando il gradimento che le varie serie di proverbi avevano riscosso fra i miei followers, eccovene altri, corredati dalla doverosa traduzione letterale e dal relativo significato, ad uso e consumo dei miei lettori che romagnoli non sono.


✿ L' a una cârta par tot i zugh.
(Ha una carta per tutti i giochi).

Si dice di persona che se la cava bene in tutto quello che intraprende.


✿ L'ha fat la fen de garnadèl.
(Ha fatto la fine dello scopino.)

Si dice di qualcuno che è finito male.
Il detto è riferito alla fine ingloriosa dello scopino di saggina, che quando era nuovo e integro veniva utilizzato per spazzare via i residui di farina dal tagliere dove si faceva la sfoglia, quando era vecchio e consumato si usava per spazzare la cenere dall'arola del camino e dal forno e quando era completamente consumato e quasi inservibile veniva deputato alla pulizia del gabinetto.


✿ E' fa i pi al mosch.
(Fa i piedi alle mosche).

Si dice di qualcuno dotato di straordinaria abilità, visto che i piedi delle mosche sono alquanto piccoli.


✿ E' curtel e' chepa cun la chêrna di cvajon.
(Il coltello vive con la carne dei coglioni)

Detto rivolto a chi si taglia un dito, al quale a mo' di consolazione si da pure dello stupido.


✿ U j da fastìdi nech e' vent de dvanadùr .
(Gli da fastidio perfino il vento dell'arcolaio).

Si dice di persona molto cagionevole di salute.


✿ E' ciaparèb néca  int un fër  infughì.
(Afferrerebbe anche un ferro rovente).

E' riferito a chi è sempre pronto ad appropriarsi di ogni cosa.


✿ J' interess dla pignata uj sa sol e' cverc.
( Gli interessi della pentola li sa solo il coperchio).

E' un chiaro invito a non voler giudicare senza conoscere la realtà dei fatti.


✿ S' us môr i bel lo un ciapa gnech e' fardòr.
(Se muoiono i belli lui non prende nemmeno il raffreddore).

Si dice di persona decisamente brutta.


✿ La balareb a la veta d'un fus.
(Ballerebbe in cima a un fuso.)

Essendo il fuso notoriamente appuntito, si dice di una ragazza con tanta voglia di ballare che non si fermerebbe davanti a nulla.


✿ Ades se che t' e voja d' fis-cê!
(Adesso si che hai voglia di fischiare!)

Detto come palese invito ad anticipare i soldi quando si chiede a qualcuno di fare un acquisto per conto d'altri.
Questa l'origine dell'espressione: chi andava alle fiere dove venivano venduti dei fischietti di zucchero (come per esempio la Fiera di San Giovanni a Cesena), poteva capitare che qualcuno gli chiedesse di portargliene uno, ma poi spesso succedeva che non venisse rimborsato.


sabato 7 maggio 2016

Festa della Mamma



A tutte le mamme del mondo
auguro amore felicità e sorrisi

e poiché tutti abbiamo, o abbiamo avuto, una Mamma mi piace offrirvi in occasione della "Festa della Mamma", questa commovente poesia di Giuseppe Ungaretti, densa d'amore filiale.


La madre

E il cuore quando d'un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d'ombra,
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.

(Giuseppe Ungaretti - 1930)

mercoledì 4 maggio 2016

Le donne e il bagno pubblico

Premessa:
Mi scuso con tutti coloro che non apprezzano la comicità un po' surreale e a volte sboccata di Luciana Littizzetto ma io, quando ho assistito a questo sketch, recitato e mimato da due brave attrici mie amiche, sono quasi morta dal ridere e non ho saputo resistere alla tentazione di condividerlo con voi.
Spero che non vi offenda e che strappi un sorriso anche a voi.



Il grande segreto di tutte le donne rispetto ai bagni è che da bambina tua mamma ti portava in bagno, puliva la tavolozza, ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava: "MAI, MAI appoggiarsi sul gabinetto" e poi ti mostrava ‘la posizione’ che consiste nel bilanciarsi sulla tazza facendo come per sedersi ma senza che il corpo venga a contatto con la tavolozza.

‘La posizione’ è una delle prime lezioni di vita di una bambina, importantissima e necessaria, deve accompagnarci per il resto della vita. Ma ancora oggi, da adulte, ‘la posizione’ è terribilmente difficile da mantenere quando hai la vescica che sta per esplodere.
Quando ‘devi andare’ in un bagno pubblico, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt. Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe e le braccia incrociate. È la posizione ufficiale di "me la sto facendo addosso".
Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con "la bambina piccola che non può più trattenersi" e ne approfittano per passare avanti tutte e due!
A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. Sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi che non c’è la chiave (non c’è mai); non importa… Appendi la borsa a un gancio sulla porta, e se non c’è (non c’è mai), ispezioni la zona, il pavimento è pieno di liquidi non ben definiti e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com’è di cose che ci hai messo dentro, la maggior parte delle quali non usi ma le tieni perché non si sa mai.



Tornando alla porta… dato che non c’è la chiave, devi tenerla con una mano, mentre con l’altra ti abbassi i pantaloni e assumi ‘la posizione’… AAhhhhhh… finalmente… A questo punto cominciano a tremarti le gambe… perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati che ti bloccano la circolazione, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di 5 chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta, dentro di te pensi che non succederebbe nulla ma la voce di tua madre ti risuona in testa "non sederti mai su un gabinetto pubblico!", così rimani nella ‘posizione’, ma per un errore di calcolo un piccolo zampillo ti schizza sulle calze!!! Sei fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere ‘la posizione’ richiede grande concentrazione. Per allontanare dalla mente questa disgrazia, cerchi il rotolo di carta igienica ma...  cavolo…! non ce n’è…! (mai). Allora preghi il cielo che tra quei 5 chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta, ci pensi su un attimo, ma non hai scelta. E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco, altrimenti tutti ti vedranno semiseduta in aria con i pantaloni abbassati. NO!! Allora urli "O-CCU-PA-TOOO!!!", continuando a spengere la porta con la mano libera, e a quel punto dai per scontato che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il keenex, vorresti usarne un paio ma sai quanto possono tornare utili in casi come questi e ti accontenti di uno, non si sa mai. In questo preciso momento si spegne la luce automatica, ma in un cubicolo così minuscolo non sarà tanto difficile trovare l’interruttore! Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l’altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudando perché hai su il cappotto che non avevi dove appendere e perché in questi posti fa sempre un caldo terribile.
Senza contare il bernoccolo causato dal colpo di porta, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze… il ricordo di tua mamma che si sarebbe vergognatissima se ti vedesse così; perché il suo sedere non ha mai toccato la tavolozza di un bagno pubblico, perché davvero "non sai quante malattie potresti prenderti qui".

Ma la debacle non è finita… sei esausta, quando ti metti in piedi non senti più le gambe, ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone! Se non funziona preferiresti non uscire più da quel bagno, che vergogna!
Finalmente vai al lavandino. È tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, te la appendi alla spalla, non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi tutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da gobbo di Notredame per non far cadere la borsa nel lavandino; l’asciugamani è così scarso che finisci per asciugarti le mani nei pantaloni, perché non vuoi sprecare un altro kleenex per questo!

Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e in quei momenti non riesci a sorridere spontaneamente, cosciente del fatto che hai passato un’eternità là dentro. Sei fortunata se non esci con un pezzo di carta igienica attaccato alla scarpa o peggio ancora con la cerniera abbassata! A me è capitato una volta, e non sono l’unica a quanto ne so!

Esci e vedi tuo marito che è già uscito dal bagno da un pezzo e gli è rimasto perfino il tempo di leggere Guerra e Pace mentre ti aspettava. "Perché ci hai messo tanto?" ti chiede irritato. "C’era molta coda" ti limiti a rispondere.



E questo è il motivo per cui noi donne andiamo in bagno in gruppo, per solidarietà, perché una ti tiene la borsa e il cappotto, l’altra ti tiene la porta e l’altra ti passa il kleenex da sotto la porta; così è molto più semplice e veloce perché tu devi concentrarti solo nel mantenere ’la posizione’ ... E la dignità.

Questo è dedicato alle donne di tutto il mondo che hanno usato un bagno pubblico e agli uomini, perché capiscano come mai ci stiamo tanto.