Ritorno a sedermi davanti al PC dopo una settimana di assenza, ghermita dal mio "lupaccio" che mi ha doviziosamente elargito diffusi lancinanti dolori e una spossatezza difficile da descrivere.
Sono queste le situazioni che talvolta mi mettono in notevole imbarazzo, dovendo all'ultimo momento cancellare impegni già presi quando non addirittura dovervi rinunciare a priori, e per chi mi conosce solo superficialmente, o per chi non conosce affatto il Lupus Eritematoso Sistemico, è difficile comprendere quando sia subdola e debilitante questa malattia.
Alcuni anni fa, girovagando sul Web, ho trovato la testimonianza di una ragazza americana affetta da Lupus che cercava di spiegare con un esempio pratico il suo disagiato stato d'essere.
E di questa sua testimonianza, che lei ha chiamato "LA TEORIA DEL CUCCHIAIO" talvolta mi avvalgo anch'io per meglio far comprendere ai miei interlocutori le difficoltà che mi affliggono e la ragione di certi miei comportamenti.
Una teoria che riporto qui di seguito, perché può essere interessante per tutti, dato che non è applicabile solo al Lupus ma è utile per meglio comprendere qualunque altra malattia debilitante o disabilità.
Sono queste le situazioni che talvolta mi mettono in notevole imbarazzo, dovendo all'ultimo momento cancellare impegni già presi quando non addirittura dovervi rinunciare a priori, e per chi mi conosce solo superficialmente, o per chi non conosce affatto il Lupus Eritematoso Sistemico, è difficile comprendere quando sia subdola e debilitante questa malattia.
Alcuni anni fa, girovagando sul Web, ho trovato la testimonianza di una ragazza americana affetta da Lupus che cercava di spiegare con un esempio pratico il suo disagiato stato d'essere.
E di questa sua testimonianza, che lei ha chiamato "LA TEORIA DEL CUCCHIAIO" talvolta mi avvalgo anch'io per meglio far comprendere ai miei interlocutori le difficoltà che mi affliggono e la ragione di certi miei comportamenti.
Una teoria che riporto qui di seguito, perché può essere interessante per tutti, dato che non è applicabile solo al Lupus ma è utile per meglio comprendere qualunque altra malattia debilitante o disabilità.
by Christine Miserandino
La mia migliore amica ed io eravamo nella sala da pranzo
(dell’università) a parlare. Come di consueto era molto tardi e stavamo
mangiando patatine fritte con salsa. Come delle normali ragazze della nostra
età passavamo un sacco di tempo nella sala da pranzo, mentre eravamo
all’università, e la maggior parte del tempo lo passavamo a parlare di ragazzi,
musica o cose banali, che sembravano molto importanti al momento. Non parlavamo
mai di cose serie e si trascorreva la maggior parte del nostro tempo a ridere.
Mentre mi accingevo a prendere alcune delle mie medicine con uno snack, come facevo di solito, lei mi ha fissato in modo imbarazzante invece di continuare la conversazione. Poi mi ha chiesto, tutto d’un tratto, come ci si sentiva ad avere il Lupus e ad essere malati. E’ stato sconvolgente, non solo per la domanda, ma anche perché pensavo lei sapesse tutto ciò che c’era da sapere sul Lupus. Era venuta dai medici con me, mi aveva visto camminare con il bastone e vomitare in bagno. Mi aveva visto piangere dal dolore, che cosa c'era da sapere in più?
Ho iniziato a rispondere in modo vago parlando di pillole, dolori, mali, ma lei continuava e non sembrava soddisfatta delle mie risposte. Sono rimasta un po' sorpresa: come mia compagna di stanza al college e amica da anni, pensavo che già conoscesse la definizione medica di Lupus. Poi mi guardò con una faccia che ogni malato conosce bene, il volto della pura curiosità su qualcosa che nessuna persona sana può veramente capire. Mi ha chiesto che cosa si sentiva, non fisicamente, ma quello che sentivo ad essere me, ad essere malata.
Mentre cercavo di rimanere composta, mi guardavo attorno per un aiuto, o una guida, o almeno per guadagnare un po’ di tempo per pensare. Cercavo di trovare le parole giuste. Come facevo a rispondere a una domanda a cui non ero mai riuscita a trovare la risposta per me stessa? Come facevo a spiegare ogni dettaglio di ogni giorno trascorso da malato, trasmettere con chiarezza le emozioni che una persona malata prova. Avrei potuto rinunciare, cavarmela con una battuta come di solito avevo già fatto e cambiare discorso, ma ricordo che ho pensato: se non provo a spiegare tutto ciò, come posso poi aspettarmi che lei capisca. Se non riesco a spiegare questo alla mia migliore amica, come posso spiegare il mio mondo a chiunque altro? Dovevo almeno tentare, ed è in quel momento che nacque la teoria del cucchiaio.
Rapidamente presi ogni cucchiaio che c’era sul tavolo e ne presi altri che erano su altri tavoli. La guardai negli occhi, le diedi i cucchiai e le dissi: “OK, tu hai il Lupus” .Lei mi guardò un po' confusa come chiunque avrebbe fatto vedendosi consegnare un mazzo di cucchiai. I freddi cucchiai di metallo risuonarono nelle mie mani quando li raggruppai insieme e li misi nelle sue mani.
Le spiegai che la differenza tra essere malato ed essere sano è di dover fare delle scelte e pensare in maniera consapevole a cose cui il resto del mondo non deve pensare. I sani hanno il lusso di una vita senza certe scelte, un dono che la maggior parte della gente dà per scontato.
La maggior parte delle persone iniziano la giornata con un numero illimitato di possibilità e l'energia per fare ciò che desiderano, in particolare i giovani. Non devono preoccuparsi degli effetti delle loro azioni. Così, per la mia spiegazione, usai i cucchiai per farle capire questo punto. Volevo qualcosa che lei potesse possedere, avere in maniera concreta, per avere poi la possibilità di toglierglielo, in quanto la maggior parte delle persone che si ammalano sentono la "perdita" di una vita che una volta avevano conosciuto. Se fossi stata in grado di toglierle i cucchiai, poi lei avrebbe capito come ci si sente quando qualcuno, o qualcosa, in questo caso il Lupus, ha il controllo di te.
Afferrò i cucchiai con entusiasmo, non capiva esattamente cosa stessi facendo ma, siccome è sempre pronta per qualcosa di divertente, penso si aspettasse che le stessi facendo una sorta di scherzo o qualcosa del genere, visto che così faccio quando parliamo di argomenti delicati. Non sapeva quanto io invece facessi seriamente.
Le chiesi di contare i cucchiai. Mi chiese perché, e le dissi che quando si è sani ci si aspetta di avere una infinita quantità di “cucchiai”. Ma quando,come ora, devi programmare il tuo giorno, è necessario sapere esattamente con quanti "cucchiai" si inizia la giornata. Questo non garantisce che non se ne potrebbero perdere alcuni lungo la strada, ma almeno aiuta a sapere da dove stai partendo. Contò 12 cucchiai. Rise. Mi disse che ne voleva di più.Le dissi di no e, quando mi guardò con disappunto, sapevo che questo piccolo gioco avrebbe funzionato, e non avevamo ancora iniziato. Io ho voluto più "cucchiai" per anni e non ho ancora trovato un modo per ottenerne di più, perché avrei dovuto dargliene di più? Le dissi anche di essere sempre consapevole di quanti ne aveva, e di non perderli, perché non può mai scordarsi che ha il Lupus.
Le ho chiesto di elencare tutte le cose che fa durante il giorno, comprese le più semplici. Come ha iniziato a elencarmi per esempio le faccende domestiche, o semplicemente cose divertenti da fare; le ho spiegato come ciascuna le sarebbe costata un cucchiaio. Quando ad esempio, come prima cosa del mattino, ha iniziato a prepararsi per andare al lavoro, l’ho fermata e le ho tolto un cucchiaio. Le sono praticamente saltata addosso e le ho detto: "No! Non puoi semplicemente alzarti! Devi aprire gli occhi e renderti conto che sei in ritardo. La notte prima hai dormito male. Devi scendere lentamente dal letto, e poi devi prepararti qualcosa da mangiare prima di poter fare qualsiasi altra cosa, perché se non mangi poi non puoi prendere le medicine, e se non prendi le medicine potresti anche dover rinunciare a tutti i tuoi cucchiai di oggi e anche di domani ". Le ho subito preso un cucchiaio e ha realizzato che non si era ancora vestita. Fare la doccia le è costato un altro cucchiaio, semplicemente per lavarsi i capelli e depilarsi le gambe. Avere alti e bassi così presto al mattino potrebbe costare anche più di un cucchiaio, ma ho pensato di darle una pausa, non ho voluto spaventarla troppo. Per vestirsi è servito un altro cucchiaio. L’ho fermata e le ho fatto smettere ogni cosa, facendola riflettere su come dovesse fare attenzione ad ogni piccolo dettaglio. Non si può semplicemente mettersi i primi vestiti che ti capitano quando si è ammalati. Le ho spiegato che io devo vedere quali sono i vestiti che posso mettere fisicamente quel giorno, se le mani mi fanno male quel giorno, di vestiti con i bottoni non se ne parla neanche. Se ho dei lividi quel giorno, ho bisogno di indossare maniche lunghe, e se ho la febbre ho bisogno di un maglione per stare calda, e così via. Se i capelli cadono ho bisogno di dedicargli più tempo per essere presentabile, e poi hai bisogno di 5 minuti perché ti senti male che ti sono servite 2 ore per fare tutto questo.
Credo che stesse iniziando a capire: non era neanche arrivata al lavoro che le erano rimasti solo 6 cucchiai. Le ho poi spiegato che aveva bisogno di scegliere cosa fare nel resto della giornata con saggezza, dal momento che quando i "cucchiai" sono andati, sono andati. A volte puoi prendere in prestito "cucchiai" dal domani, ma pensa a come sarà difficile domani con meno "cucchiai". Ho anche avuto bisogno di spiegarle che una persona che è malata vive sempre con l'incombente pensiero che domani può essere il giorno che ti viene un raffreddore o una infezione, o un qualsiasi numero di cose che potrebbero essere molto pericolose. Quindi non vuoi rimanere con pochi "cucchiai", perché non si sa mai quando ne avrai veramente bisogno. Non volevo deprimerla, ma avevo bisogno di essere realista, e purtroppo essere preparati per il peggio è parte di ogni mio vero e proprio giorno.
Abbiamo analizzato il resto della giornata, e lentamente ha appreso che saltare il pranzo le sarebbe costato un cucchiaio, come pure stare in piedi sul treno, o anche scrivere troppo a lungo al computer. E’ stata costretta a fare delle scelte e di pensare le cose in modo diverso. Ha dovuto scegliere di non eseguire commissioni, in modo da poter essere in grado di cenare.
Quando siamo arrivati alla fine della sua ipotetica giornata, ha detto che aveva fame. Le dissi che doveva cenare, ma anche che le era rimasto solo un cucchiaio . Se avesse cucinato, non avrebbe avuto abbastanza energie per lavare i piatti e le pentole. Se fosse andata fuori a cena, sarebbe potuta essere troppo stanca per guidare in sicurezza fino a casa. Poi le ho anche spiegato che non avevo aggiunto a questo gioco che alla fine della giornata era così stanca e con senso di nausea che di cucinare non se ne parlava neanche. Così ha deciso di farsi una zuppa, è stato facile. Ho poi detto: sono solo le 7, hai il resto della serata, e probabilmente ti è rimasto un cucchiaio, così puoi fare qualcosa di divertente, o pulire l’appartamento, o fare altre faccende, ma non puoi fare tutto.
Raramente l’avevo vista emozionata, così quando l’ho vista turbata sapevo che forse stavo toccando qualcosa dentro di lei. Io non volevo che la mia amica fosse sconvolta, ma allo stesso tempo ero felice di pensare che finalmente, forse, qualcuno mi aveva un po’ capito. Aveva le lacrime agli occhi, mi ha chiesto a bassa voce "Christine, come riesci a farlo? Veramente fai questo ogni giorno?" Ho spiegato che alcuni giorni erano peggio di altri, altri giorni avevo più cucchiai. Ma non potrò mai farlo andare via e non posso mai dimenticarmi di lui(Lupus), devo sempre pensarci. Le ho allungato un cucchiaio che avevo tenuto come riserva. Le ho detto semplicemente: "Ho imparato a vivere la vita con un cucchiaio in più in tasca, come riserva. È necessario essere sempre pronti".
E’ dura, la cosa più difficile che ho dovuto imparare è di dovere rallentare, e non fare tutto. Lotto per questo ogni giorno. Odio questa sensazione di dover scegliere di stare a casa, o di non fare le cose che vorrei fare. Volevo che sentisse quella frustrazione. Volevo che capisse, che tutto quello che ogni persona fa in modo assolutamente facile, per me sono cento piccoli lavori in uno. Devo pensare a che tempo fa, se quel giorno ho la febbre, e pianificare tutta la giornata prima di iniziare a fare una cosa. Quando le altre persone semplicemente fanno le cose, io devo come attaccarle, e fare un piano come se dovessi preparare una strategia di guerra. E’ in questo stile di vita, in questo modo di vivere la vita, la differenza tra essere malati ed essere sani. E’ la bellezza di avere l’abilità semplicemente di non dover pensare, di fare e basta. Mi manca quella libertà. Mi manca il non dover mai contare i “cucchiai”.
Dopo esserci entrambe emozionate ed aver parlato di tutto questo ancora un po’, ho sentito che era triste. Forse aveva finalmente capito. Forse aveva solo realizzato che lei non poteva veramente capire. Ma almeno adesso non si sarebbe lamentata così tanto quando alcune sere non posso andare fuori a cena, o quando non riesco ad andare a prenderla a casa e deve sempre essere lei a venire in macchina a casa mia. L’ho abbracciata quando siamo usciti dalla sala pranzo. Avevo quel cucchiaio in mano e le ho detto "Non ti preoccupare. Io vedo questo come una benedizione. Sono stata costretta a pensare a tutto ciò che faccio Sai quanti cucchiai le persone sprecano ogni giorno? Io non posso permettermi di perdere tempo, o sprecare "cucchiai", e ho scelto di trascorrere questo tempo con te”.
Da quella notte ho usato la teoria del cucchiaio per spiegare la mia vita a molte persone. Infatti la mia famiglia e i miei amici parlano di cucchiai per tutto il tempo. E' una parola in codice per quello che posso e non posso fare. Una volta che la gente capisce la teoria del cucchiaio, sembra capire meglio anche me, ma penso anche che poi vivono la loro vita in modo un po' diverso. Credo che questa teoria non sia valida solo per comprendere il Lupus, ma per capire chiunque abbia una malattia o una disabilità. Spero che le persone non diano per scontate tutte queste cose, e la stessa loro vita in generale. Io do’ un pezzo di me, nel vero senso della parola, quando faccio qualsiasi cosa. E’ diventato come un gioco dentro di me. Sono diventata famosa per dire alla gente, scherzosamente, che dovrebbero sentirsi speciali quando passo del tempo con loro, perché hanno uno dei miei "cucchiai".
Mentre mi accingevo a prendere alcune delle mie medicine con uno snack, come facevo di solito, lei mi ha fissato in modo imbarazzante invece di continuare la conversazione. Poi mi ha chiesto, tutto d’un tratto, come ci si sentiva ad avere il Lupus e ad essere malati. E’ stato sconvolgente, non solo per la domanda, ma anche perché pensavo lei sapesse tutto ciò che c’era da sapere sul Lupus. Era venuta dai medici con me, mi aveva visto camminare con il bastone e vomitare in bagno. Mi aveva visto piangere dal dolore, che cosa c'era da sapere in più?
Ho iniziato a rispondere in modo vago parlando di pillole, dolori, mali, ma lei continuava e non sembrava soddisfatta delle mie risposte. Sono rimasta un po' sorpresa: come mia compagna di stanza al college e amica da anni, pensavo che già conoscesse la definizione medica di Lupus. Poi mi guardò con una faccia che ogni malato conosce bene, il volto della pura curiosità su qualcosa che nessuna persona sana può veramente capire. Mi ha chiesto che cosa si sentiva, non fisicamente, ma quello che sentivo ad essere me, ad essere malata.
Mentre cercavo di rimanere composta, mi guardavo attorno per un aiuto, o una guida, o almeno per guadagnare un po’ di tempo per pensare. Cercavo di trovare le parole giuste. Come facevo a rispondere a una domanda a cui non ero mai riuscita a trovare la risposta per me stessa? Come facevo a spiegare ogni dettaglio di ogni giorno trascorso da malato, trasmettere con chiarezza le emozioni che una persona malata prova. Avrei potuto rinunciare, cavarmela con una battuta come di solito avevo già fatto e cambiare discorso, ma ricordo che ho pensato: se non provo a spiegare tutto ciò, come posso poi aspettarmi che lei capisca. Se non riesco a spiegare questo alla mia migliore amica, come posso spiegare il mio mondo a chiunque altro? Dovevo almeno tentare, ed è in quel momento che nacque la teoria del cucchiaio.
Rapidamente presi ogni cucchiaio che c’era sul tavolo e ne presi altri che erano su altri tavoli. La guardai negli occhi, le diedi i cucchiai e le dissi: “OK, tu hai il Lupus” .Lei mi guardò un po' confusa come chiunque avrebbe fatto vedendosi consegnare un mazzo di cucchiai. I freddi cucchiai di metallo risuonarono nelle mie mani quando li raggruppai insieme e li misi nelle sue mani.
Le spiegai che la differenza tra essere malato ed essere sano è di dover fare delle scelte e pensare in maniera consapevole a cose cui il resto del mondo non deve pensare. I sani hanno il lusso di una vita senza certe scelte, un dono che la maggior parte della gente dà per scontato.
La maggior parte delle persone iniziano la giornata con un numero illimitato di possibilità e l'energia per fare ciò che desiderano, in particolare i giovani. Non devono preoccuparsi degli effetti delle loro azioni. Così, per la mia spiegazione, usai i cucchiai per farle capire questo punto. Volevo qualcosa che lei potesse possedere, avere in maniera concreta, per avere poi la possibilità di toglierglielo, in quanto la maggior parte delle persone che si ammalano sentono la "perdita" di una vita che una volta avevano conosciuto. Se fossi stata in grado di toglierle i cucchiai, poi lei avrebbe capito come ci si sente quando qualcuno, o qualcosa, in questo caso il Lupus, ha il controllo di te.
Afferrò i cucchiai con entusiasmo, non capiva esattamente cosa stessi facendo ma, siccome è sempre pronta per qualcosa di divertente, penso si aspettasse che le stessi facendo una sorta di scherzo o qualcosa del genere, visto che così faccio quando parliamo di argomenti delicati. Non sapeva quanto io invece facessi seriamente.
Le chiesi di contare i cucchiai. Mi chiese perché, e le dissi che quando si è sani ci si aspetta di avere una infinita quantità di “cucchiai”. Ma quando,come ora, devi programmare il tuo giorno, è necessario sapere esattamente con quanti "cucchiai" si inizia la giornata. Questo non garantisce che non se ne potrebbero perdere alcuni lungo la strada, ma almeno aiuta a sapere da dove stai partendo. Contò 12 cucchiai. Rise. Mi disse che ne voleva di più.Le dissi di no e, quando mi guardò con disappunto, sapevo che questo piccolo gioco avrebbe funzionato, e non avevamo ancora iniziato. Io ho voluto più "cucchiai" per anni e non ho ancora trovato un modo per ottenerne di più, perché avrei dovuto dargliene di più? Le dissi anche di essere sempre consapevole di quanti ne aveva, e di non perderli, perché non può mai scordarsi che ha il Lupus.
Le ho chiesto di elencare tutte le cose che fa durante il giorno, comprese le più semplici. Come ha iniziato a elencarmi per esempio le faccende domestiche, o semplicemente cose divertenti da fare; le ho spiegato come ciascuna le sarebbe costata un cucchiaio. Quando ad esempio, come prima cosa del mattino, ha iniziato a prepararsi per andare al lavoro, l’ho fermata e le ho tolto un cucchiaio. Le sono praticamente saltata addosso e le ho detto: "No! Non puoi semplicemente alzarti! Devi aprire gli occhi e renderti conto che sei in ritardo. La notte prima hai dormito male. Devi scendere lentamente dal letto, e poi devi prepararti qualcosa da mangiare prima di poter fare qualsiasi altra cosa, perché se non mangi poi non puoi prendere le medicine, e se non prendi le medicine potresti anche dover rinunciare a tutti i tuoi cucchiai di oggi e anche di domani ". Le ho subito preso un cucchiaio e ha realizzato che non si era ancora vestita. Fare la doccia le è costato un altro cucchiaio, semplicemente per lavarsi i capelli e depilarsi le gambe. Avere alti e bassi così presto al mattino potrebbe costare anche più di un cucchiaio, ma ho pensato di darle una pausa, non ho voluto spaventarla troppo. Per vestirsi è servito un altro cucchiaio. L’ho fermata e le ho fatto smettere ogni cosa, facendola riflettere su come dovesse fare attenzione ad ogni piccolo dettaglio. Non si può semplicemente mettersi i primi vestiti che ti capitano quando si è ammalati. Le ho spiegato che io devo vedere quali sono i vestiti che posso mettere fisicamente quel giorno, se le mani mi fanno male quel giorno, di vestiti con i bottoni non se ne parla neanche. Se ho dei lividi quel giorno, ho bisogno di indossare maniche lunghe, e se ho la febbre ho bisogno di un maglione per stare calda, e così via. Se i capelli cadono ho bisogno di dedicargli più tempo per essere presentabile, e poi hai bisogno di 5 minuti perché ti senti male che ti sono servite 2 ore per fare tutto questo.
Credo che stesse iniziando a capire: non era neanche arrivata al lavoro che le erano rimasti solo 6 cucchiai. Le ho poi spiegato che aveva bisogno di scegliere cosa fare nel resto della giornata con saggezza, dal momento che quando i "cucchiai" sono andati, sono andati. A volte puoi prendere in prestito "cucchiai" dal domani, ma pensa a come sarà difficile domani con meno "cucchiai". Ho anche avuto bisogno di spiegarle che una persona che è malata vive sempre con l'incombente pensiero che domani può essere il giorno che ti viene un raffreddore o una infezione, o un qualsiasi numero di cose che potrebbero essere molto pericolose. Quindi non vuoi rimanere con pochi "cucchiai", perché non si sa mai quando ne avrai veramente bisogno. Non volevo deprimerla, ma avevo bisogno di essere realista, e purtroppo essere preparati per il peggio è parte di ogni mio vero e proprio giorno.
Abbiamo analizzato il resto della giornata, e lentamente ha appreso che saltare il pranzo le sarebbe costato un cucchiaio, come pure stare in piedi sul treno, o anche scrivere troppo a lungo al computer. E’ stata costretta a fare delle scelte e di pensare le cose in modo diverso. Ha dovuto scegliere di non eseguire commissioni, in modo da poter essere in grado di cenare.
Quando siamo arrivati alla fine della sua ipotetica giornata, ha detto che aveva fame. Le dissi che doveva cenare, ma anche che le era rimasto solo un cucchiaio . Se avesse cucinato, non avrebbe avuto abbastanza energie per lavare i piatti e le pentole. Se fosse andata fuori a cena, sarebbe potuta essere troppo stanca per guidare in sicurezza fino a casa. Poi le ho anche spiegato che non avevo aggiunto a questo gioco che alla fine della giornata era così stanca e con senso di nausea che di cucinare non se ne parlava neanche. Così ha deciso di farsi una zuppa, è stato facile. Ho poi detto: sono solo le 7, hai il resto della serata, e probabilmente ti è rimasto un cucchiaio, così puoi fare qualcosa di divertente, o pulire l’appartamento, o fare altre faccende, ma non puoi fare tutto.
Raramente l’avevo vista emozionata, così quando l’ho vista turbata sapevo che forse stavo toccando qualcosa dentro di lei. Io non volevo che la mia amica fosse sconvolta, ma allo stesso tempo ero felice di pensare che finalmente, forse, qualcuno mi aveva un po’ capito. Aveva le lacrime agli occhi, mi ha chiesto a bassa voce "Christine, come riesci a farlo? Veramente fai questo ogni giorno?" Ho spiegato che alcuni giorni erano peggio di altri, altri giorni avevo più cucchiai. Ma non potrò mai farlo andare via e non posso mai dimenticarmi di lui(Lupus), devo sempre pensarci. Le ho allungato un cucchiaio che avevo tenuto come riserva. Le ho detto semplicemente: "Ho imparato a vivere la vita con un cucchiaio in più in tasca, come riserva. È necessario essere sempre pronti".
E’ dura, la cosa più difficile che ho dovuto imparare è di dovere rallentare, e non fare tutto. Lotto per questo ogni giorno. Odio questa sensazione di dover scegliere di stare a casa, o di non fare le cose che vorrei fare. Volevo che sentisse quella frustrazione. Volevo che capisse, che tutto quello che ogni persona fa in modo assolutamente facile, per me sono cento piccoli lavori in uno. Devo pensare a che tempo fa, se quel giorno ho la febbre, e pianificare tutta la giornata prima di iniziare a fare una cosa. Quando le altre persone semplicemente fanno le cose, io devo come attaccarle, e fare un piano come se dovessi preparare una strategia di guerra. E’ in questo stile di vita, in questo modo di vivere la vita, la differenza tra essere malati ed essere sani. E’ la bellezza di avere l’abilità semplicemente di non dover pensare, di fare e basta. Mi manca quella libertà. Mi manca il non dover mai contare i “cucchiai”.
Dopo esserci entrambe emozionate ed aver parlato di tutto questo ancora un po’, ho sentito che era triste. Forse aveva finalmente capito. Forse aveva solo realizzato che lei non poteva veramente capire. Ma almeno adesso non si sarebbe lamentata così tanto quando alcune sere non posso andare fuori a cena, o quando non riesco ad andare a prenderla a casa e deve sempre essere lei a venire in macchina a casa mia. L’ho abbracciata quando siamo usciti dalla sala pranzo. Avevo quel cucchiaio in mano e le ho detto "Non ti preoccupare. Io vedo questo come una benedizione. Sono stata costretta a pensare a tutto ciò che faccio Sai quanti cucchiai le persone sprecano ogni giorno? Io non posso permettermi di perdere tempo, o sprecare "cucchiai", e ho scelto di trascorrere questo tempo con te”.
Da quella notte ho usato la teoria del cucchiaio per spiegare la mia vita a molte persone. Infatti la mia famiglia e i miei amici parlano di cucchiai per tutto il tempo. E' una parola in codice per quello che posso e non posso fare. Una volta che la gente capisce la teoria del cucchiaio, sembra capire meglio anche me, ma penso anche che poi vivono la loro vita in modo un po' diverso. Credo che questa teoria non sia valida solo per comprendere il Lupus, ma per capire chiunque abbia una malattia o una disabilità. Spero che le persone non diano per scontate tutte queste cose, e la stessa loro vita in generale. Io do’ un pezzo di me, nel vero senso della parola, quando faccio qualsiasi cosa. E’ diventato come un gioco dentro di me. Sono diventata famosa per dire alla gente, scherzosamente, che dovrebbero sentirsi speciali quando passo del tempo con loro, perché hanno uno dei miei "cucchiai".
ciao
RispondiEliminami hai emozionato, un grande abbraccio- Buona domenica sera.
Cara Krilù bella questa storia che racchiude le teoria del cucchiaio.
RispondiEliminaCiao e buon inizio della settimana.
Tomaso
Ti faccio i miei complimenti per la tua forza. Non è facile convivere con malattie che interessano il sistema immunitario e speriamo che si riesce a trovare qualche cura definitiva.
RispondiEliminaSaluti a presto.
Krilù questa storia è molto toccante e, hai ragione, fa capire molto bene come ti devi sentire. Tu o qualunque altra persona malata. Un grande abbraccio e grazie per aver condiviso!
RispondiEliminaho letto con molta attenzione mi sono commossa,soprattutto per la forza con cui affronti la vita,non trovo altre parole.
RispondiEliminati abbraccio forte
ti ringrazio Krilù,perchè ancora una volta mi hai insegnato a non lamentarmi.
RispondiEliminaSpesso ci si dimentica delle difficoltà serie che alcuni di noi devono superare,a volte,un piccolo dolore,ti demoralizza più di quanto sia necessario.
Grazie
Un'abbraccio
Lu
Credo che la teoria del cucchiaio abbia emozionato tutti noi che ti leggiamo e ti apprezziamo.
RispondiEliminaSei una bellissima persona.
Ciao:)
Lara
Si concordo anch'io. Ci vuole forza per affrontare una malattia che ti limita ogni giorno.
RispondiEliminaQuesto tuo racconto è come una parabola che ti insegna a dare maggior valore a quello che ha chiunque non abbia alcuna malattia.
Sei forte e coraggiosa Krilù...mi hai emozionata profondamente...
RispondiEliminaQuando si ha la salute non la si apprezza...ci hai dato una lezione di vita.
Ti abbraccio forte forte.
Davvero una battaglia pesante. Un post importante e di grande umanità
RispondiEliminaMi sono emozionata!
RispondiEliminaQuesta è una bellissima lezione di vita, raccontata con grande delicatezza e semplicità, non è facile convivere con queste malattie, credo ci voglia una grande forza. Ti abbraccio, sei una gran persona!
RispondiEliminaKrilù...aggrapparsi alla vita a tutti i costi è la migliore medicina. Mai arrendersi anche se ti capisco perfettamente e a volte si vorrebbe gettare subito la spugna...
RispondiEliminaUn abbraccio e la tua forza è una testimonianza coraggiosa per tutti
Emozionato, commosso, imparato.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Post interessantissimo. Non conoscevo questa malattia e di conseguenza i disturbi che causa, ma ti assicuro che so benissimo cosa significa avere dei problemi fisici.
RispondiEliminaCiao buona giornata, un abbraccio
enrico
Direi che la teoria del cucchiaio è semplicemente perfetta come spiegazione!
RispondiEliminaCiao Krilù e grazie per questo racconto, non avevo mai letto della teoria del cucchiaio, ma ne conosco assai bene il senso..un abbraccione!!
RispondiEliminaCarmen
Davvero si realizza che non si è in grado di capire fino in fondo. Ma di fare più attenzione ai dettagli semplici e veri che ogni giorno la vita ci regala , quello sì ce lo insegna. Bisogna proprio ricordarlo.
RispondiEliminalottare per la vita è la cosa migliore...Ti mando un forte abbraccio,grazie a te ho imparato molte cose su questa malattia...grazie,un bacio....
RispondiEliminaMia cara Krilù, ti ho nel cuore, più che mai, dopo aver letto queto post.
RispondiEliminaEro venuta per un altro motivo, ma ho trovato una lettura che mi ha veramente turbato e commosso.
Volevo, offrirti, sempre se ti fa piacere,il premio Simplicity, perché per me tu hai la dote della semplicità... lo trovi qui
http://premi-mondodipaola.blogspot.it/2012/11/cosi-semplicemente.html
Puoi prenderlo magari anche solo per conservarlo nel tuo cuore, o anche senza regole
Ti abbraccio
Krilu' conosco la tua malattia da tempo e so quanto soffri anche per non riuscire sempre a regalare le tante qualità che hai,
RispondiEliminaHo letto però con molto interesse e i hai coinvolta molto e come tanti, emozionata.
Alzarsi al mattino e tenere sempre presente che non devi sprecare nulla del giorno, perchè non sai se domani potrai avere la stessa possibilità, perchè lui te lo può impedire è una cosa che davvero ti lega dentro...
Ti ammiro moltissimo Krilu' per la tua forza e la tua sincera disponibilità nel parlarne, perchè tutto questo è uno sprono continuo per tutti noi a non lamentarci e pensare che c'è sempre qualcuno che sta peggio di noi.
Grazie di cuore ed un forte abbraccio.
I have a problem with the overall premise of your article but I still think its really informative. I really like your other posts. Keep up the great work. If you can add more video and pictures can be much better. Because they help much clear understanding. :) thanks
RispondiEliminaCarissima Carla,
RispondiEliminagrazie per averci regalato questa testimonianza.
Ti ammiro moltissimo, sei una persona speciale e sono onorata di conoscerti, la tua amicizia è un dono prezioso.
Un grandissimo abbraccio,
Marina
Mi sono commossa a leggere questa testimonianza, la teoria dei cucchiai è chiarissima e appunto per questo terribile. Proprio l'altro giorno ho conosciuto una mia coetanea con una malattia altrettanto seria ed anch'io mi sono domandata, proprio come l'amica di Christine, cosa poteva provare dentro di sè. In questo periodo sono particolarmente sensibile all'argomento "malattia": vivo infatti di riflesso anche la difficile situazione di mia mamma...anche lei deve pianificare le cose ogni giorno, perchè non può più disporre del numero di cucchiai che aveva prima.
RispondiEliminaScusa se come al solito ho scritto tanto, ma tanto ci sarebbe ancora da dire e faccio fatica a "stringere". Grazie per questo post e per tutto l'amore che metti nel tuo blog ed anche per la volontà che infondi nel portarlo avanti. Sono felice di conoscerti, sei una persona speciale, forte come quelle rocce che ami tanto. Ti abbraccio, Krilù.
Krilù,
RispondiEliminache dire se non farti sentire le parole del cuore.
Sei grande, il tuo post racchiude..."tutto".
Ma soprattutto, se possibile, proviamo a vivergli "a fianco" sappiamo che c'è, non possiamo esimerci ma ci siamo noi per prime! Baci di cuore cara amica. SEI GRANDE!!! Kisssss. NI
Non sapevo di questa tua malattia, ma dai commenti precedenti trapela la tua forza nell'affrontarla. Un saluto affettuoso.
RispondiEliminaCara krilú, grazie x aver condiviso questo racconto..sei una persona davvero straordinaria e con tanta forza di volontá...la teoria descritta ci fá capire perfettamente quanto ogni attimo della giornata sia una difficile conquista...lo vedo purtroppo anche in mio padre che soffre di una malattia degenerativa x la quale ancora non esistono cure specifiche :( ...un abbraccio grande! Agnese
RispondiEliminauna malattia che ti limita il vivere quotidiano e' pesante
RispondiEliminamolto
ma tu col tuo racconto hai mostrato d'esser forte e saggia
certo non e' facile
un abbraccio
ciao
Michele
Grazie krilù per questa lezione di vita. Spesso chi sta bene si lamenta per delle banalità. Bisogna vedere da vicino chi soffre.
RispondiEliminaBuon fine settimana. Un abbraccio.
erika
…(’’’’) …
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……(,,,,,)
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Eh sì, cara Krilù, questo esempio dei cucchiai rende benissimo l'idea... Un bacio
RispondiEliminaCarissima Carla,scrivere che mi hai emozionata è poco:la tua forza ti mette su di un gradino al di sopra di tutti,solo guardando in faccia il tuo nemico riesci a sconfiggerlo.Anche se è dura continua con questa sensibilità.Ti abbraccio
RispondiEliminaSpero che oggi sia un giorno SI...e tanti giorni SI spero arrivino, tutti per te. un bacio
RispondiEliminaOttimo questo post..fa riflettere molto e non è poi così pessimistico in quanto ci aiuta a tesaurizzare le energie e ad avere più consapevolezza! Lo linkerò al più presto se riesco a preparare un post sull'argomento.
RispondiEliminaNoi anziani, comunque over 50, già facciamo questo conteggio di cucchiai ad esempio mi tocca valutare che scarpe e che vestiti indossare perchè certe cose dopo un po' mi provocano spiacevoli sintomi, cosa si può mangiare e bere o meno in un dato giorno , se non vale la pena di parlare troppo perchè hai la tosse cronica e col freddo ti peggiora ecc ecc ecc acciacchi diversi che ci sono però tutti i giorni e allora devi misurare la tua energia prima di usarla.
Un abbraccio cara e spero che entri prestissimo in una fase mooolto positiva pur tenendo a mente la situazione :-)
Grazie infinite a tutti voi, che mi avete regalato il conforto della vostra partecipativa comprensione.
RispondiEliminaVe ne sono veramente tanto grata.