Poiché ho dovuto rinunciare per motivi di salute alle mie abituali lunghe vacanze estive in Dolomiti, seguendo il suggerimento di alcuni amici blogger ho voluto almeno concedermi un breve soggiorno sull'Appennino tosco- romagnolo.
Ho scelto Badia Prataglia, stazione climatica del Casentino, situata a circa 845 metri slm, sul versante toscano del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Falterona e Campigna, perché facilmente raggiungibile tramite la superstrada E45 Ravenna-Orte attraversando poi il Passo dei Mandrioli.
Certo, queste montagne non sono le Dolomiti e mi è molto mancata la visione dei miei "luoghi del cuore" con la cornice delle imponenti vette rocciose che delimitano il paesaggio dolomitico. Qui le due vette più alte del crinale appenninico sono rappresentate dalle modeste altitudini di Monte Falco (mt. 1657) e Monte Falterona (mt. 1654), ma l'aria è comunque fresca e salubre e le secolari selve che ammantano le pendici del Parco nulla hanno da invidiare ai boschi alpini.
Un territorio che, oltre all'abbraccio ristoratore delle sue foreste, mi ha offerto la possibilità di visitare pievi, castelli e ben due importantissimi Santuari, anche se il tempo a mia disposizione era limitato e le mie forze ... anche.
Comunque, oltre a ciò che ho visitato e che qui di seguito descrivo, molte ancora sono le cose da vedere, se avrò occasione di ritornarci.
La Pieve Romanica del X secolo, dedicata a S. Maria e S. Benedetto, che sorge al centro del paese, è tutto ciò che resta della antica Abbazia fondata prima dell'anno Mille, da cui trae origine il nome della località (Badia Prataglia = Abbazia tra i prati).
Molto bella la cripta del IX secolo. Posta sotto il coro rialzato della chiesa, è a tre navate e due campate, con capitelli di diversa foggia. Un'apertura rettangolare incorniciata da un fregio indica il loculo dove venivano riposte le reliquie dei martiri; accanto una piccola figura umana con le mani alzate scolpita a bassorilievo rappresenta l'antico orante.
Un'altra Pieve Romanica molto più piccola si trova nella vicina località di Frassineta, ma non ho potuto vederne l'interno.
Nella cittadella medievale di Poppi ho visitato il Castello dei Conti Guidi che, grazie ai costanti restauri avvenuti nel corso dei secoli, è tuttora in eccellenti condizioni di conservazione. Circondato da un ampio fossato ora asciutto, e da muri di cinta con merli guelfi è dominato da un'alta torre e sorge al centro del borgo in cima ad un'altura da cui la vista spazia sulla tipica campagna toscana.
Al Conte di Battifolle gli storici attribuiscono la costruzione o ricostruzione del Castello nel 1274. A questo primo intervento sarebbe da riferirsi la parte destra dell'edificio, opera di Lapo di Cambio, mentre la parte sinistra, risalente all'ultimo decennio del XIII secolo, viene attribuita ad Arnolfo, lo stesso progettista di Palazzo Vecchio a Firenze.
Al suo interno il Castello è oggi adibito in parte a museo e in parte ospita la biblioteca comunale divisa in due sezioni: quella antica detta Rilliana e quella moderna detta Vettori.
Purtroppo, impossibilitata a salire le scale, io non ho potuto visitare la parte superiore, ma solo il cortile interno al pianoterra dove ho potuto ammirare la scala dell'architetto Turriani, i ballatoi in legno, le due anguste celle sovrapposte dove i carcerati venivano calati perché prive di porte, i molti stemmi alle pareti che ricordano la permanenza dei Vicari fiorentini dopo che il Casato dei Conti Guidi perse il possesso del Castello nel 1440.
Il Santuario della Verna, fondato da San Francesco (1182-1226) che qui ricevette le Stimmate il 17 settembre 1224, è posto su un'alta rupe a picco sulla vallata.
Nella basilica del monastero si possono ammirare alcune belle terracotte invetriate dei Della Robbia, in particolare di Andrea Della Robbia.
Il lungo Corridoio delle Stimmate, decorato con 22 affreschi di Baccio M. Bacci che illustrano la vita del Santo, conduce dalla Basilica maggiore alla Cappella delle Stimmate dove sull'altar maggiore si trova la più grande terracotta invetriata della Verna raffigurante la Crocifissione, opera di Andrea della Robbia.
Un altro luogo di intensa spiritualità è rappresentato dal complesso monastico di Camaldoli fondato mille anni or sono da San Romualdo (952-1027), monaco eremita benedettino ravennate. E' costituito dal Monastero/Foresteria e, più in alto isolato in mezzo alla foresta, dal Sacro Eremo.
Una soluzione originale, unica nel monachesimo occidentale, che attuava un incontro reciprocamente fecondo tra la tradizione dell'isolamento e del silenzio totale degli eremiti e quella dell'operosità della vita monastica comunitaria, collegata all'ospitalità. Legando insieme l'Eremo e la Foresteria Romualdo volle evitare che la solitudine si chiudesse in sé stessa e che il dovere di ospitalità riportasse il mondo nella vita monastica. L'unione dell'Eremo e del Cenobio è simboleggiata nello stemma della Congregazione Camaldolese da due colombe che bevono ad un unico calice; lo stemma è completato dal motto biblico: " Ego vobis, vos mihi" (Io appartengo a voi e voi appartenete a me).
Nel Monastero sono visitabili due chiostri, l'antica Farmacia dei monaci e la chiesa dove si trovano tre pregevoli opere giovanili di Giorgio Vasari (1511 - 1574) commissionategli dal Priore della comunità monastica nell' agosto 1537, tutte recentemente restaurate all'inizio degli anni '80:
sull'altar maggiore "Deposizione dalla croce" (olio su tavola 210x311)
nella cappella a destra dell'altar maggiore "Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Girolamo (olio su tavola 207x150)
nella cappella a sinistra dell'altar maggiore "Natività" (olio su tavola 207x150.
Le prime attività curative e farmaceutiche del Monaci Camaldolesi risalgono al 1048; è del maggio di quell'anno il primo documento relativo all'ospedale e all'annessa farmacia, che furono distrutti da un incendio nel 1276. Ricostruiti nel 1331 andarono nuovamente distrutti dal fuoco nel 1501. L'attuale farmacia risale al 1540.
Al suo interno si possono ammirare pregevoli armadi intagliati e vi si possono acquistare vari prodotti naturali fra cui i liquori a base di piante officinali preparati secondo le antiche ricette dei Monaci Camaldolesi.
Al Sacro Eremo la zona di clausura oltre la cancellata (la Lavra) è chiusa al pubblico ma la vista delle celle-casetta che appaiono appena superato il portone d'entrata è molto suggestiva.
Nella parte del Sacro Eremo aperta al pubblico si può visitare la nuda cella di San Romualdo e la chiesa che ora si presenta in stile barocco perché quasi interamente ricostruita nel Seicento.
Nella Cappella di Sant'Antonio Abate si trova una bella terracotta invetriata di Andrea della Robbia, che rappresenta la Madonna con Bambino e Santi.
Termina qui il mio giro turistico fra spiritualità, arte ed architettura in Casentino.
In un prossimo post vi parlerò invece delle sue bellezze naturali.