Il 25 Novembre il calendario liturgico ricorda Santa Caterina d'Alessandria, vergine e martire, appartenente al gruppo dei quattordici santi ausiliatori e con Barbara, Margherita e Dorotea, alle Quattuor Virgines Capitales.
Santa Caterina d'Alessandria - Raffaello Sanzio
Come racconta la Legenda Aurea
scritta nel XIII secolo da Jacopo da Varagine, Caterina era una bellissima fanciulla di origine regale, filosofa di grande sapienza e di grande eloquenza, vissuta ad Alessandria d'Egitto fra il 287 e il 305 d.C., che si oppose all'imperatore Massimino Daia crudele tiranno che governava l'Egitto e la Siria e che osteggiava la liberalizzazione del cristianesimo, imponendo ai suoi sudditi sacrifici agli dei.
L'imperatore, invaghitosi della bellissima giovane, che lo aveva affrontato invitandolo a convertirsi, convocò 50 filosofi affinché la convincessero a sacrificare agli dei ma fu invece Caterina con la sua eloquenza a convertire loro al cristianesimo.
I filosofi furono tutti giustiziati e Caterina venne fustigata, affamata e imprigionata. Anche la moglie dell'imperatore che, scortata da 200 soldati, la visitò in prigione fu da Caterina convertita al cristianesimo con tutta la sua scorta e tutti, per ordine dell'imperatore, vennero giustiziati.
Massimino la blandì in ogni modo offrendole anche il matrimonio e il ruolo di prima dama della corte ma essendosi dimostrata Caterina irremovibile ordinò che fosse sottoposta al supplizio delle ruote. Ma le quattro ruote uncinate che dovevano straziarne il corpo, miracolosamente si frantumarono non appena toccarono le sue tenere carni. Infine venne decapitata con la spada e gli angeli ne trasportarono il corpo sul Monte Sinai dove l'imperatore cristiano Giustiniano fece edificare un monastero a lei dedicato.
L'imperatore, invaghitosi della bellissima giovane, che lo aveva affrontato invitandolo a convertirsi, convocò 50 filosofi affinché la convincessero a sacrificare agli dei ma fu invece Caterina con la sua eloquenza a convertire loro al cristianesimo.
I filosofi furono tutti giustiziati e Caterina venne fustigata, affamata e imprigionata. Anche la moglie dell'imperatore che, scortata da 200 soldati, la visitò in prigione fu da Caterina convertita al cristianesimo con tutta la sua scorta e tutti, per ordine dell'imperatore, vennero giustiziati.
Massimino la blandì in ogni modo offrendole anche il matrimonio e il ruolo di prima dama della corte ma essendosi dimostrata Caterina irremovibile ordinò che fosse sottoposta al supplizio delle ruote. Ma le quattro ruote uncinate che dovevano straziarne il corpo, miracolosamente si frantumarono non appena toccarono le sue tenere carni. Infine venne decapitata con la spada e gli angeli ne trasportarono il corpo sul Monte Sinai dove l'imperatore cristiano Giustiniano fece edificare un monastero a lei dedicato.
Santa Caterina d'Alessandria - Correggio
L'iconografia di Santa Caterina d'Alessandria è straordinariamente ricca e con uno o più di questi simboli fu raffigurata da pittori e scultori dal XIV secolo in poi:
la corona e la veste o manto di porpora, simboli di regalità;
il libro, come segno della sua sapienza;
la spada e la ruota o un frammento di ruota, simboli del suo martirio;
l'anello a simboleggiare le nozze mistiche con Gesù;
la palma del martirio.
Proclamata patrona della facoltà di teologia dell'Università di Parigi, è considerata protettrice dei filosofi, degli studenti, dei mugnai e di tutti coloro che hanno a che fare con le ruote, delle ragazze da marito, delle modiste e delle sartine che da lei prendono il nome di "caterinette".
la corona e la veste o manto di porpora, simboli di regalità;
il libro, come segno della sua sapienza;
la spada e la ruota o un frammento di ruota, simboli del suo martirio;
l'anello a simboleggiare le nozze mistiche con Gesù;
la palma del martirio.
Proclamata patrona della facoltà di teologia dell'Università di Parigi, è considerata protettrice dei filosofi, degli studenti, dei mugnai e di tutti coloro che hanno a che fare con le ruote, delle ragazze da marito, delle modiste e delle sartine che da lei prendono il nome di "caterinette".
Santa Caterina d'Alessandria - Barbara Longhi
In un intreccio fra storia e leggenda, l'assenza di notizie certe sulla sua vita ha fatto dubitare della reale esistenza di questa Santa, (talvolta confusa o identificata con Ipazia, illustre filosofa, astronoma e matematica pagana anche lei vissuta ad Alessandria d'Egitto e uccisa nel 415 d.C. da una folla di cristiani in tumulto), tanto che la Chiesa con la riforma del calendario liturgico del 1969 la escluse dal Martirologio, fino al 2002 quando la vastissima devozione di cui questa Santa è fatta oggetto in tutta Europa fece sì che venisse reinserita.
Santa Caterina d'Alessandria - Caravaggio
Per la devozione verso Santa Caterina d'Alessandria, anche nel calendario della tradizione popolare romagnola il 25 novembre è una data che ha una certa rilevanza, legata com'è a fiere, usanze e proverbi.
Da Sânta Catarena a Nadêl u j è un mes uguêl.
(Da Santa Caterina a Natale c'è un mese esatto).
E da qui cominciava una specie di conto alla rovescia, con quello che veniva definito "l'esercizio dei tredici Pater di Santa Caterina" per cui ogni sera fino a Natale le donne si riunivano per recitare 13 volte il Pater rivolgendosi a Santa Caterina con una particolare invocazione, (di cui non ricordo il testo in dialetto), per ottenere da lei una grazia.
Par Sânta Catarena o ch’ e’ piov o ch’ e’ neva o ch’ e’ brena o ch’ e’ tira la curena o ch’ uj è la paciarena.
(Per Santa Caterina o piove o nevica o brina o tira il libeccio o c’è la fanghiglia).
Secondo la tradizione popolare esistevano solo due stagioni importanti, la bella stagione e la brutta stagione, non avendo le stagioni intermedie alcuna rilevanza. Si considerava perciò che l''inverno avesse inizio il 25 novembre nel giorno di Santa Caterina d'Alessandria e avesse termine il 25 marzo nel giorno di Santa Caterina da Siena.
Un mes dnenz Nadêl e un mes dop Nadêl l’è l’inveran naturêl.
(Un mese prima di Natale e un mese dopo Natale è l'inverno naturale).
Si riteneva che il cuore dell'inverno fosse racchiuso nel periodo che va da un mese prima di Natale (25 novembre S. Caterina) a un mese dopo Natale ( 25 gennaio San Paolo).
Par Sânta Catarena tira fura la fascena.
(Per Santa Caterina tira fuori la fascina).
Era solo a partire dal giorno di Santa Caterina che venivano accese le stufe negli uffici pubblici e nelle scuole.
Par Sânta Catarena la bes-cia int la cascena.
(Per Santa Caterina la bestia nella cascina).
I contadini che avevano bestiame al pascolo entro questa data lo riportavano nelle stalle, al riparo dai rigori invernali.
Par Sânta Catarena impines e' sac dla farena.
(Per Santa Caterina riempi il sacco della farina).
perché si portava il grano al mulino, in modo da avere disponibilità di farina per l'inverno.
Da Sânta Catarena a Nadêl u j è un mes uguêl.
(Da Santa Caterina a Natale c'è un mese esatto).
E da qui cominciava una specie di conto alla rovescia, con quello che veniva definito "l'esercizio dei tredici Pater di Santa Caterina" per cui ogni sera fino a Natale le donne si riunivano per recitare 13 volte il Pater rivolgendosi a Santa Caterina con una particolare invocazione, (di cui non ricordo il testo in dialetto), per ottenere da lei una grazia.
Par Sânta Catarena o ch’ e’ piov o ch’ e’ neva o ch’ e’ brena o ch’ e’ tira la curena o ch’ uj è la paciarena.
(Per Santa Caterina o piove o nevica o brina o tira il libeccio o c’è la fanghiglia).
Secondo la tradizione popolare esistevano solo due stagioni importanti, la bella stagione e la brutta stagione, non avendo le stagioni intermedie alcuna rilevanza. Si considerava perciò che l''inverno avesse inizio il 25 novembre nel giorno di Santa Caterina d'Alessandria e avesse termine il 25 marzo nel giorno di Santa Caterina da Siena.
Un mes dnenz Nadêl e un mes dop Nadêl l’è l’inveran naturêl.
(Un mese prima di Natale e un mese dopo Natale è l'inverno naturale).
Si riteneva che il cuore dell'inverno fosse racchiuso nel periodo che va da un mese prima di Natale (25 novembre S. Caterina) a un mese dopo Natale ( 25 gennaio San Paolo).
Par Sânta Catarena tira fura la fascena.
(Per Santa Caterina tira fuori la fascina).
Era solo a partire dal giorno di Santa Caterina che venivano accese le stufe negli uffici pubblici e nelle scuole.
Par Sânta Catarena la bes-cia int la cascena.
(Per Santa Caterina la bestia nella cascina).
I contadini che avevano bestiame al pascolo entro questa data lo riportavano nelle stalle, al riparo dai rigori invernali.
Par Sânta Catarena impines e' sac dla farena.
(Per Santa Caterina riempi il sacco della farina).
perché si portava il grano al mulino, in modo da avere disponibilità di farina per l'inverno.
Caterina tra i filosofi - Masolino da Panicale
Nella "Fiera di Santa Caterina", che continua tuttora a tenersi nella città di Forlì, come ogni anno si rinnova l'antica tradizione del torrone da regalare alle donne maritate.
Il poeta romagnolo Aldo Spallicci in una sua poesia del 1922 così ricorda i dolcetti che per tradizione venivano offerti ai bambini:
Par Sânta Catarena e gal e la galena, la bëla bambuzena, turon d'amandurla; pianzì burdel s' avlì di brazadel.
(Per Santa Caterina il gallo e la gallina, la bella bambolina, torrone di mandorle; piangete bambini se volete le ciambelline.)
C'è però da puntualizzare che, mentre l'antica tradizione che vede i mariti offrire il torrone alle proprie mogli è diffusa in tutta la Romagna, la tradizione di regalare biscotti di pastafrolla a forma di galletto per i maschietti e di bambolina (caterina) per le bambine è limitata alla sola città di Ravenna e le vetrine di tutti i fornai del centro in questo periodo ne fanno bella mostra.
Anch'io quando avevo i figli piccoli facevo per loro i tradizionali biscotti, secondo questa ricetta:
500 grammi di farina
100 grammi di burro fuso
200 grammi di zucchero
due uova intere
lievito per dolci
un po' di scorza di limone grattugiata
codette di cioccolata o perline di zucchero colorate, per decorare
Dopo aver impastato il tutto si fa riposare in frigorifero per una ventina di minuti poi si stende l'impasto col matterello ad uno spessore di circa un cm.
Con la punta di un coltello si ritagliano dei biscotti a forma di galletto e/o bambolina (avendo degli stampini con queste forme, tanto meglio), si decorano a piacere (possono anche essere ricoperti di cioccolato) e si cuociono in forno a 180°.
Da dove tragga origine questa tradizione dei biscotti ravennati e della loro forma non è dato sapere per certo, anche se svariate ipotesi, in cui non intendo qui addentrarmi, vengono avanzate dagli studiosi di folklore.
Pare comunque che il dono, offerto in questo giorno d'inizio inverno, figuri come augurio e promessa di rinnovamento della natura una volta giunti alla fine della stagione buia, stante che il gallo è simbolo di risveglio e la forma femminile simbolo di fecondità.
Il poeta romagnolo Aldo Spallicci in una sua poesia del 1922 così ricorda i dolcetti che per tradizione venivano offerti ai bambini:
Par Sânta Catarena e gal e la galena, la bëla bambuzena, turon d'amandurla; pianzì burdel s' avlì di brazadel.
(Per Santa Caterina il gallo e la gallina, la bella bambolina, torrone di mandorle; piangete bambini se volete le ciambelline.)
C'è però da puntualizzare che, mentre l'antica tradizione che vede i mariti offrire il torrone alle proprie mogli è diffusa in tutta la Romagna, la tradizione di regalare biscotti di pastafrolla a forma di galletto per i maschietti e di bambolina (caterina) per le bambine è limitata alla sola città di Ravenna e le vetrine di tutti i fornai del centro in questo periodo ne fanno bella mostra.
Anch'io quando avevo i figli piccoli facevo per loro i tradizionali biscotti, secondo questa ricetta:
500 grammi di farina
100 grammi di burro fuso
200 grammi di zucchero
due uova intere
lievito per dolci
un po' di scorza di limone grattugiata
codette di cioccolata o perline di zucchero colorate, per decorare
Dopo aver impastato il tutto si fa riposare in frigorifero per una ventina di minuti poi si stende l'impasto col matterello ad uno spessore di circa un cm.
Con la punta di un coltello si ritagliano dei biscotti a forma di galletto e/o bambolina (avendo degli stampini con queste forme, tanto meglio), si decorano a piacere (possono anche essere ricoperti di cioccolato) e si cuociono in forno a 180°.
Da dove tragga origine questa tradizione dei biscotti ravennati e della loro forma non è dato sapere per certo, anche se svariate ipotesi, in cui non intendo qui addentrarmi, vengono avanzate dagli studiosi di folklore.
Pare comunque che il dono, offerto in questo giorno d'inizio inverno, figuri come augurio e promessa di rinnovamento della natura una volta giunti alla fine della stagione buia, stante che il gallo è simbolo di risveglio e la forma femminile simbolo di fecondità.
Cara Krilù un grazie speciale per questa dimostrazione della tua conoscenza, vedi quante cose io ignoro... Sono proprio un asino:)
RispondiEliminaBuona serata cara amica.
Tomaso
Ma che dici, caro Tomaso? tu sei invece una persona specialissima, dotata di una profonda sensibilità ed esperienza ed esserti amica è per me un onore.
RispondiEliminaSe amo approfondire certi argomenti è solo perché questi fanno parte delle mie "passioni" come, in questo caso, il folklore.
Ti abbraccio con affetto.
Bello questo post iconografico,non conoscevo la storia di questa Santa...
RispondiEliminaCiao Carla,buona serata!!
Grazie per il tuo commento Franz, felice di rivederti qui da me.
RispondiEliminaBuona settimana.
certo che in quei tempi gli angeli si davano molto da fare
RispondiEliminaNon conoscevo tutte queste notizie grazie Krilù sei stata impeccabile. Un abbraccio
RispondiEliminainteressante le notizie che hai elencato in questo post.
RispondiEliminaAnche la ricetta dei biscotti è buona!
Ti lascio una buona serata
Lu
Ciao Krilù grazie per questo tuo grande post dove ho appreso tante cose che non conoscevo sopratutto su Santa Caterina, e le tue frasi in dialetto romagnolo che capisco abbastanza mi sono molto piaciute
RispondiEliminaciao ti auguro in lieto inizio settimana.
Interessante post!
RispondiEliminaPost interessante e ben documentato. Conosco la storia di Ipazia ma questa mi era sconosciuta. Simpatici i proverbi romagnoli legati alla santa.
RispondiEliminaCiao buona giornata, un abbraccio
enrico
Nonostante il mio "essere romagnola" non sapevo niente di Santa Caterina. Ho letto con grande interesse la leggenda, scoprendo anche che le sarte venivano chiamate "caterinette"...come il rocchetto per fare il cordoncino! Era veramente bella questa fanciulla e lo si vede bene dalle immagini degli splendidi quadri con cui hai accompagnato il post. Grazie per tutte queste informazioni e per la tua ricetta dei biscottini. Neanche di questa tradizione e di quella di regalare torrone ero a conoscenza, possibile? Ho paura che certe usanze si siano un pò perse nel tempo...
RispondiEliminaP.s. Ho letto anche il tuo post precedente, mi dispiace molto che per varie cose questo per te non sia proprio un bel periodo. Ti mando un abbraccio, purtroppo virtuale, ma molto sentito, ciao Krilù!
Il tuo post è molto interessante sia per le notizie storiche sia per le consuetudini locali legate alla festività,inoltre hai completato il tutto con questa buona ricetta.Non c'è che dire veramente completo.
RispondiEliminaLa vita dei santi sono sempre bellissime nella loro crudeltà.
RispondiEliminaNon conoscevo questa di Santa Caterina e grazie a te ora la conosco.
Grazie Krilu...ciaooo
Mom ero a conoscenza di queste notizie.
RispondiEliminaSaluti a presto.
Grazie di questo approfondimento, grande Kry.
RispondiEliminaBacioni.
Cara Krilù. ho letto con molto interesse tutto il tuo post. Mi piace tanto il ritratto del Caravaggio, diverso dallla solita rappresentazione dei santi.
RispondiEliminaproverò anche la tua ricetta dei biscotti perchè sono golosona...
Buona giornata.
Certo che i pittori più eccelsi ci hanno dato immagini splendide di lei, di grande dolcezza e fermezza.
RispondiEliminaI biscotti-bambolina: qui non ho notizia, almeno nella mia famiglia. ma la mia consuocera mi parla di pane modellato a mo' di bambola.
RispondiEliminaLa raccolta delle immagini pittoriche è bellissima , quanta dolcezza.
Mia nonna mi diceva questi:
"Per Santa Catirèina o ch'a neva ch'a brèina".
E "Per santa Catirèina prepèra al sach ed la farèina".
Conoscevo S. Caterina d'Alessandria solo attraverso il quadro di Caravaggio. Comunque bella questa storia. Ciao
RispondiEliminaQuante cose ho imparato leggendo il tuo post! Di santa Caterina sapevo solo che era protettrice delle sartine, della sua vita non sapevo proprio nulla....proprio vero, non si finisce mai d'imparare!
RispondiEliminadove si possono acquistare gli stampi?grazie mille
RispondiElimina