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sabato 25 agosto 2012

Foto d'autore: Ansel Adams

Lo statunitense Ansel Adams ((1902 – 1984) è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi fotografi naturalisti di tutti i tempi.
Il fascino delle sue foto, che lo fa considerare un mago del bianco/nero è legato alla tecnica di sviluppo da lui ideata, definita "sistema zonale". In pratica Adams sottoponendo le varie zone della lastra su cui era impressionata l' immagine, a uno sviluppo differenziato, usava la luce come un pennello centellinando luci e ombre, nella vasta gamma dei neri, grigi e bianchi.
Per l'impegno da lui profuso per preservare le aree naturali e paesaggistiche del continente nord-americano, è considerato un pioniere dell' ambientalismo e dopo la sua morte gli è stato intitolato un massiccio della catena montuosa all'interno del Parco Nazionale dello Yosemite.

In questa torrida estate, costretta a rinunciare alla vicinanza dei miei monti adorati, potevo forse scegliere, fra i suoi numerosi bellissimi scatti naturalistici, qualcosa di diverso da queste meravigliose montagne?


























lunedì 20 agosto 2012

Hanno detto: sulle montagne

Dalle Ande alle Alpi, dall'Himalaya al Karakorum, il paesaggio montano nell'immaginario collettivo rappresenta la maestosità della natura, simbolo della potenza creatrice divina.

Molti sono stati i personaggi illustri che della montagna hanno scritto e di cui riporto alcune citazioni.




✿ Le montagne sono sempre generose. Mi regalano albe e tramonti irripetibili; il silenzio è rotto solo dai suoni della natura che lo rendono ancora più vivo.
(Tiziano Terzani)

✿ La vita solitaria della montagna coi suoi silenzi majestatici e il breve cerchio delle amicizie al paese gli conferiscono questo fortunato istinto di vigilante temperanza, che è segno preciso di compiutezza e di sufficienza spirituale.
(Don Carlo Gnocchi)

✿ In poche parti del Creato si rivela tanto splendidamente quanto nell’alta montagna, la potenza, la maestà, la bellezza di Dio.
(Papa Pio XI)

✿ Il fascino delle montagne è dato dal fatto che sono belle...grandi...e pericolose...
(Reinold Messner)

✿ Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.
(Immanuel Kant)

✿ Un paese di pianura per quanto sia bello, non lo fu mai ai miei occhi. Ho bisogno di torrenti, di rocce, di pini selvatici, di boschi neri, di montagne, di cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d'intorno che mi infondano molta paura.
(Jean-Jacques Rosseau)

✿ I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi.
(Johann Wolfgang Goethe)

✿ Due voci possenti ha il mondo: la voce del mare e la voce della montagna.
(William Wordsworth)

✿ Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà.
(Bernardo di Clairvaux)

✿Quassù non vivo in me, ma divento una parte di ciò che mi attornia. Le alte montagne sono per me un sentimento.
(Lord Byron)


sabato 18 agosto 2012

Poeti e montagne


Dolomiti

Non monti, anime di monti sono
queste pallide guglie, irrigidite
in volontà d'ascesa. E noi strisciamo
sull'ignota fermezza: a palmo a palmo,
con l'arcuata tensione delle dita,
con la piatta aderenza delle membra,
guadagnamo la roccia; con la fame
dei predatori, issiamo sulla pietra
il nostro corpo molle; ebbri d'immenso,
inalberiamo sopra l'irta vetta
la nostra fragilezza ardente. In basso,
la roccia dura piange. Dalle nere,
profonde crepe, cola un freddo pianto
di gocce chiare: e subito sparisce
sotto i massi franati. Ma, lì intorno,
un azzurro fiorire di miosotidi
tradisce l'umidore ed un remoto
lamento s'ode, ch'è come il singhiozzo
rattenuto, incessante, della terra.

(Antonia Pozzi)
poetessa italiana
1912 - 1938





Montagne care, voi non mi mentite-
non mi mandate via, né mai fuggite.
Quegli occhi sempre fissi-sempre uguali-
mi guardano lontani, viola, lenti-
quando fallisco o fingo, o quando invano
mi attribuisco titoli regali.

Mie potenti madonne, sotto il colle,
abbiate cara la monaca riottosa
che si dedica a voi completamente.
Il suo ultimo gesto di pietà-
quando il giorno svanisce su nel cielo-
è levare lo sguardo verso voi.

(Emily Dickinson)
Poetessa statunitense
1830 - 1886





Nozze

La Croda Rossa è stanca
d’indossar sempre l’abito di rosa…
Poi che l’estate è ancora fredda, vuole
quest’anno rivestire la sua bianca
veste di sposa,
per le nozze col Sole,
l’ardente suo signore,
che le sciolse la verginale zona:
e al bacio s’abbandona,
che arder le faccia il freddo e lento cuore.

(Diego Garoglio)
Poeta italiano
1866 - 1933





Mezzogiorno Alpino

Nel gran cerchio de l'alpi, su 'I granito
Squallido e scialbo, su' ghiacciai candenti,
Regna sereno intenso ed infinito
Nel suo grande silenzio il mezzodí.
Pini ed abeti senza aura di venti
Si drizzano nel sol che gli penètra,
Sola garrisce in picciol suon di cetra
L'acqua che tenue tra i sassi fluí.

(Giosue' Carducci)
Poeta italiano
1835 - 1907


giovedì 16 agosto 2012

16 agosto 1977: muore Elvis Presley


Il 16 agosto 1977 moriva a Menphis Elvis Presley.

Noto come il re del rock and roll, o anche solo The King , Elvis Aaron Presley era nato l'8 Gennaio 1935 a Tupelo (Misissipi USA) ed è stato uno dei più celebri musicisti rock and roll e rockabilly di tutti i tempi.

Tra gli altri soprannomi con il quale era - ed è tuttora - conosciuto vi sono The Hillbilly Cat, con il quale iniziò la sua carriera, e Elvis the Pelvis, per il suo esuberante stile di esibizione caratterizzato da bruschi ed ammiccanti ondeggiamenti del bacino.

La sua presenza scenica pressochè inimitabile, ha avuto un impatto sulla cultura statunitense e mondiale senza precedenti. Molto stimato da fans e critici, come altre personalità dello star system del suo tempo - da Marilyn Monroe ai Beatles - ha saputo andare oltre l'arte che rappresentava, quella musicale, finendo per diventare una vera e propria icona della cultura pop del XX secolo.

Eccetto cinque concerti tenuti in Canada, non si esibì mai fuori dagli Stati Uniti.

La sua morte prematura ed improvvisa getterà nella disperazione milioni di fan in tutto il mondo.
Ancora oggi Graceland, la maestosa tenuta di Elvis Presley a Menphis, trasformata in un museo alla sua memoria, è meta del pellegrinaggio continuo dei suoi fan.



lunedì 13 agosto 2012

Là dove gli alberi toccano il cielo


Imponenti cattedrali verdi con tronchi altissimi protesi verso il cielo e spesso così fitti che la luce a fatica si fa strada fra i loro rami. Così appaiono allo sguardo ammirato del visitatore le millenarie foreste del Casentino, giunte integre fino ai giorni nostri grazie alla cura che di esse ebbero i monaci che per secoli, fin dal 1012, furono custodi e oculati gestori di questo immenso patrimonio naturale.



Il "Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Falterona e Campigna" copre un'area di circa 36.000 ettari, equamente suddivisa tra Romagna e Toscana, interessando le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze.


Attraversato da una rete sentieristica di circa 600 Km, percorribili a piedi, in mountain-bike o a cavallo ed in inverno con le racchette e gli sci da escursionismo, il Parco, eccelle dal punto di vista naturalistico come una delle aree forestali più pregiate d'Europa, il cui cuore è costituito dalle Foreste Demaniali Casentinesi, all'interno delle quali si trova la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, istituita nel 1959, luogo incantato il cui accesso è precluso a chiunque se non per motivi di studio e ricerca e dove la natura è oggi quanto di più simile alla selva originaria.



Il territorio del Parco, per l'elevata estensione boscata e la scarsa densità antropica, è contraddistinto da una grande ricchezza e varietà faunistica tra cui spicca la più importante popolazione di lupi dell'Appennino settentrionale, nonché cinque specie di ungulati (cinghiali, caprioli, daini, cervi e mufloni).
Vi sono state inoltre censite 97 specie di avifauna nidificante, 13 specie di anfibi e 12 specie di rettili, oltre ad una ricchissima entomofauna che nel legno morto dell'ambiente forestale trova riparo e sostentamento.




Tra le imponenti essenze arboree che ammantano questi pendii prevalgono il castagno, il faggio e l' abete bianco. Vi si trovano altresì, a seconda dell'altitudine, l' acero di monte, il carpino nero, il frassino, l'olmo, il tiglio, l'orniello, il cerro, la roverella, solo per citarne alcune.





Sono oltre mille le specie erbacee finora censite nel territorio del Parco.





Situato nel cuore dell'abitato, a Badia Prataglia, si trova l' "alboreto Siemoni", istituito nell' 800 dall'ingegnere forestale Carlo Siemoni. Chiamato nel 1837 dal Granduca Leopoldo II di Lorena per risollevare le sorti delle foreste del Casentino, Karl Siemon fece piantare ed acclimatare in questo parco-giardino diverse specie di essenze arboree esotiche e ancora oggi alcuni di questi secolari esemplari sono lì a ricordare l'opera dell'ingegnere boemo.


Accoglienti radure, sentieri che s'addentrano nei boschi, corsi d' acqua che scendono a balzi sulle affioranti rocce di arenaria a testimonianza della presenza di un antico fondo marino.




Ma non è solo la natura a rendere pregevole il territorio delle Foreste Casentinesi: i centri abitati compresi nella sua area sono ricchi di storia e di testimonianze artistiche ed architettoniche. Oltre a Pievi e Castelli vi si trovano anche due poli di grande importanza spirituale: il Santuario della Verna, dove San Francesco nel 1224 ricevette le Stimmate, e il complesso monastico di Camaldoli con il Sacro Eremo che, fondato da San Romualdo nel 1012, celebra quest'anno il suo Millenario.

Ma di questo vi ho già parlato nel precedente post.


martedì 7 agosto 2012

Non sono le Dolomiti ma ...

Poiché ho dovuto rinunciare per motivi di salute alle mie abituali lunghe vacanze estive in Dolomiti, seguendo il suggerimento di alcuni amici blogger ho voluto almeno concedermi un breve soggiorno sull'Appennino tosco- romagnolo.
Ho scelto Badia Prataglia, stazione climatica del Casentino, situata a circa 845 metri slm, sul versante toscano del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Falterona e Campigna, perché facilmente raggiungibile tramite la superstrada E45 Ravenna-Orte attraversando poi il Passo dei Mandrioli.

Certo, queste montagne non sono le Dolomiti e mi è molto mancata la visione dei miei "luoghi del cuore" con la cornice delle imponenti vette rocciose che delimitano il paesaggio dolomitico. Qui le due vette più alte del crinale appenninico sono rappresentate dalle modeste altitudini di Monte Falco (mt. 1657) e Monte Falterona (mt. 1654), ma l'aria è comunque fresca e salubre e le secolari selve che ammantano le pendici del Parco nulla hanno da invidiare ai boschi alpini.

Un territorio che, oltre all'abbraccio ristoratore delle sue foreste, mi ha offerto la possibilità di visitare pievi, castelli e ben due importantissimi Santuari, anche se il tempo a mia disposizione era limitato e le mie forze ... anche.
Comunque, oltre a ciò che ho visitato e che qui di seguito descrivo, molte ancora sono le cose da vedere, se avrò occasione di ritornarci.


La Pieve Romanica del X secolo, dedicata a S. Maria e S. Benedetto, che sorge al centro del paese, è tutto ciò che resta della antica Abbazia fondata prima dell'anno Mille, da cui trae origine il nome della località (Badia Prataglia = Abbazia tra i prati).



Molto bella la cripta del IX secolo. Posta sotto il coro rialzato della chiesa, è a tre navate e due campate, con capitelli di diversa foggia. Un'apertura rettangolare incorniciata da un fregio indica il loculo dove venivano riposte le reliquie dei martiri; accanto una piccola figura umana con le mani alzate scolpita a bassorilievo rappresenta l'antico orante.



Un'altra Pieve Romanica molto più piccola si trova nella vicina località di Frassineta, ma non ho potuto vederne l'interno.



Nella cittadella medievale di Poppi ho visitato il Castello dei Conti Guidi che, grazie ai costanti restauri avvenuti nel corso dei secoli, è tuttora in eccellenti condizioni di conservazione. Circondato da un ampio fossato ora asciutto, e da muri di cinta con merli guelfi è dominato da un'alta torre e sorge al centro del borgo in cima ad un'altura da cui la vista spazia sulla tipica campagna toscana.
Al Conte di Battifolle gli storici attribuiscono la costruzione o ricostruzione del Castello nel 1274. A questo primo intervento sarebbe da riferirsi la parte destra dell'edificio, opera di Lapo di Cambio, mentre la parte sinistra, risalente all'ultimo decennio del XIII secolo, viene attribuita ad Arnolfo, lo stesso progettista di Palazzo Vecchio a Firenze.

Al suo interno il Castello è oggi adibito in parte a museo e in parte ospita la biblioteca comunale divisa in due sezioni: quella antica detta Rilliana e quella moderna detta Vettori.
Purtroppo, impossibilitata a salire le scale, io non ho potuto visitare la parte superiore, ma solo il cortile interno al pianoterra dove ho potuto ammirare la scala dell'architetto Turriani, i ballatoi in legno, le due anguste celle sovrapposte dove i carcerati venivano calati perché prive di porte, i molti stemmi alle pareti che ricordano la permanenza dei Vicari fiorentini dopo che il Casato dei Conti Guidi perse il possesso del Castello nel 1440.



Il Santuario della Verna, fondato da San Francesco (1182-1226) che qui ricevette le Stimmate il 17 settembre 1224, è posto su un'alta rupe a picco sulla vallata.
Nella basilica del monastero si possono ammirare alcune belle terracotte invetriate dei Della Robbia, in particolare di Andrea Della Robbia.


Il lungo Corridoio delle Stimmate, decorato con 22 affreschi di Baccio M. Bacci che illustrano la vita del Santo, conduce dalla Basilica maggiore alla Cappella delle Stimmate dove sull'altar maggiore si trova la più grande terracotta invetriata della Verna raffigurante la Crocifissione, opera di Andrea della Robbia.


Un altro luogo di intensa spiritualità è rappresentato dal complesso monastico di Camaldoli fondato mille anni or sono da San Romualdo (952-1027), monaco eremita benedettino ravennate. E' costituito dal Monastero/Foresteria e, più in alto isolato in mezzo alla foresta, dal Sacro Eremo.
Una soluzione originale, unica nel monachesimo occidentale, che attuava un incontro reciprocamente fecondo tra la tradizione dell'isolamento e del silenzio totale degli eremiti e quella dell'operosità della vita monastica comunitaria, collegata all'ospitalità. Legando insieme l'Eremo e la Foresteria Romualdo volle evitare che la solitudine si chiudesse in sé stessa e che il dovere di ospitalità riportasse il mondo nella vita monastica. L'unione dell'Eremo e del Cenobio è simboleggiata nello stemma della Congregazione Camaldolese da due colombe che bevono ad un unico calice; lo stemma è completato dal motto biblico: " Ego vobis, vos mihi" (Io appartengo a voi e voi appartenete a me).



Nel Monastero sono visitabili due chiostri, l'antica Farmacia dei monaci e la chiesa dove si trovano tre pregevoli opere giovanili di Giorgio Vasari (1511 - 1574) commissionategli dal Priore della comunità monastica nell' agosto 1537, tutte recentemente restaurate all'inizio degli anni '80:
sull'altar maggiore "Deposizione dalla croce" (olio su tavola 210x311)
nella cappella a destra dell'altar maggiore "Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Girolamo (olio su tavola 207x150)
nella cappella a sinistra dell'altar maggiore "Natività" (olio su tavola 207x150.



Le prime attività curative e farmaceutiche del Monaci Camaldolesi risalgono al 1048; è del maggio di quell'anno il primo documento relativo all'ospedale e all'annessa farmacia, che furono distrutti da un incendio nel 1276. Ricostruiti nel 1331 andarono nuovamente distrutti dal fuoco nel 1501. L'attuale farmacia risale al 1540.
Al suo interno si possono ammirare pregevoli armadi intagliati e vi si possono acquistare vari prodotti naturali fra cui i liquori a base di piante officinali preparati secondo le antiche ricette dei Monaci Camaldolesi.



Al Sacro Eremo la zona di clausura oltre la cancellata (la Lavra) è chiusa al pubblico ma la vista delle celle-casetta che appaiono appena superato il portone d'entrata è molto suggestiva.



Nella parte del Sacro Eremo aperta al pubblico si può visitare la nuda cella di San Romualdo e la chiesa che ora si presenta in stile barocco perché quasi interamente ricostruita nel Seicento.
Nella Cappella di Sant'Antonio Abate si trova una bella terracotta invetriata di Andrea della Robbia, che rappresenta la Madonna con Bambino e Santi.

Termina qui il mio giro turistico fra spiritualità, arte ed architettura in Casentino.
In un prossimo post vi parlerò invece delle sue bellezze naturali.

domenica 5 agosto 2012

5 agosto 1962: Muore Marilyn Monroe


Capelli biondo platino, un neo sulla guancia sinistra, lunghe ciglia e labbra carnose: bastano pochi tratti per evocare Marilyn Monroe, intramontabile diva e indiscussa icona sexy del XX secolo.

Norma Jeane Baker, in arte Marilyn Monroe, nacque a Los Angeles il 1 giugno 1926 e a Los Angeles morì nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1962, in circostanze mai chiarite.
Il suo mito è ancora attuale, perchè è stata, insieme, sex-symbol, clichés dell'America del dopoguerra, nonchè ambasciatrice della Hollywood dorata degli anni Cinquanta. Tuttavia, da sempre, la stampa si è nutrita delle sue due facce, quella della diva famosa e quella della donna tormentata, sedotta dalla celebrità e poi abbandonata alla solitudine. Anche per questo, forse, Marilyn cercò incessantemente un amore che potesse darle quell'affetto e quella stabilità che non aveva mai avuto, e la malinconia che segnò la sua esistenza affonda le radici nella sua travagliata infanzia, fatta di miseria e priva di attenzioni.
Quando era ancora giovanissima, cominciò a posare come modella, poi si schiarì i capelli e cambiò nome, dando inizio a quella metamorfosi che l'avrebbe portata a diventare il sex-symbol del XX secolo.
Celebre è la foto scattata il 26 maggio 1949 dal fotografo Tom Kelley, in cui Marilyn posò nuda, sul velluto rosso, per un famoso calendario e Hugh Hefner comprò il diritto di usare quella fotografia per il primo numero della sua rivista "Playboy".
Dopo aver recitato in diversi film che la resero celebre, decise di abbandonare quella immagine di bionda svampita e superficiale che le stava ormai stretta.

Nel corso della sua breve vita si legò a numerosi uomini, da Frank Sinatra ai fratelli John e Robert Kennedy, ma chi, forse, l'amò davvero, fu il suo ex marito Joe di Maggio, che alla sua morte organizzò il funerale facendosi carico di tutte le spese e che per vent'anni, tre volte la settimana, fece recapitare sulla sua tomba un mazzo di rose rosse.


Nella foto:
Marilyn Monroe bacia il suo secondo marito Joe di Maggio.
Il loro matrimonio, fra continue liti, durò appena nove mesi (da gennaio a ottobre 1954) e naufragò a causa del temperamento eccessivamente geloso del campione di baseball.


Il commediografo Arthur Miller, suo terzo marito, disse di lei:

"Risplende di bellezza, di umanità. È il genere di artista che non va in scena ogni santo giorno che viene. Dopotutto, è una creatura fuori dall'ordinario."

e ancora ...

"È la donna più donna che si possa immaginare. La maggior parte degli uomini esprime al meglio la propria mascolinità accanto a lei... è una sorta di calamita che fa emergere gli istinti primordiali dell'animale maschio."






Nella foto:
Arthur Miller con Marilyn Monroe all'epoca del loro matrimonio (durato dal 1956 al 1960).
Per sposarsi con lui l'attrice si convertì all'ebraismo.




Sebbene la sua prematura morte, causata secondo la versione ufficiale da un cocktail di alcool e barbiturici, sia stata classificata come probabile suicidio, è stata oggetto di numerose congetture, arrivate fino ad ipotizzare un possibile omicidio, e resta tuttora avvolta nel mistero.
L'unica certezza è che quella ragazza fragile e insicura, dalla sensualità disarmante, ha regalato alla storia un mito che non sfiorirà mai.


giovedì 2 agosto 2012

2 agosto 1980: Strage alla stazione di Bologna

Sono già passati 32 anni eppure mi sembra ieri, tanto bene ancora ricordo la costernazione e l'orrore che provai quando si diffuse la notizia dell'attentato.

Alle 10,25 di sabato 2 agosto 1980 una bomba a tempo esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della affollata stazione di Bologna. Fu questo uno degli atti terroristici più gravi avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra e il bilancio finale della strage fu di 85 morti e oltre 200 feriti.

Fra tentativi di depistaggio e polemiche, con sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 23 novembre 1995 vennero condannati all'ergastolo, quali presunti esecutori dell'attentato, Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, militanti di estrema destra, che però si sono sempre dichiarati innocenti. Non sono invece mai stati individuati i mandanti della strage.




Alla stazione di Bologna, sulla lapide commemorativa che riporta i nomi delle vittime c'è anche un nome che non posso dimenticare, quello della diciannovenne Antonella Ceci, mia concittadina, rimasta vittima di questa folle barbarie insieme al suo fidanzato e a due sorelle di lui.
Ogni tanto in città mi capita di incrociare suo padre: i tanti anni passati non hanno potuto cancellare dal suo volto i segni del dolore, perché le vittime non sono solo coloro che hanno perso la vita, o coloro che ancora portano nel corpo e nella mente i segni indelebili di quell'orrore, ma anche le loro famiglie, che ancora si battono con determinazione perché sui molti lati ancora oscuri della vicenda sia finalmente fatta piena luce e "per non dimenticare".