Quando non c'era tanta disponibilità, come c'è adesso, di libri, riviste, blog, trasmissioni televisive, aventi come argomento la cucina, ci si affidava prevalentemente alle ricette della tradizione, tramandate da madre in figlia oppure a ricette scambiate tra amiche o vicine di casa.
Ricordo che quand'ero bambina ed abitavo in campagna i dolci erano appannaggio esclusivo delle festività solenni o di speciali ricorrenze legate alla stagionalità, ed erano sempre gli stessi tipi di dolci che si alternavano sulla tavola.
Sconosciuti, almeno a casa mia, erano panettoni, pandori o colombe pasquali, che lasciavano il passo alle fragranze che scaturivano dalle cucine surriscaldate dove le "azdore" con le maniche arrotolate sopra i gomiti e un grembiale bianco immacolato si affannavano fra il tagliere e il forno della cucina a legna, assediate dai bambini di casa che cercavano di carpire almeno un pezzettino di impasto crudo.
A me piace molto preparare dolci e torte, sperimentando tante nuove ricette, ma durante le festività testé trascorse ho voluto dedicarmi anche alla preparazione di uno dei tipici dolci che avevano rallegrato la mia infanzia durante le feste: gli scroccadenti, che noi chiamavamo "al past sechi" (le paste secche).
Ho così riesumato il vecchio quaderno dove la mia mamma aveva annotato le sue ricette, più per trasmetterle a me che per sua necessità, dato che le eseguiva a memoria e ad occhio. Mai ho visto lei o le altre donne della mia famiglia usare una bilancia per misurare gli ingredienti, che risultavano comunque sempre perfettamente dosati: "ci metto un po' di questo, un goccio di quello, una manciatina di quest'altro ..." diceva, e per fortuna che nel quaderno aveva indicato quasi per tutte le ricette le quantità in grammi e non a occhio ...!
Ricordo che quand'ero bambina ed abitavo in campagna i dolci erano appannaggio esclusivo delle festività solenni o di speciali ricorrenze legate alla stagionalità, ed erano sempre gli stessi tipi di dolci che si alternavano sulla tavola.
Sconosciuti, almeno a casa mia, erano panettoni, pandori o colombe pasquali, che lasciavano il passo alle fragranze che scaturivano dalle cucine surriscaldate dove le "azdore" con le maniche arrotolate sopra i gomiti e un grembiale bianco immacolato si affannavano fra il tagliere e il forno della cucina a legna, assediate dai bambini di casa che cercavano di carpire almeno un pezzettino di impasto crudo.
A me piace molto preparare dolci e torte, sperimentando tante nuove ricette, ma durante le festività testé trascorse ho voluto dedicarmi anche alla preparazione di uno dei tipici dolci che avevano rallegrato la mia infanzia durante le feste: gli scroccadenti, che noi chiamavamo "al past sechi" (le paste secche).
Ho così riesumato il vecchio quaderno dove la mia mamma aveva annotato le sue ricette, più per trasmetterle a me che per sua necessità, dato che le eseguiva a memoria e ad occhio. Mai ho visto lei o le altre donne della mia famiglia usare una bilancia per misurare gli ingredienti, che risultavano comunque sempre perfettamente dosati: "ci metto un po' di questo, un goccio di quello, una manciatina di quest'altro ..." diceva, e per fortuna che nel quaderno aveva indicato quasi per tutte le ricette le quantità in grammi e non a occhio ...!
Occorrente:
g. 500 di farina 00
g. 500 di zucchero
4 uova
g. 200 di mandorle (con la pellicina)
una bustina di lievito in polvere per mezzo chilo
Preparazione:
Sul tagliere impastare farina, zucchero, lievito e uova e incorporarvi le mandorle tagliate a metà nel senso della lunghezza.
Dare all'impasto la forma di due filoncini lunghi e stretti e disporli sulla teglia da forno ricoperta con un foglio di carta oleata.
Cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 30 minuti.
Togliere i filoncini dal forno, lasciando il forno acceso, e tagliarli a fettine. Spruzzare le fettine con alchermes, disporle sulla teglia da forno e infornare nuovamente per altri 10 minuti.
Questa la tradizionale ricetta di famiglia, ma in questo modo le fette ottenute risulteranno alquanto secche (non per nulla si chiamano "scroccadenti").
Volendo ottenere fettine più morbide (non tutti hanno ottime dentature), al momento di infornare per la seconda volta spegnere il forno e lasciarle dentro con lo sportello chiuso, finché il forno non si sarà raffreddato.
Solo guardando la foto si a la acquolina in bocca complimenti Krilù
RispondiEliminabuon fine di settimana.
Krilù, la penso come Tiziano.
RispondiEliminaChe fameeeeeeeee.
Buon w.e.! ;) NI
Si ha proprio necessità dei sapori dell'infanzia...
RispondiEliminaBaci Kry.
che belli e che buoni, me ne prenderei volentieri uno adesso che sto gustando il mio caffe'!! brava krilu' una bellissima ricetta !!
RispondiEliminabaci e buon weekend ;)
Cara Krilù che bello per un momento pensare hai tempi lontani quando questi bocconcini ci davano la gioia di essere tutti uniti per gustarli.
RispondiEliminaCiao e buon fine settimana, amica.
Tomaso
Cara Krilù, hai descritto così bene quello scambio di ricette che si usava una volta e il quaderno dove riportarle, o anche semplici fogli volanti riposti poi sempre in mezzo al quaderno, che mi sembra di vivere quei sabati in cui mia madre si dedicava alla preparazione dei dolci.
RispondiEliminaUn'ondata di preziosa nostalgia, di cui ti ringrazio.
Un grande abbraccio e a presto,
Lara
Krilù peccato che si possa solo guardare e non assaggiare. Un sorriso
RispondiEliminaKrilù è una ricetta invitante, buona giornata.
RispondiEliminaviva il quaderno della nonna,lui si che non mi delude mai...ottima ricettina amica,buon fine settimana:)
RispondiEliminaDev'essere di una bontà!!!!
RispondiEliminaLe vecchie care ricette.... non solo buone, ma cariche di ricordi ed emozioni. Buona domenica
Emi
Mmmmmm, buoni e semplici da fare! Ci proverò.
RispondiEliminaBelli e sicuramente buoni.
RispondiEliminaSaluti a presto.
A Milano un tempo c'erano dei dolcetti che si chiamavano "stracadent": non erano proprio così, ma il nome era comunque evocativo della loro consistenza.
RispondiEliminaCiao, Carla, un saluto affettuoso (♥‿♥)
Questi non li conoscevo proprio! La mia nonna era emiliana e non gliel'ho mai visti fare...forse se fosse stata romagnola, può darsi che li avrei mangiati anch'io. Anche lei faceva tutto ad occhio...ed io mi ci arrabbiavo quando volevo scrivere una ricetta sua...ora, anch'io faccio a occhio^__^ e faccio un pochino arrabbiare mia nuora quando mi chiede le dosi precise.
RispondiEliminaPenso che proverò gli scroccadenti...sperando di non scroccarli davvero però i miei poveri denti già malmessi.
Un bacione e buona domenica
Grazie del gradito passaggio... buona domenica
RispondiEliminaRos
Questo tuo post risveglia i profumi e i sapori di un tempo. Mi sembra che oggi l'alchermes non si usa più, mentre era frequentissimo un tempo nella preparazione di dolci. Un tempo le donne erano "fornitrici" di cibo per tutta la famiglia, nel senso che passavano ore a cucinare. A me non dispiace preparare piatti per i miei ospiti, ma senza ricetta e senza quantitativi non saprei fare proprio niente.
RispondiEliminaE' vero adesso c'è una proliferazione di ricette, ovunque si guardi...e sembra un pò un paradosso visto che le donne non hanno più tanto tempo da dedicare ai fornelli!
RispondiEliminaIl tuo post mi ha fatto andare indietro con la memoria ai tempi in cui il regno della donna era la cucina e noi bambini in quella stanza ci stavampo sempre volentieri. Le ricette tramandate in famiglia sono quelle a cui sono più legata anche se a volte ne sperimento di nuove. Come dici tu allora le mamme andavano sempre ad occhio per le loro ricette, merito sicuramente dell'esperienza acquisita, così anch'io ho dovuto "tradurle" in un quaderno scrivendone le dosi, perchè senza non combino niente di buono...
I tuoi scroccadenti sono bellissimi e devono essere molto buoni: credevo fossero più laboriosi e invece...Grazie mille per la ricetta Krilù, ciao!
P.s. Pensavo che tu avessi deciso di non farlo il calendario, sai...pensaci però, sarebbe bello vedere il tuo "compitino" di gennaio anche qui sul blog, a me farebbe piacere e penso anche agli altri amici!
"stavamo" non stavampo... Ciao di nuovo!
RispondiEliminaero passata ieri sera,ma non commentai,complice il mal di testa...
RispondiEliminacomunque questa ricettina mi piace e anche la sua croccantezza!
Per non parlare delle mandorle che adoro!
Lu
Proprio come dici tu. Anche a casa mia niente panettoni o pandoro; sono arrivati quando ormai ero un'adolescente, insieme a Babbo Natale a fare concorrenza alla Befana regina incontrastata dell'unico dono/giocattolo che ricevevo.
RispondiEliminaAnche la mia nonna , "rezdòra" della famiglia, si metteva all'opera verso al metà di dicembre per i dolci che, durante l'anno,mai cucinava. E allora era tutto un profumo di alchermes, saba, savòr..
Proverò gli straccadenti, mi ispirano parecchio.
molto sfiziosi!!!! ciao, buona settimana!
RispondiEliminami ricordi quando una volta mia madre faceva il salame di cioccolato una volta l'anno
RispondiEliminaYum yum!
RispondiEliminaCiao Krilù, io li faccio spesso, senza alchermes, e al mio paese li chiamano "tozzetti" mentre in Toscana li chiamano "cantucci", sono buonissimi d'inverno...inzuppati nel vino..
RispondiElimina:)
Un abbraccio e una buona serata Rita
Quanta ricchezza di cultura popolare sana e saggia!
RispondiEliminaGrazie a tutti per i vostri commenti.
RispondiEliminaPer me è stato un piacere dare esecuzione a questa ricetta che risveglia in me ricordi d'infanzia, raccontarvela e gustarne il risultato.